Boomers vs Millennials: Il conflitto generazionale della nostra società moderna è un importante punto di discussione sociologica, morale e politica che ci fa comprendere come diverse prospettive di vita comportino altrettante variabili capaci di creare un senso di disconnessione che può essere esacerbato da una mancanza di comprensione o empatia. La storia si ripete: i vecchi contro i giovani, gli allievi contro i maestri, per risolvere quest’atavico cortocircuito occorre sedersi ad un tavolo e dialogare vis a vis per trasformare lo scontro in un’opportunità utile imparare gli uni dagli altri. Lo scrittore pluripremiato ed ex magistrato Gianrico Carofiglio e sua figlia Giorgia, laureata in teoria politica, questo incontro-scontro lo hanno realizzato e trascritto in un libro edito da Einaudi intitolato “L’ora del caffè”. Si tratta di un testo agile e piacevole, che parte dall’idea condivisa di trovare un linguaggio comune e un’idea del mondo e del futuro inclusiva capace di mettere d’accordo i figli con i padri senza eliminare le divergenze, leggendo le problematiche con occhi nuovi. Questioni che riguardano ciascuno di noi come il clima, il femminismo, il cibo e la politica sono esaminate in maniera critica da prospettive diverse che esitano in un dialogo coinvolgente ed empatico. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro Salotto Digitale Gianrico e Giulia Carofiglio per parlare con loro di questo esperimento letterario e delle complessità della vita secondo due prospettive opposte in continua evoluzione.

Nel vostro primo libro scritto a quattro mani “L’ora del caffè” avete trascritto un dialogo che verte su un confronto generazionale su temi di attualità. Da dove è partito questo confronto?

GIORGIA: «Tutto il libro è stato scritto partendo da discussioni reali, quello di una figlia trent’enne e di un padre di quasi sessant’anni, a tavola, che si scambiano opinioni e che hanno delle visioni talvolta totalmente opposte rispetto alla realtà. Il tema del cambiamento climatico e il nostro dibattito a volte anche accesso, mi ha convinta che avrebbe avuto senso provare a districarsi un po’ meglio in queste conversazioni, andare a fondo per capire cos’è che effettivamente ci divideva… Quando si parla di clima ed ambiente noi giovani siamo sicuramente molto più sensibili rispetto alle generazioni passate».

Gianrico tu sei abituato ad una scrittura solitaria; questa tua prima esperienza di scrittura condivisa cosa ti ha restituito in termini organizzativi, lessicali e stilistici?

GIANRICO: «Decidere di scrivere con un altro autore è sempre una scelta ambiziosa ed utile oltre che un esercizio anche di stile che ti può aiutare ad uscire dalla tua zona di confort. In generale non solo scrivere ma lavorare con qualcun altro, indipendentemente se l’altro sia più o meno bravo, e in questo caso sono stato fortunato anche se non dovrei dirlo essendo mia figlia, è sempre un arricchimento. Giorgia è particolarmente abile con le parole, come per ogni attività, soprattutto con quelle che sai fare, se non ti poni degli obiettivi nuovi rischi di fossilizzarti su un solo modus precludendoti orizzonti più vasti. Oltre che nella forma volevo concentrarmi su nuovi contenuti, vedere le cose dal punto di vista stilistico diverso e liberarmi da alcune rigidità cercando di guardare  oltre il mio limite. Lo spirito di questo lavoro è proprio questo, imparare a vedere il mondo con gli occhi di un altro per rendere migliore la comprensione dei fenomeni e arricchire la qualità del dialogo».

Il libro si apre con una citazione di Salvador Allende che dice: “Essere giovani e non essere rivoluzionari è una contraddizione biologica”. Secondo voi il concetto di essere rivoluzionari appartiene tout court a tutte le generazioni in maniera trasversale oppure si è rivoluzionari a seconda del periodo storico in cui si vive?

GIULIA: «Semplicemente credo che quando si è giovani ci sia una spinta, anche biologica,di cambiamento; più  si va avanti nella vita e più si tende a restare radicati al proprio posto del mondo che si è guadagnato con sudore e fatica. Per questo il cambiamento è per antonomasia definito dai giovani, non so se mio padre pensa allo stesso modo…».

GIANRICO: «Eh sì, sono d’accordo con Giorgia e aggiungo che questa attitudine si traduce in un dato statisticamente vero. Ma non dobbiamo pensare che gli adulti non possano essere rivoluzionari. Ho letto proprio di recente una frase bellissima su questo tema, sulla capacità di cambiare il mondo in una frase di George Bernard Shaw che dice: “L‘uomo ragionevole adatta se stesso al mondo, quello irragionevole insiste nel cercare di adattare il mondo a se stesso. Così il progresso dipende dagli uomini irragionevoli“. Da questo deriva che l’evoluzione e il cambiamento del mondo appartiene alle persone irragionevoli. Ecco a me piace pensare di essere una persona irragionevole, nel profondo,  che cerca di non accettare il mondo così com’è. Per questo secondo me l’essere rivoluzionari non dipende solo dall’età ma appunto da un modo di essere nel mondo e rispetto al mondo».

Uno dei temi che vi ha posto in estrema antitesi è stato quello relativo all’attenzione sul tema del cambiamento climatico…La generazione dei boomer tende a sottovalutare il problema e a non prendersi le dovute responsabilità.

GIANRICO: «Sì, penso che la differenza principale non sia ovviamente incentrata su una visione opposta, non si parla di negazionismo, ma il nostro scontro avviene sulla percezione del pericolo. Quelli della mia generazione vivono la situazione climatica e ambientale in maniera molto più morbida, non ci sentiamo presi  in causa e non abbiamo ancora compreso l’impatto che potrà avere sulle nostre vite. Penso che la differenza principale sia nella percezione del pericolo e quello cambia, anche il modo  in cui crediamo sia necessario agire e ci pone ad una prospettiva diversa sul futuro».

GIORGIA: «Si direi che in linea di massima la nostra visione del futuro magari è più pessimistica».

L’attenzione al cambiamento climatico e alla sostenibilità si traduce anche in una scelta etica ed alimentare. Giulia da qualche anno ha deciso di diventare vegana, una scelta che come padre hai faticato a comprendere…

GIANRICO: «Dobbiamo distinguere due piani uno riguarda la questione climatica; se si riduce il consumo di carne sul pianeta si toglie lo spazio commerciale ai grandi allevamenti industriali, luoghi di insopportabili torture per gli animali e dal alto tasso inquinante. Ma per la tutela del clima non è indispensabile smettere di mangiare carne, è necessario invece ridurre il suo  consumo e renderlo consapevole regolamentando allevamenti non etici. Pensare ad un mondo senza derivati animali è un’ipotesi nel breve periodo improbabile e in questo la decisione di non consumare carne a che fare con la sensibilità emotiva e con una dimensione etica. Perché uccidere gli animali per mangiarli?  Era indispensabile in un passato in cui c’erano meno opzioni di nutrizione oggi possiamo anche farne potenzialmente a meno. Ma io su questo non ho una posizione definitiva sul punto ma oscillo tra due visioni diverse».

In questo tua figlia Giorgia è riuscita a strapparti da una posizione piuttosto rigida…e non accade solo per il regime alimentare.

GIANRICO: «Giorgia ha spostato in modo più netto le mie posizioni soprattutto sui temi che riguardano le differenze di genere».

La differenza di genere è un tema attuale a livello lessicale. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni preferisce ancora essere declinata al maschile tanto da aver causato qualche incidente diplomatico con la stampa. In un tuo saggio “Della gentilezza e del coraggio” Gianrico hai anticipato i tempi teorizzando un modello di comunicazione dove il conflitto si sviluppa in una dimensione audace ma non distruttiva. Qual è la vostra idea in merito alla comunicazione istituzionale in questo momento storico?

GIORGIA: «Beh, ovviamente declinarsi al maschile mi pare una scelta politica chiara, si tratta di urlare contro il politicamente corretto come se fosse una folle caccia alle streghe. Detto questo, penso ci sia una questione più  profonda sul fatto che continuiamo a vedere soprattutto i ruoli di potere declinati al femminile come meno autorevoli rispetto al maschile. La parola “La presidente” per qualcuno sembra che perda di autorità e questo è un fattore da indagare. Ad oggi c’è chi reputa in maniera, anche inconscia, che l’autorità appartenga sempre al genere maschile e quindi ci sono tante donne oltre alla Presidente del Consiglio che ancora desiderano che la loro professione non contenga la a finale: penso ad avvocata, magistrata…Ovviamente ognuno ha il diritto di farlo liberamente, ma credo si tratti di un ideologico passo indietro».

