Ecclettica, sempre diversa da se stessa eppure fermamente coerente con il suo legame indissolubile con la musica, Mina Mazzini: vera ed unica regina della musica italiana, continua ad essere uno dei punti di riferimento della discografia. Ne è una prova il suo ultimo album di inediti intitolato “Ti amo come un pazzo” balzato con un salto intergenerazionale, in cima alle classifiche FIMI, meritandosi l’olimpo ancora una volta, anche in tempi di streaming su Spotify. Il progetto distribuito in vari formati: vinile, compact disc e digitale è un feuilletton composto da dodici tracce che affrontano le varie sfaccettature dell’amore con incursioni in universi sonori differenti, uniti dalla voce dell’icona della musica lontana delle scene da oltre quarant’anni, ma vicina al suo pubblico attraverso l’arte scevra da ogni influenza sensibile e materiale. Ed è proprio attraverso i sensi impalpabili che il percorso musica del nuovo album si articola in maniera sinuosa ed inaspettata. Dall’ultimo singolo “Per un briciolo di allegria” in coppia con Blanco fino al brano “Povero amore” scelto come colonna sonora dell’ ultimo film di Ferzan Ozpetek, l’album suona come un’ istantanea di emozioni, contemporana ma anche scorrevole e visionaria, come un fotoromanzo d’altri tempi. A condurre la direzione artistica del progetto è come sempre Massimiliano Pani, figlio d’arte della tigre di Cremona, diventato suo portavoce e produttore oltre che direttore dell’etichetta Pdu Music fondata nel 1967 dalla stessa Mina per difendere la sua inalterata autonomia artistica. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare Massimiliano Pani nel nostro Salotto Digitale per conoscere il pensiero artistico ed umano di Mina e scoprire i dettagli del nuovo progetto ricco di sfumature e suggestioni da vivere ed ascoltare.
L’ultimo album di Mina è ai vertici delle classifiche FIMI tra nomi delle nuove generazioni. Ultimamente i “big storici” faticano a trovare spazio nell’airplay radiofonico e nelle charts, Mina invece, da vera regina della musica, ci riesce sempre…Qual è il suo segreto?
«Mia madre ha avuto il coraggio di fare delle scelte personali ed artistiche difficili, diverse rispetto a quanto solitamente era imposto. Nonostante questo è riuscita a mantenere una connessione privilegiata con il pubblico e proponendo progetti nuovi ed audaci che hanno interessato ed unito generazioni diverse. Oggi Mina si rivolge ad un pubblico che dal vivo non l’ha nemmeno mai vista ma che attraverso la sua voce la riconosce per il suo spirito innovativo e sincero. Non fare promozione, televisione e concerti per spingere un progetto e ritrovarsi ai primi posti delle classifiche è un caso unico. Lei ci riesce…».
Non solo musica, l’universo di Mina è anche costruito da immagini e fotogrammi rielaborati che descrivono e definiscono nuovi canoni estetici…Cosa si nasconde dietro questo lavoro?
«Mina ha sempre sperimentato nuovi linguaggi visuali ed artistici anticipando le mode. Prima di Lady Gaga e Madonna ha giocato raffigurandosi in maniera sempre diversa. In tema di genderfluid ante litteram si è raffigurata con la barba o ha indossato il fisico di un culturista. Poi con ironia si è trasformata anche in paperina e in alieno dalla pelle di luna nel recente album Maeba. Le sue metamorfosi sono molte e grazie al merito del suo art director Mauro Balletti ha dato spazio alla sua immaginazione visionaria».
Nel ultimo album il volto di Mina si compenetra con una presenza maschile…
«Questa volta il richiamo è ai fotoromanzi, sembra una copertina di qualche rivista. Anche l’album con i suoi dodici pezzi indaga il tema dell’amore spaziando dalle atmosfere drammatiche e spirituali a quelle più spensierate ed ironiche. Il disco parla al cuore di tutti».
La sperimentazione passa soprattutto dalla musica. Nella scelta degli autori per il featuring dell’ultimo singolo la presenza di Blanco è stata particolarmente efficace…
«Nella sua carriera Mina ha sempre prestato la sua voce ai nuovi autori e ha sempre creduto nelle passioni dei giovani emergenti. In passato è stata la prima a credere ai nuovi cantautori che stavano arrivando e che poi hanno dominato la scena. Fabrizio De Andrè disse che se non fosse stato per Mina e la “Canzone di Marinella” sarebbe stato un pessimo avvocato. Lo stesso miracolo artistico è accaduto a Ivano Fossati. Questo è una consuetudine che continua. Lei riceve oltre cinquemila pezzi al mese, quando ha ascoltato il pezzo di Blanco, ci ha subito creduto anche oltre la sua popolarità».
Nella tracklist c’è anche posto per una quota più ironica. “L’orto” è un brano che lascia interdetto l’ascoltatore. Qual è il messaggio di questo pezzo?
