Quando la voce di Raphael Gualazzi si unisce alle note, si genera un incantesimo musicale che travolge gli animi. È con la stessa passione ardente che ha conquistato il pubblico internazionale Raphael si distingue come uno dei più raffinati e stimati jazzisti italiani. Originario di Urbino, questo straordinario artista ha catturato il cuore di milioni di fan in tutto il mondo, incantandoli con le sue performance nei più prestigiosi festival e teatri. Fin da giovane, l’autore di “Sai, ci basta un sogno” ha coltivato un amore profondo per il pianoforte, mostrando un talento eccezionale che ha espresso al Festival di Sanremo, lasciando un’impronta indelebile nella storia della musica italiana. Da allora, Raphael si è spinto audacemente oltre i confini, esplorando con maestria una vasta gamma di generi musicali, rivelando la sua straordinaria versatilità artistica partecipando a Festival internazionali e calcando i palchi dei teatri più prestigiosi. Il suo ultimo singolo, “Vivido il tramonto”, è una meraviglia onirica che trasporta l’ascoltatore in un mondo intriso di emozioni profonde e visioni surreali. In questa coinvolgente Video intervista, realizzata nel’intimo Salotto di Domanipress, abbiamo avuto l’opportunità di entrare nell’anima dei suoi brani, scoprendo le ispirazioni che nutrono la sua creatività e abbracciando la sua visione unica della musica.
Ti ritroviamo a sorpresa con un nuovo brano, onirico e sognante, intitolato “Vivido è il tramonto” anticipando il tuo prossimo album di inediti. Come è nata l’esigenza di tornare con un brano cosi’ raffinato?
«Avevo l’urgenza di far ascoltare al pubblico questo brano a cui tengo molto. Posso dirti che sono rimasto sorpreso dalla calorosa accoglienza e dal entusiasmo con cui è stato accolto questo nuovo singolo. Sono molto soddisfatto, rappresenta tutto il mio amore per la musica e per le tradizioni sonore che ho sempre avuto come punto di riferimento. Il pezzo è fortemente onirico, segue le atmosfere di un progetto album di prossima uscita, dedicato ai sogni. Dentro puoi trovarci di tutto dal soul, latin alla psichedelia. Tutti questi ingredienti musicali poi si mescolano e si fanno avvolgere dall’arrangiamento di fiati ed archi, scritto dal Maestro Stefano Nanni».
Hai già avuto l’opportunità di suonare il brano dal vivo per raccogliere i feedback del pubblico?
«Sì, di recente ho avuto il privilegio di esibirmi in un concerto meraviglioso a Villa Arconati durante il Festival di Milano, accompagnato da un fantastico quartetto d’archi. Abbiamo incluso anche il brano “Vivido è il tramonto”, che richiama musicalmente le grandi opere della tradizione classica italiana, come Vivaldi, sia nella melodia che nel contrappunto. Allo stesso tempo, si possono percepire influenze ritmiche provenienti dalla musica soul».
Sei pronto a presentare al pubblico anche un nuovo album di inediti. Quali sono state le tue principali fonti di ispirazione?
«La bellezza della musica italiana e la poesia di Sergio Endrigo hanno avuto un grande impatto su di me, sia dal punto di vista melodico che interpretativo. Nel corso degli anni, ho sempre tratto ispirazione dalla musica afroamericana e ho avuto esperienze di lavoro all’estero, ma devo dire che più esploro la nostra cultura, più mi innamoro delle nostre radici. È un vero orgoglio poter rappresentare l’Italia e le sue tradizioni musicali nei festival e in tutto il mondo».
Nei tuoi brani, il tema del sogno sembra essere ricorrente. Cosa sogni tu, Raphael Gualazzi?
«La parola “sogno” appare spesso e fa parte della mia poetica. Mi piace immaginare e perdermi in mondi che non esistono. I miei sogni sono molteplici: sogni di pace, di guarigione e di trasformazione, che riguardano l’innocenza e la capacità di avere una visione positiva del universo che ci circonda. Questi sogni implicano un dialogo introspettivo per scoprire la nostra identità e vivere con occhi diversi, prendendo in considerazione tutto ciò che è intorno a noi».
È necessario avere coraggio per guardare dentro di sé e per sognare?
In questo periodo storico, caratterizzato da intense emozioni, siamo stati chiamati a riflettere sul nostro benessere mentale e interiore. La musica è una meravigliosa medicina, un sogno e un viaggio che ci porta verso la libertà, la gioia e l’amore. Attraverso la musica, i sogni possono assumere infinite sfumature e forme, tutte valide e da riconoscere come parte importante di noi stessi. Spesso, i sogni anticipano la realtà, come accade nelle grandi opere d’arte e nei film».
I grandi compositori del passato hanno sempre creduto nei sogni, superando i limiti e aprendo nuove strade.
«Certamente, un esempio è la variazione sulla sonata Opera 111 di Beethoven, che sembra uno swing scritto nella musica classica. È sorprendente come un compositore del XIX secolo, senza aver mai visitato l’America, abbia potuto anticipare e catturare lo swing».
Quindi, con perseveranza, ogni desiderio può diventare realtà?
«I sogni possono sembrare irraggiungibili in un certo senso, ma i sogni personali possono essere realizzati ogni giorno, con gioia e consapevolezza dell’importanza di ogni istante nella nostra esistenza, qui e ora».