GIANRICO: «Io invece non credo che si possa parlare in modo monolitico di comunicazione del nuovo governo. Ci sono stili comunicativi di alcuni esponenti di rilievo molto differenti. Uno l’abbiamo purtroppo conosciuto bene in passato ed è quello dell’attuale Ministro delle Infrastrutture che adotta una comunicazione sprovvista di qualsiasi memoria storica, basata sull’effetto grossolano dello sparare alla cieca con la speranza che qualcuno intercetti la curiosità o la passione temporanea dei leoni da tastiera. Si tratta di una tattica per mascherare una totale assenza di contenuti e una comunicazione manipolatoria, propagandistica e a tratti grottesca».

Gianrico cosa ne pensi del modus comunicandi della Presidente Giorgia Meloni? Per vincere le elezioni bisogna saper comunicare…

GIANRICO: «Credo che Giorgia Meloni sia una politica dotata di indubbia qualità verbale, perchè da sempre è una donna che comprende la grammatica della comunicazione politica seguendo un suo sistema di valori che le ha permesso di fare quel lungo percorso militando in modo coerente in un territorio politico, molto lontano da me, ma che da questo punto di vista rispetto. Ho l’impressione che conosca certi meccanismi e che in campagna elettorale abbia fatto i suoi compiti potremmo dire in maniera corretta. Nel senso che non ci sono stati errori grossolani; niente di straordinario in fondo, ma se la paragoniamo per esempio alla campagna elettorale disastrosa del Partito Democratico credo sia oro colato. Il PD ha subito una serie incredibile di errori comunicativi e di afasia unito a una incapacità totale di manifestare i valori fondativi che si aspettavano gli elettori».

Cosa è mancato al PD dal punto di vista comunicativo?

GIANRICO: «Posso dirti che è mancata la risposta fondativa a una domanda semplice che era il tema fondamentale in questa campagna elettorale: per quale motivo dovrei votare per il Partito Democratico? Era necessario saper rispondere in maniera semplice, che non vuol dire facile o banale, ma ad una domanda del genere non è stata data risposta».

L’affluenza alle urne del 63,91%, circa meno 9% rispetto alle elezioni politiche del 2018 è stato il risultato più basso di sempre dalla formazione della Repubblica e questo fotografa una sfiducia della politica sia di destra che di sinistra da parte dei giovani… Questo accade perchè una domanda a cui nessuno sa ancora rispondere è quella relativa al lavoro. Anche su questo vi siete scontrati duramente durante la vostra conversazione

GIORGIA: «Io mi sento di dire che, forse su questo tema più che su ogni altro, c’è più che uno scontro, un punto di vista molto diverso, un modo di concepire il lavoro e in generale le proprie prospettive differenti rispetto alle generazioni passate. Quindi più che uno scontro c’è stato un tentativo serio di provare a capire esperienze diverse. Anche qui ricorre il tema della mancanza di ottimismo che è più comune nella mia generazione. Il problema reale e che una prospettiva lavorativa ed una insicurezza economica, come quella che stiamo vivendo, si traduce molto spesso anche in una forma di incapacità di essere immaginati e immaginarsi come adulti e quindi come cittadini alla pari a cui non si parla in maniera solo paternalistica. I giovani devono essere intesi come persone che dialogano nel panorama politico e non come elettori da raggiungere con un messaggio su TikTok. La nostra ormai è una generazione di adulti ma a trent’anni siamo considerati giovani nel senso di non pienamente competenti o non non pienamente cittadini».

Gianrico il problema quindi è quello che intende Giorgia? La tua generazione reputa i più giovani come poco competenti?

GIANRICO: «Secondo Jung, uno dei fondatori della psicanalisi che amo particolarmente, pensare è molto difficile ed è per questo che la maggior parte della gente preferisce giudicare. Ecco nello scontro-dibattito fra generazioni il giudizio reciproco è molto presente in maniera sottile non facilmente decifrabile. Nella maggior parte dei casi chi giudica è sempre convinto di non farlo, e questo vale sia per gli adulti che per i giovani. In questo ambito, in particolare i giudizi di valore, sono più facilmente presenti o possono apparire con più facilità. Può essere facile bollare i giovani come fannulloni o privilegiati perché significa fare un’opera preliminare di pulizia rispetto al giudizio, evitando di cercare di capire. Entrando nello specifico tengo a sottolineare che il problema del lavoro riguardava anche la mia generazione. Io ho un ricordo nitido di quale fosse la preoccupazione, di quasi tutti i miei coetanei, nel non trovare un lavoro o di trovare un lavoro precario. Ai miei tempi i concorsi pubblici ed i posti di lavoro nella Pubblica amministrazione erano pochissimi, adesso ce ne sono molti e spesso c’è chi rifiuta l’occupazione pubblica perché la reputa poco appagante. Inoltre molti laureati, in particolare in discipline giuridiche, cominciano a lavorare piuttosto presto guadagnando in maniera equa. Con questo non voglio dire che non esista un problema occupazionale ma bisogna dire che ogni epoca ha i suoi momenti di entusiasmo di ottimismo e le sue paure che sono in qualche modo legate intrinsecamente con la natura del futuro».