«Una sua caratteristica è sempre stata quella di accostare pezzi importanti e forti che ti prendono lo stomaco con altri più leggeri. In questo disco così emozionante ha ritenuto opportuno inserire una chicca, un brano di Mattia Lezzi che sviluppa una storia d’amore attraverso gli ortaggi e la cucina».
Si intravede una volontà di ritornare a parlare dell’importanza della terra come nutrimento. Il rispetto per il nostro habitat è uno dei temi più discussi di questo momento storico. Qual è il “Mina pensiero” a riguardo?
«Mina tiene molto all’ambiente. La sua attenzione è rivolta verso l’umanità, le emozioni, l’anima. La natura è il nostro punto di partenza e di arrivo. Nel novecento abbiamo trascurato questo aspetto. Adesso è giusto che le nuove generazioni siano consapevoli dell’importanza del rispettare lo spazio vitale. Possiamo tutti fare qualcosa, anche nel piccolo della quotidianità delle nostre azioni».
Oltre alle azioni materiali anche quelle spirituali hanno un importanza fondamentale . Il pezzo “Don Salvatò” scritto da Enzo Avitabile ci porta ad una riflessione ascetica.
«Secondo me è uno dei brani più intensi dell’album, il napoletano è la sua cifra e la voce di Mina si fa carica di emozioni e intensità nel universo dialettale. Nel puzzle questo è il tassello dell’amore spirituale. In questo disco ci sono molte sfumature differenti, per questo è diverso dalla discografia che si propone oggi. Ognuno puo’ trovare un pezzo di sè».
Pezzi come fotogrammi di un film. Il regista Ferzan Özpetek ne ha scelti due per i suoi film. Si dice abbia anche un confronto epistolare ed un rapporto amicale particolarmente attivo con Mina. Lo confermi?
«La musica è fondamentale nella drammaturgia. Si racconta attraverso le parole, le immagini e la musica. Non solo Ferzan Özpetek anche Pedro Almodovar ha scelto in diverse occasioni la voce di Mina. Nel caso di Ferzan si, c’è anche un’amicizia tra lui e mia madre che spesso riceve i suoi copioni. Posso dirti che attraverso una sua canzone ha visualizzato delle immagini che saranno inserite nel prossimo film. Posso dirti che è particolare che un regista così visionario ama consegnare proprio a Mina la narrazione musicale unendola alla sua produzione».
Da molti anni curi la direzione dei progetti artistici di Mina, nell’elaborazione qual è il tuo approccio al lavoro? Come si sviluppa il processo artistico di un album?
«Quando Mina pensa un progetto è libera di scegliere autonomamente i brani da interpretare e la linea da seguire che poi affida a me come produttore e arrangiatore per un primo adattamento. In questo lavoro ci sono anche Franco Serafini e Ugo Bongiarmi. Aiutiamo a mettere in pentola tutto il materiale per consentirle di realizzare le sue idee. Personalmente mi occupo anche del rapporto con i media per comunicare alcuni livelli di lettura dei suoi album. Molti progetti parlano da soli, sono intensi, basta ascoltarli per capire cosa aveva Mina in testa quando li ha pensati».
Da oltre quarant’anni Mina ha scelto di utilizzare la musica come unico mezzo per comunicare con i suoi ammiratori. Oggi molti continuano a chiederselo: qual è la stata la vera ragione del suo ritiro dalla scene tv?
«Mina è stata la prima a capire che la televisione stava cambiando. La sua era una tv vissuta in diretta, con l’orchestra, arrivata dopo anni di gavetta. I suoi ospiti erano Marcello Mastroianni, Totò, De Sica e Alberto Sordi. Quando i tempi non hanno più reso possibile questo standard di qualità ha preferito cambiare, fare altro…dagli album musicali a tema a quelli di cover e di inediti. Ha preferito concentrarsi sulla musica».
C’è un ricordo televisivo di cui Mina va particolarmente fiera?
«Tutto quello che ha realizzato non lo rinnega ma essendo una donna particolarmente curiosa non si rifugia troppo nel passato anzi guarda il futuro. Le stagioni passate sono ormai finite e lei è costantemente proiettata in avanti».
L’ ultima sua apparizione fu sul web con un concerto online in tempi in cui pochi credevano nel mezzo internet. Oggi la stessa sorte accade con il metaverso. Potremmo un giorno “vedere” ed ascoltare Mina in qualche realtà virtuale?
«Nel duemila Mina fu la prima a sperimentare internet con un concerto online che paralizzò la rete prevedendo il trend di oggi di vederci anche online. Oggi continua a indagare le nuove tecnologie e quando i tempi saranno maturi per ottenere una qualità del suono e dell’immagine soddisfacente non esclude che possa utilizzare altri media per poter sperimentare ancora una volta e comunicare con il pubblico a suo modo».
Questo potrebbe aprire un varco ad un possibile ritorno?
«Non c’è un esclusione totale. Un avatar con un audio scarso non la rappresenta allo stato attuale ma se sarà possibile poter realizzare una performance soddisfacente sicuramente sono sicuro che mia madre non si tirerà indietro…».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Massimiliano Pani, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Il Domani per me è positivo se fai dei bei pensieri…succedono!».
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite