“Milano è la mia musa, l’eleganza è il mio pennello e gli interni sono la mia tela.” Così parla della sua città Paola Marella, punto di riferimento nel mondo del design e dell’home staging che incarna l’eleganza e la creatività che definiscono il panorama dell’interior design italiano. Nata a Milano, città che lei stessa definisce come la sua musa ispiratrice, Paola ha fin da giovane manifestato una passione innata per l’architettura e l’arredamento. Il suo percorso accademico la ha portata a laurearsi in Architettura di Interni presso il prestigioso Politecnico meneghino, dove ha coltivato la sua abilità nel trasformare gli spazi ordinari in autentici capolavori.
Da agente immobiliare alle luci della ribalta televisiva, il cammino professionale di Paola è stato caratterizzato da un’impronta distintiva di stile e raffinatezza. La sua carriera sul tubo catodico è stata costellata di successi, con programmi come “Cerco Casa Disperatamente” e “Un Sogno in Affitto” che hanno catturato l’attenzione del pubblico con il loro mix unico di consigli pratici e visioni creative per la trasformazione degli spazi abitativi.
L’approccio di Paola al design è caratterizzato da un equilibrio armonioso tra innovazione e tradizione, praticità ed estetica. La sua capacità di valorizzare gli ambienti e creare atmosfere accoglienti e invitanti le ha guadagnato una reputazione di esperta rispettata e ammirata nel settore. Con uno sguardo attento ai dettagli e una cura particolare per l’armonia dei colori e delle forme, Paola trasforma ogni progetto in un’opera d’arte, lasciando il segno con il suo distintivo tocco di classe e raffinatezza.
Oltre alla sua presenza sul piccolo schermo, Paola è anche un’autrice di successo, con libri come “Arredo Casa Disperatamente” e “Welcome Style” che offrono preziosi consigli e ispirazioni per gli appassionati di design di tutto il mondo.
Con il suo talento straordinario e la sua dedizione al suo mestiere, Paola Marella continua a influenzare e ispirare una generazione di designer e amanti dell’home decor, confermandosi una delle personalità più amate e rispettate nel panorama dell’interior design italiano. Noi l’abbiamo incontrata nel nostro Speciale Salotto di Domanipress dedicato al Salone del Mobile 2024.
Paola, sei architetto, agente immobiliare, e donna rigorosamente in tacco 12, come scrivi nella tua biografia. Sei fonte di ispirazione per tanti anche grazie alla presenza sui social. A proposito del Salone del Mobile 2024, volevo chiederti quali sono, secondo te, le tendenze di cui non possiamo fare a meno.
«Non ho dubbi, fuori e dentro il Salone la tendenza è quella del green, e questo ormai da qualche anno ed è una tendenza molto presente; ricordo, per esempio, che qualche anno fa Riccardo Orlandi allestì proprio una mostra su questo tema. Come tu sai, ogni anno diventa sempre più importante il Fuori Salone a Milano, con location sempre più belle, con grandi designer ed eventi straordinari; l’unica pecca è che ci sono tanti eventi, ma concentrati in un tempo limitato».
A proposito di Milano, tu vivi nella metropoli da sempre…Come ha influito sul tuo lavoro?
«Devo dire che io sono una milanese doc e la amo in tutte le sue sfumature: sono nata e cresciuta a Milano, dove ho studiato e vivo anche oggi e questo, purtroppo e per fortuna, perché credo che un po’ di contaminazione sia necessaria anche per prendere ispirazione».
Com’è cambiata la città nel corso degli anni?
«Io sono nata nel 1963, la città era una metropoli ancora in divenire, molto diversa da quella di oggi. Milano è una città che offre tantissime opportunità. A parte la parentesi cupa degli anni Settanta, negli anni Ottanta e soprattutto gli anni Novanta è stata una città intellettualmente molto ricca, per cui direi che vivere e lavorare a Milano ha certamente favorito la mia carriera, basti pensare che il Salone del Mobile è uno degli eventi più importanti a livello mondiale e devo dire che vivere qui ha anche favorito molto anche il mio contatto con la televisione. Tutte le maggiori produzioni si trovano qui».
A proposito di tvl tuo merito è stato anche quello di portare sul piccolo schermo il piacere di arredare…in questo sei stata una pioniera e questo tipo di format ha fatto proseliti.
«L’idea è stata di Discovery; tutto è iniziato nel 2007, quando c’era solo la tv generalista e Discovery ebbe l’intuizione di portare su Real Time figure centrate su determinati argomenti; Si è partiti con l’obbiettivo di fare una televisione con qualcuno che portasse la propria professione. Oggi i format sono tantissimi, ma all’epoca siamo stati i primi».
Ricordi la prima casa che hai venduto?