Riguardo al vivere nel presente, durante il tuo primo Sanremo, la tua manager, Caterina Caselli, ha fatto un commento interessante, sottolineando che sei un grandissimo pianista e artista, ma che ti nascondevi un po’ dietro il pianoforte. Nel corso degli anni, hai imparato a raccontarti non solo attraverso la musica, ma anche a dialogare con il pubblico. Come è avvenuta questa evoluzione e quanto ha inciso il supporto di Caterina?
«Caterina è un’artista straordinaria, un’ispirazione e un modello per molte persone nell’industria musicale. La musica ci connette emotivamente alle persone, e sono grato per tutto il percorso che abbiamo fatto insieme. La comunicazione è qualcosa che ho sviluppato per raccontare ancora meglio le mie radici e la mia musica. La forza della musica italiana e la sua autenticità sono ciò che ci distingue, e sono felice di poter continuare questo percorso insieme a Caterina, al pubblico e a tutto ciò che la musica rappresenta. È un viaggio in cui desidero comunicare sempre di più».
Quali sono le nuove consapevolezze che hai maturato a livello artistico e personale?
«Proseguendo il mio percorso musicale, cerco di raccontare attraverso la semplicità delle canzoni la bellezza della cultura italiana. La musica e le melodie si rivolgono a tutte le persone, trasmettendo ricchezza e raffinatezza. Lavorare con un team e un artista guida come Caterina Caselli è stato fondamentale per il mio sviluppo artistico. Sono grato per la fiducia che mi è stata data e per la possibilità di rappresentare l’Italia e le sue tradizioni musicali nei festival di tutto il mondo».
La tua famiglia ha una solida tradizione musicale, e tuo padre Velio Gualazzi è famoso per la sua rivoluzionaria band in cui Ivan Graziani era coinvolto. Puoi condividere con noi il ruolo di tuo padre nel sostenere la tua carriera?
«Prima di Caterina Caselli, mio padre è stato il primo a credere in me. Mio padre lavorava con Ivan Graziani, e grazie a lui ho avuto questa incredibile opportunità. Sono grato per il percorso che abbiamo intrapreso insieme, nonostante le sfide familiari che abbiamo affrontato».
A che punto hai deciso di intraprendere la carriera musicale?
«Ero iscritto all’Università alla facoltà di “Conservazione dei beni culturali”. Mi piaceva studiare e scoprire i tesori del passato, ma allo stesso tempo sentivo di non voler essere rinchiuso tra le mura di una biblioteca. Sebbene il percorso accademico fosse nobile, non rispecchiava appieno ciò che sentivo nel profondo del mio cuore. Quando ho espresso al mio padre il desiderio di dedicarmi alla musica, mi ha subito messo in guardia sulle difficoltà che avrei affrontato. Essere un artista significa non avere certezze, orari o luoghi fissi. Tuttavia, la mia determinazione ha prevalso, e devo dire che la mia famiglia ha sempre sostenuto le mie scelte».
Ricordi quali sono state le prime difficoltà che hai dovuto affrontare?
«Per i primi passi che sono stati importanti, mio padre mi ha accompagnato. Successivamente, ho avuto diverse esperienze musicali, incluso il lavoro con Franco Daldello, il mio primo editore, che ha curato il mio primo disco. In realtà, il mio primissimo album è stato realizzato con un’etichetta indipendente, mentre successivamente ho firmato un contratto con Caterina Caselli, che ha subito creduto in me. Da lì ha preso il via il nostro percorso insieme, e sono passati tanti anni. Ho avuto il piacere di partecipare a Festival importanti come essere il maestro concertatore della Notte della Taranta e viaggiare per l’Europa e il mondo, e adesso mi aspetta un tour che inizierà presto».
La scelta è stata fortunata, hai avuto modo di calcare i teatri più prestigiosi d’Europa…ma qua ‘è il luogo dove ti senti maggiormente a tuo agio?
«Ho avuto la fortuna di vivere diverse esperienze musicali, come la Notte della Taranta, in cui ho sperimentato suoni leggermente diversi rispetto a quelli soliti. Mi piacerebbe continuare a calcare molti palchi in luoghi e festival nel mondo, come in Argentina con cui ho una collaborazione in corso. Ma uno dei luoghi che mi ha affascinato di più è New Orleans, direi che è il luogo dove mi sono sentito veramente a casa».
Come mai pensi a questo luogo?
«La musica latinoamericana ha sempre esercitato un certo fascino su di me, ma il vero filone che predomina nei miei acquisti musicali è quello legato a New Orleans. Sono stato lì nel 2015 e mi sono sentito finalmente nel mio universo, come dimostra anche la canzone che ho dedicato a quella città, pubblicata nel 2011. Ho ancora molto da scoprire, mi sono perso tra i negozi di vinili alla ricerca di nuove gemme e spero di ritornarci presto».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Raphael Gualazzi, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Quando penso al Domani, spero che si realizzi una presa di coscienza da parte di ciascuno di noi, in cui privilegiamo le domande interiori anziché le critiche. Dobbiamo guardare alla realtà che ci circonda come una conseguenza della nostra stessa esistenza e puntare a realizzare sogni autentici. Non voglio fare previsioni negative, ma credo fermamente che la grandezza della sensibilità umana possa portare solo a risultati positivi».
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite