“La satira è la mia arma più potente e divertente. Attraverso di essa, riesco a guardare il mondo con occhi ironici e critici, ma sempre con una buona dose di umorismo”. Così si apre il nuovo capitolo della vita di Francesca Reggiani, un viaggio affascinante attraverso le sue esperienze e riflessioni raccolte nel libro “Spettacolare finché c’è vita c’è satira”, pubblicato di recente dalle Edizioni La Lepre in collaborazione con Enrica Accascina. Nel testo, la biografia della Reggiani si dipana in modo coinvolgente, offrendo al lettore uno sguardo intimo sulle sue esperienze di vita familiare, le sfide affrontate come studentessa e giovane donna durante gli anni ’70 e ’80, fino alla scoperta della sua vocazione artistica con l’ingresso nella scuola di Gigi Proietti.

Dopo essersi diplomata presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico“, Francesca Reggiani ha affinato le sue abilità recitative lavorando al fianco di Proietti e di altri grandi maestri del teatro italiano. Le sue performance sul palcoscenico hanno spaziato dalla commedia classica al teatro contemporaneo, guadagnandosi il plauso della critica e del pubblico.

Ma è stata soprattutto in televisione che la comica romana ha conquistato il grande pubblico. Ha partecipato a numerosi programmi di successo, tra cui “La tv delle ragazze”, “Convenscion” e “Avanzi” dimostrando la sua versatilità e il suo talento nell’interpretare una vasta gamma di personaggi comici. La sua presenza sul piccolo schermo è diventata un punto di riferimento per gli amanti della comicità intelligente e della satira sociale. La sua capacità di portare sullo schermo personaggi vividi e irresistibili ha contribuito a consolidare la sua reputazione come una delle attrici più brillanti e amate del panorama cinematografico italiano.

In questa Video intervista Esclusiva nel Salotto di Domanipress abbiamo esplorato il mondo vibrante e unico di Francesca Reggiani, attraverso gli aneddoti e i monologhi che hanno plasmato la sua straordinaria carriera, scoprendo come la satira sia diventata il cuore pulsante della sua arte e della sua visione del mondo.

Francesca, solitamente il tuo habitat è il palco invece adesso ti troviamo in libreria con “Spettacolare – Finché c’è vita c’è satira”. Com’ è nata l’esigenza di scrivere un libro?

«Spettacolare – Finché c’è vita c’è satira è una raccolta di pezzi, che io ho pensato di unire, insieme a Enrica Cascina, che mi ha aiutato a scriverlo e a tirare giù dei miei ricordi e a far capire qual è stata la strada che ho percorso per arrivare a fare l’attrice»

Il tuo è stato un percorso difficile…

Si devi calcolare che quando io ero ragazza, quello dell’attore era uno dei mestieri più ambiti; io non avrei mai pensato di riuscire ad arrivare a fare qualcosa di concreto e in questo libro racconto come da ragazzina molto timida, più che altro isolata, sono arrivata fin qui».

L’arte della comicità racconti che era intrinseca dentro di te fin da bambina…

Ricordo che il primo giorno di asilo io ero molto timida e c’era un ragazzino inglese seduto vicino alla cattedra della maestra che mi guardava un po’ in cagnesco; a un certo punto ha preso una delle piantine grasse che aveva vicino, me l’ha tirata addosso e mi ha preso dritto in bocca. Per cui, la mia entrata in società è stata essere portata in ambulatorio per cercare di togliermi le spine con le pinzette. Da questo stato di timidezza, che mi portava a essere vittima degli altri, come capita spesso da ragazzini e adolescenti, racconto il mio percorso di crescita fino a voler fare questo mestiere e a riuscire a entrare in questo mondo». 

Un mestiere che hai affinato, anche grazie a tanti maestri che negli anni ti hanno accompagnato. Penso a Gigi Proietti, un nome tra tutti, che tra l’altro menzioni con affetto…

«Tutti hanno un maestro; la Gerini potrebbe aver avuto Verdone, io invece sono della scuola di Gigi. Quello che mi ha dato Proietti è ben scritto nel libro, c’è il nostro rapporto e l’importanza di aver frequentato una scuola con molti maestri eclettici; per esempio, c’era Ingrid Thulin, che forse oggi non dice nulla come nome, ma è stata una grandissima attrice di Bergman uno degli autori più importanti del cinema e del teatro scandinavo; c’era Rossella Falk, Panelli, addirittura abbiamo fatto due giorni con Lisa Minnelli; per come va il mondo, forse oggi questo nome non dice quasi nulla ai ragazzi». 

Spero di no…Il web è una fonte storica che spesso i giovani utilizzano per guardare al passato.

«È vero che abbiamo la possibilità di trovare tutto in internet e quindi di documentarci, però le cose corrono veloci. Quando io ero ragazza, la Minnelli aveva appena fatto Cabaret, un film molto importante in quegli anni, non ricordo se fu candidato agli Oscar, ma fu un grande successo. Lei venne due giorni a Roma tendendo seminari su come stare sul palcoscenico, su come camminare e sull’importanza, assieme a una serie di regole e di tecniche, della parola e della canzone a teatro»

La tua carriera è  luminosa e variegata; questi però sono tempi un po’ difficili, anche perché siamo reduci di un periodo umanamente complesso e abbiamo una guerra alle porte di casa…come si fa a divertire il pubblico? 

«Intanto, io non sono di quelle persone che pensano che si possa far ridere su tutto; per esempio, Ricky Gervais, uno che fa palco da solo, va giù molto pesante, è molto bravo, per carità, ma lui sostiene che si possa far ridere su tutto, malattie, lutti, guerre…; io non sono d’accordo, perché per esempio la guerra, a mio avviso, è una tragedia molto grande, della quale noi non ci rendiamo neanche conto, perché ce la siamo lasciata alle spalle con la memoria dei nostri nonni, dei nostri genitori, il concetto della paura, del terrore, il dramma che è la guerra, soprattutto, poi, quando si va a bombardare sui civili. I miei hanno lasciato in me molto vivo questo ricordo, anche perché per chi è nato negli anni Sessanta, la guerra era finita da poco, per cui rimaneva molto l’idea di miracolo della democrazia. Io durante gli spettacoli non tratto mai temi che possono essere tragici e drammatici per le persone e per le popolazioni; per cui, nel mio spettacolo tratto altri temi; per esempio, cerco di fare ironia sulla libertà di parola, sulla situazione economica in cui siamo, e via discorrendo, prendendo anche posizione, ma la butto abbastanza sul pop». 

A proposito di pop, è diventata virale una tua imitazione che contrappone due donne importanti, Giorgia Meloni e Concita De Gregorio, che hai messo in contrapposizione, risaltando le differenze tra queste due personalità. C’è della romanità che però viene declinata in maniera differente. 

«Intanto, è uno dei pezzi che troverete nel libro. Si tratta di un’intervista doppia, è stata abbastanza improvvisata, e questa è una cosa che mi piace, cioè il fatto di avere una scaletta, ma poi di essere liberi; se l’attore ci riesce, ovviamente, a me non riesce sempre, però quando si è “in grazia”, da una scaletta si riesce poi a improvvisare e trovo che sia una maniera divertente, ma anche seria di dire tante cose. E questo è il senso della satira. 

Roma è il filo conduttore che unisce questi due poli distanti…

Per quanto riguarda la romanità, sono due figure romane, o forse Concita De Gregorio non lo è nemmeno, ma in ogni caso, quando l’ho tirata fuori parola per parola per metterla nel libro, mi sono resa conto che funziona, fa ridere». 

Nel tuo libro parli anche del tuo rapporto con la tecnologia, che è un po’ di odio-amore. Come sono evolute le cose nel frattempo? 

«Bisogna imparare, però bisogna anche capire che ci sono persone che hanno vissuto metà della propria vita in un’epoca in cui non esistevano i cellulari. Pensa che io ho perso mia mamma molto presto e ricordo che negli anni Ottanta un giorno dissi a mia madre di immaginare come sarebbe stato se un giorno fossimo riusciti a uscire di casa, portandoci un telefono appresso e rispondendo mentre eravamo per strada. Lei mi disse che ero matta, senza sapere che di lì a breve sarebbe accaduto veramente. Per cui, nonostante tutti i vantaggi della rete, non dobbiamo dimenticare che c’è una parte della popolazione che ritiene che è difficile usarla; ora ci sono le pec, lo spid, pensa che c’è gente che va in posta e aspetta anche un’ora e mezzo o due, a una signora ottant’enne non puoi chiedere di prendere un appuntamento online, è tutto un mondo per cui bisogna un po’ studiare. Oggi la tecnologia, per esempio, dà anche la possibilità di fare una bella intervista come questa». 

Assolutamente e poi dà tanti spunti utili per un comico per far ridere. A proposito di questo: è difficile per un comico avere questo rapporto diretto con il pubblico, perché oggi, per esempio, qualsiasi cosa si dica, sembra che si possa offendere qualcuno, qualsiasi argomento si tocchi, c’è sempre qualche associazione che ha da reclamare. Cosa ne pensi del politicamente corretto?

«Diciamo che il blocco, per cui siamo tutti sotto una cappa di perbenismo, e per questo tutti cerchiamo di essere, come si dice oggi, politically correct è costituito anche dalla rete, lo shit-storm, i social, per cui se uno dice una cosa, poi viene preso di mira. Per esempio, Piero Fassino, che era un politico del PD di qualche anno fa, era molto alto e molto magro, ma se tu dici: “Piero Fassino è magro come un chiodo”, l’ultimo a offendersi sarà Piero Fassino, perché prima scendono in campo i magri e i chiodi che ti insultano per mesi. Per cui c’è il fatto di dire le cose con garbo, ma anche di rivendicare una libertà di espressione, anche perché l’arte sta nel mondo, nell’arte e l’artista quando si esprime, attraverso il suo mezzo, svela sé stesso, prende posizione ed è giusto così». 

“Spettacolare” è nel titolo del tuo libro, ma è anche il titolo di un tuo spettacolo. Qual è stato il momento che hai vissuto sul palco e che reputi il più spettacolare di tutti. 

«Spettacolare è la vita tutti i giorni. Per fortuna, io sono abbastanza ottimista , per il momento non ho sviluppato nessuna forma di depressione, che poi è il male dei nostri tempi, c’è un sacco di gente che soffre di depressione; io ho anche un autore bravissimo, che però a volte va un po’ giù con l’umore,  penso che il bello e il meglio debba sempre venire. Ci sono tanti momenti significativi; sul palcoscenico, soprattutto i primi anni, quando mi sono resa conto che aldilà delle commedie, in quel periodo facevo tanta televisione, hai questa bellissima sensazione di comunicazione con il pubblico e anche di piacere mio di esibirmi. Io ricordo la prima volta quando ho visto gli One man show di Gigi Proietti, che è stato un grande attore, ma anche maestro di tanti, ma mai avrei pensato di percorrere questo sentiero, perché ci possono essere bravissimi e meravigliosi attori in battuta di commedie, di drammi e via dicendo, che però non hanno la tendenza allo show, perché questo significa che ti esibisci davanti a mille persone come se niente fosse, ti senti come un piede in una pantofola; l’insegnamento di Gigi è un ricordo che mi fa molto piacere ed è lo stesso che vado cercando tutte le volte che entro in scena». 

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Francesca Reggiani, quali sono le tue speranze e le tue paure?

«Il Domani è incerto ma dobbiamo combattere insieme per costruirlo. Credo che siamo a un punto in cui ognuno di noi dovrebbe anelare alla pace, questa è l’unica cosa che conta». 

Intervista esclusiva a cura di Simone Intermite

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.