Per parlare di lavoro avete tirato in ballo Cesare Pavese…

GIANRICO: «Il titolo del capitolo è “Non lavorare stanca” parafrasando Pavese. Bisogna sapersi rimboccare le maniche e conquistarsi il proprio posto nel mondo».

Enrico Berlinguer disse: “Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia”. Sei d’accordo?

GIANRICO: «Credo che Berlinguer abbia detto cose migliori… io sono un suo estimatore e ho avuto anche il privilegio di essere adulto quando lui era ancora operativo e posso dire che è stato uno dei più grandi personaggi politici di questo paese. Questo suo pensiero non mi entusiasma perché reca qualche elemento di ovvietà quasi a dire che i giovani fossero portatori del bene e i più grandi del male, per cui basta che si riuniscano si organizzino per rimuovere ingiustizie. Non funziona così naturalmente. La mediocrità e l’attitudine a comportamenti scorretti o corretti, il merito la preparazione sono trasversali. Non è una questione di dare ai giovani la possibilità di prendere il potere. Ciò che bisognerebbe fare è rimuovere i tubi intasati della comunicazione e rimettere in funzione l’ascensore sociale che é guasto, rifiutare una nozione del merito elitaria, e sostanzialmente razzista che è quella presente anche in molti presunti progressisti e capire che se uno ottiene un risultato legato anche alle sue capacità dipende anche dalle condizioni da dove è venuto, dalla famiglia  cui proviene e dal momento storico. Il filosofo Michael Sandero chiama etica della fortuna il riconoscere che il successo che ci porta in posizioni in alto nella gerarchia sociale dipende in parte forse dalle nostre qualità e in altra parte dalle circostanze fortunate che hanno accompagnato la nostra esistenza. Questo concetto consente di temperare l’ ingiustizia che grava su chi si trova nella zona inferiore della graduatoria sociale».

Giorgia, parlando di merito essere figlia dello scrittore ex Magistrato Gianrico Carofiglio e nipote della scrittrice Enza Buono ti espone al pregiudizio di essere una “Figlia di…”. Come pensi di affrontare soprattutto sui social network questo scoglio?

GIORGIA: «Partendo dal presupposto che le cattiverie sui social network le stanno già scrivendo, credo che ognuno di noi qualsiasi cosa faccia è sottoposto ad una gogna che puo essere anche mediatica e consumata sui social. Umilmente sono pienamente cosciente del privilegio che ho nella vita e della grande opportunità di poter pubblicare un primo libro con una casa editrice importante come Einaudi. Parlavamo prima dell’etica della fortuna e del merito. Oggi, il vero pericolo è quello dover sempre dire che ce la facciamo del tutto da soli, a prescindere. Pensa alla figlia di Johnny Depp che ha detto che nella vita ce l’ha fatta del tutto da sola, senza l’aiuto economico del padre…Vorrei che la gente potesse sentirsi libera di ammettere che la fortuna gioca un ruolo importante in quello che riusciamo ad ottenere nella nostra vita».

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vedono il “Domani” Gianrico e Giorgia Carofiglio quali sono le vostre speranze e le vostre paure?

GIANRICO: «Io sono appassionato di citazioni e per il mio Domani penso ad una frase di un socialista rivoluzionario del XIX secolo, Georges Sorel, di cui non condivido il pensiero generale ma che mi ha sedotto con una massima che recita: “L’avvenire appartiene a quelli che non sono disillusi».

GIORGIA: «Nonostante le apparenze io voglio guardare il Domani con ottimismo. Credo che in linea generare gli esseri umani tendono sempre a volersi salvare la pelle quindi anche sul tema del cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale penso arriveremo a una risoluzione che possa riuscire a salvare il nostro ambiente, è importante continuare a crederci».

Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.