«No, ma ricordo la prima puntata di “Vendo casa disperatamente”. Arrivammo sul set io insieme al mio adorato architetto Andrea Rossini e ci dissero di esprimere quella che era la nostra idea. Davanti alla telecamera non fu affatto facile, all’inizio è stato un trauma, poi pian piano abbiamo imparato. Ora mi piace giocare con il mezzo televisivo, lo trovo stimolante e divertente».
Entrando nello specifico della tua casa…cosa non deve mancare nel tuo arredo?
«Intanto parto sempre dalla luce, tengo molto ad una installazione luminosa realizzata da Marco Lodola. Poi, la mia casa è piena di colore, io amo molto il pop, il fluo, non sono assolutamente minimalista. Amo le texture variopinte, perché secondo me è importante dare una personalità precisa ad una casa».
C’è uno stile che nel 2024 domina sugli altri?
«Stiamo andando nella direzione del mix, dove si ha la possibilità di recuperare degli oggetti magari anche della propria famiglia e di mixarli con oggetti di design, che si possono trovare anche nei mercatini, dove è possibile acquistare oggetti importanti, anche degli anni Sessanta e Settanta senza spendere una follia».
Nel corso degli anni gli spazi della casa si sono trasformati; dopo la pandemia, la casa è diventata per molti anche un luogo di lavoro. Spesso immaginiamo il design come un oggetto, ma in realtà è il risultato del nostro modo di vivere, delle nostre paure, delle nostre esigenze.
«Diciamo che con il Covid, la casa ha assunto un ruolo decisamente più importante rispetto al passato; oggi trovo che ci sia una maggiore attenzione alla suddivisione degli spazi, perché se prima era tutto open, adesso si è ricominciato a dividere, a separare gli ambienti, perché si vive più tra le mura. Un altro elemento che ho notato è che ora c’è una certa tendenza al recupero e trovo che questo sia molto bello, prima di tutto perché un determinato oggetto, che magari arriva dalla propria famiglia, ha una storia da raccontare e poi perché è ormai superata l’idea di “arredare” la casa in modo perfetto, con un solo stile, come si faceva in passato. Questa è una cosa bella, perché credo che un ambiente living debba anche far trasparire l’anima di chi la abita».
Dalla tua casa di origine hai portato con te qualche oggetto che continui ad amare e apprezzare?
«La mia casa di origine esiste ancora, anche se non è più abitata dalla mia famiglia. Io ho portato con me un divano degli anni Settanta in pelle di Cassina, che ho posizionato nella stanza di mio figlio e porterò delle luci, perché il primo appartamento era pieno di applique di Castiglioni, che per quegli anni erano comuni, ma che oggi sono particolarmente ricercati. Ho molti oggetti che mi sono portata con me… per esempio la lampada Pipistrello di Gae Aulenti che oggi ha un valore di mercato importante».
A proposito di Gae Aulenti, lei in un’occasione ha detto che detestava la ghettizzazione, soprattutto quando qualcuno le diceva che come architetto aveva ingaggiato una donna. Nel corso della tua carriera, da donna, come hai vissuto le differenze di genere che sopratutto in alcuni settori, in passato prevelentemente maschili, sono più marcate?
«Io ho sempre creduto che se sei bravo, qualcosa prima o poi accade, indipendentemente dal fatto di essere uomo o donna. Ciò che conta è il talento, la voglia di distinguersi. ma anche la tenacia nel perseguire i propri obiettivi».
Oltre ad essere ambasciatrice di design e di moda, qualche anno fa sei stata portatrice di un messaggio relativo alla prevenzione del tumore al seno, rispetto a una vicenda personale che hai reso pubblica. Cosa ci puoi dire in proposito?
«Io l’ho resa pubblica dopo qualche anno, perché ho voluto farlo quando ero più calma e serena prima di tutto come me stessa».
Quali sono stati i tuoi strumenti per superare le difficoltà?
«Una diagnosi di cancro ti cambia inevitabilmente la vita sotto più aspetti, anche a livello umano. Lavorativamente parlando, quell’anno che è stato molto faticoso e sono stata aiutata dalla mia squadra. Ho voluto raccontare la mia vicenda per parlare di prevenzione; realizzai quattro interviste a donne colpite da tumore al seno metastatico, quattro personalità straordinarie che lanciavano un messaggio molto importante, ovvero che con la malattia si può convivere. Non bisogna mollare e continuare a preservare i propri interessi, anche quanto tutto sembra crollare, è una lotta». Credo anche che sia molto importante che si parli della possibilità di convivere con la malattia. Bisogna allontarsi dal taboo che ci impone la società».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Paola Marella, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Io ho sempre in mente quel meraviglioso film, in cui Rossella O’Hara diceva: “Domani è un altro giorno”; io spero che domani sia davvero un giorno nuovo, nel senso che stiamo vivendo un momento molto complicato su più livelli e mi auguro che ci sia all’orizzonte qualcosa di bello per tutta l’umanità, lo meritiamo tutti».
Intervista esclusiva a cura di Simone Intermite