“Quando chiudi gli occhi e ti lasci andare all’immaginazione, e lì che scopri chi sei veramente.”

Con questa riflessione ci accoglie Michele Bravi, il giovane cantautore umbro che, negli ultimi anni, ha conquistato il cuore del pubblico italiano con la sua musica intensa e intimista. Michele, già noto per i suoi successi a Sanremo e per l’intensa interpretazione di brani come “Il diario degli errori e Inverno dei fiori”, oggi porta avanti un nuovo viaggio musicale con il suo ultimo album, “Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi?”.

In questo nuovo lavoro, Bravi ci invita a immergerci in un percorso introspettivo, accompagnati dalle sue parole e dalla sua inconfondibile voce. L’album rappresenta un invito a scoprire cosa si cela dietro le nostre emozioni più profonde, esplorando quel momento di sospensione che viviamo ogni volta che chiudiamo gli occhi. Michele descrive queste canzoni come un “diario segreto“, dove ogni traccia è una riflessione su fragilità e rinascita.

Il nuovo progetto musicale è stato accolto con entusiasmo dalla critica e dai fan, grazie alla sua capacità di fondere testi introspectivi con melodie accattivanti, mostrando una crescita artistica che mette in luce la maturità del giovane cantautore.Tra le collaborazioni di spicco in questo album, spicca quella con Carla Bruni, un’artista di fama internazionale, nota non solo per la sua carriera musicale ma anche per il suo impegno nel campo dell’arte e della cultura. Insieme i due artisti hanno creato un brano che esplora le dinamiche dell’amore e della vulnerabilità, con un sound che combina la delicatezza delle loro voci. Questa collaborazione non è solo un incontro di talenti, ma rappresenta anche un dialogo tra generazioni, dove l’esperienza dell’ex premièr dam si unisce alla freschezza del cantautore.

In aggiunta, Michele ha recentemente pubblicato un singolo dedicato a Fiorella Mannoia, un’altra icona della musica italiana. Questo tributo è una celebrazione della forza e della resilienza che caratterizzano la carriera di di Fiorella e si coniuga con la sensibilità e la forza come vero propulsore di energia positiva. Attraverso questo singolo, Michele riesce a esprimere non solo la sua passione per la musica, ma anche il suo desiderio di rendere omaggio a chi ha influenzato profondamente il panorama musicale italiano.

Il tour a supporto dell’album, intitolato come il disco, ha già toccato importanti teatri e riflette una scelta programmatica per creare un’atmosfera intima e riflessiva. L’ex giudice di Amici è molto più che un cantante; è un narratore di emozioni e un interprete capace di rendere la musica un’esperienza sensoriale completa. Durante le sue esibizioni, invita il pubblico a chiudere gli occhi e sognare, rendendo ogni concerto un momento unico e personale. Abbiamo incontrato Michele Bravi in questo nuovo episodio del Salotto di Domanipress per parlare con lui di emozioni tra musica, immaginazione e vita.

Un tour nei principali teatri italiani, un nuovo album e diverse collaborazioni con nomi importanti. Come vivi questo momento di grandi novità musicali?

«Tutto è in movimento. Devo dire che sto bene, è un momento ricco di musica e di nuove esperienze. Mi sento decisamente fortunato a poter vivere questo periodo di piena creatività, tra progetti, collaborazioni e il nuovo album. È un periodo intenso, ma lo vivo con grande entusiasmo».

Il tuo nuovo album ha un titolo decisamente suggestivo: “Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi”. È un riferimento che richiama la palinopsia, un fenomeno visivo affascinante, ma ciò che colpisce è quel “tu” iniziale. 

«La palinopsia è solo uno degli spunti che hanno ispirato l’album, ma l’intero progetto ruota intorno alla percezione, di sé e della realtà che ci circonda. Quando parliamo di percezione, si entra in un terreno molto personale e intimo, e per me è stato naturale rivolgermi a qualcuno, dialogare con una persona specifica».

Perché hai scelto di rivolgerti all’ascoltatore in modo così diretto?

«Questo “tu” rappresenta l’incontro, il confronto. Volevo che l’ascoltatore si sentisse direttamente coinvolto, che fosse parte integrante di questo viaggio percettivo. Non potevo fare una domanda generica, perché la percezione è qualcosa di estremamente soggettivo e preciso. Parlando con qualcuno, capisci se quella visione è simile alla tua, se la ribalta o se la arricchisce di nuove sfumature».

Esiste una persona o un’ispirazione principale dietro queste riflessioni? Hai avuto un interlocutore specifico mentre componevi?

«Non c’è una sola persona che abbia ispirato ogni brano, ma posso dirti che ogni canzone nasce da un dialogo, da un confronto reale o immaginato. Il mio modo di scrivere è molto “diaristico”, come mi piace definirlo. Ogni brano cristallizza un momento, e quei momenti coinvolgono spesso più persone. Non sono mai solo io a vivere una situazione. Le persone che fanno parte della mia vita, con cui interagisco quotidianamente, diventano i miei “tu”, anche inconsapevolmente».

Tra le collaborazioni internazionali del tuo nuovo lavoro, spicca quella con Carla Bruni. Come è nata questa connessione, pensavi già a lei mentre scrivevi “L’umore francese”?

«Devo ammettere che sì, quando ho cominciato a scrivere “L’umore francese”, pensavo già a Carla. Ho iniziato a lavorare al brano a Parigi e, da grande fan del suo repertorio, ho subito immaginato la sua voce su quelle note. Carla Bruni è una cantautrice incredibile, capace di unire una sensibilità raffinata a una profondità autentica. All’inizio ero titubante nel proporle il pezzo, anche per una sorta di timidezza personale. Non osavo sperare che potesse accettare. Ma poi, quando le ho fatto ascoltare il brano, ne è rimasta colpita. Il giorno dopo era già a Milano per registrare con me. In “L’umore francese”, lei interpreta questa sorta di sirena, una musa decadente che gioca tra la noia e la sensualità. È stato meraviglioso lavorare con lei, non solo per la sua professionalità, ma anche per la sua grande umanità».

Dal tuo esordio a X Factor ad oggi sono passati quasi dieci anni. Un percorso pieno di alti e bassi, come è naturale che sia per ogni artista. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto la fama in questo tempo?

«La verità è che non sento di aver perso nulla. Sarebbe irrispettoso verso tutto ciò che ho guadagnato e verso le persone che mi seguono dire che la fama mi ha tolto qualcosa. Ho avuto la fortuna di trasformare la mia passione in una professione, e per questo mi sento grato».

Anche i sogni però hanno un prezzo…

«Certo, ho scoperto che dietro al sogno c’è una grande quantità di lavoro, una grammatica e una tecnica che non avevo immaginato. Gli alti e bassi sono parte del percorso, ma sono anche il segno che l’attività va avanti, che c’è movimento. Spero davvero che continuino, perché senza quelle oscillazioni si rischia di stagnare».

Sei sempre stato molto aperto sui tuoi momenti di difficoltà, come il blocco dello scrittore o l’esclusione da Sanremo. Come mai hai scelto di condividere questi aspetti così intimi, mentre molti artisti preferiscono nasconderli?

«Sai, la realtà è che non mi prendo troppo sul serio. Mi piace affrontare le situazioni, anche quelle più complesse, con una certa ironia. Non riesco a considerare la musica o la mia carriera come qualcosa di sacro o intoccabile. Quando parlo di un blocco creativo o di un fallimento, non lo faccio per creare drammaticità. La verità è che mi diverto anche a smontare questi momenti. Certo, la mia passione per la musica è qualcosa di profondo e intimo, ma la professione è un’altra cosa. Ho imparato a scindere questi due aspetti. La mia passione è inviolabile, mentre il lavoro ha delle sue dinamiche che cerco di vivere con leggerezza».

Nella tua carriera hai esplorato diversi mezzi espressivi: dalla musica alla scrittura, dal cinema ai concerti. C’è un linguaggio nel quale ti senti più a tuo agio, che ti rappresenta meglio?

«Non riuscirei a sceglierne uno. Ogni mezzo ha il suo ruolo specifico nella mia vita. La musica è sicuramente il linguaggio attraverso cui riesco a esprimere le emozioni più intime, senza filtri. Ma non potrei mai rinunciare agli altri registri. Ogni linguaggio mi permette di esplorare una parte diversa di me stesso. Il cinema, ad esempio, mi dà la possibilità di raccontare storie in modo diverso, mentre la scrittura mi consente di riflettere su aspetti della mia vita con maggiore profondità. Sono tutti necessari».

Hai menzionato di avere un rapporto complicato con la realtà pratica e con il mondo sensibile. Col passare del tempo, sei riuscito a trovare un equilibrio?

«Onestamente, non troppo. Sono ancora molto goffo e, come dico sempre, “picaro”. La praticità non è il mio forte e, quando cerco di metterci mano, spesso il risultato è disastroso. Ma ho imparato a convivere con questa mia goffaggine. Fa parte di me e, in qualche modo, la accetto».

Nell’epoca dello streaming, con canzoni sempre più brevi per soddisfare le esigenze delle piattaforme digitali, il tuo album presenta brani più lunghi e intro musicali estesi. Come hai affrontato questa sfida di mercato?

«È vero, oggi il mercato spesso richiede canzoni di tre minuti al massimo, ma non ho mai voluto fare scelte artistiche solo in base alle regole di mercato. Per me è importante trovare un equilibrio. Alcuni brani nel disco seguono una struttura più tradizionale, perfetta per essere proposti in radio o sulle piattaforme di streaming. Altri, invece, sono parentesi di libertà che mi permetto di esplorare per offrire all’ascoltatore un’esperienza diversa. Il disco è un luogo dove posso prendermi queste libertà».

Guardando indietro alla tua carriera, se potessi dare un consiglio al Michele Bravi che ha esordito con X Factor, cosa gli diresti?

«Gli direi: “Tranquillo, c’è tempo per tutto.” È importante mantenere la calma e affrontare ogni sfida con serenità».

 E a te stesso oggi, cosa diresti allo specchio?

«Preferisco non guardarmi troppo allo specchio! Quando lo faccio, rischio di farmi partire un film mentale… quindi meglio starne alla larga!».

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Michele Bravi, quali sono le tue speranze e le tue paure?

«Credo fermamente che il fturo richiederà un impegno collettivo per preservare e ampliare ciò che abbiamo ottenuto come società, in termini di diritti e libertà. Guardando al Domani, spero di vedere un mondo più inclusivo, dove la diversità non solo venga accettata, ma celebrata come una ricchezza. A livello personale, il mio desiderio è quello di continuare a fare musica, di restare fedele a me stesso e di non smettere mai di evolvermi come artista e come individuo. Mi piacerebbe continuare a sperimentare, senza perdere il piacere di raccontare storie attraverso la mia arte. In fondo, il mio sogno è molto semplice: vivere una vita piena di creatività e relazioni autentiche».

Intervista esclusiva a cura di Simone Intermite

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.