Che cos’è un eroe? È un supersoldato riportato alla luce dopo settant’anni? È un uomo dentro ad una scintillante armatura ipertecnologica? È un Dio asgardiano dai poteri ultraterreni? Oppure è un uomo diavolo senza paura che si aggira per le poco rassicuranti strade dei sobborghi di Hell’s Kitchen? No. Il vero eroe è piuttosto tutta quella gente comune che con le sue sole forze, per niente straordinarie, deve cercare di sopravvivere in mezzo ad una folta giungla di supereroi e di supercriminali che di continuo si danno battaglia. La seconda stagione di “Daredevil” si chiude così attraverso questo potente messaggio, metafora dell’uomo ordinario che con coraggio e tenacia, senza l’ausilio di capacità sovraumane, affronta la dura quotidianità di tutti i giorni.
La seconda stagione, come la precedente targata ancora Netflix, prende in consegna le linee guida della prima, evitando però di ripetersi. Difatti, nelle nuove avventure del diavolo di Hell’s Kitchen rivivono (ma lette da un’altra prospettiva) la violenza dal gusto vagamente tarantiniano scevra da qualsivoglia dolcificante; il conflitto ideologico che procede intensamente e di pari passo con quello fisico; il doveroso spazio concesso alla riflessione; le molteplici sfaccettature del profili psicologici dei vari personaggi sottolineanti la labilità del confine tra bene e male, ed una regia che vuole osare (e lo fa bene) tra piani-sequenza che richiamano la stagione antecedente , slow motion dosate con perizia nei duelli marziali, nonché giochi di luci ed ombre tipici del noir, e del genere horror.
Ovviamente, nel corrente serial ritornano Matt Murdock e le sue gesta da vigilante mascherato. Tuttavia, qui la lente di ingrandimento viene spostata sulle figure di Frank Castle/The Punisher e di Elektra Natchios. La cosa più interessante di Frank Castle (interpretato da un Jon Bernthal tutto umanità e vigore) è che pur compiendo dei delitti efferati rimane comunque difficile odiarlo, perché agisce dietro a delle motivazioni e ad un preciso codice morale, che da un certo punto di vista potrebbero essere totalmente legittimati. Dunque, si rivela profondissima la divergenza e la lotta di pensiero fra il più moderato Matt Murdock, ed il vendicativo Frank Castle. Una battaglia filosofica a cui è difficile dare una risposta definitiva. Quanto ad Elektra, impersonata da una sensuale e letale Élodie Yung, la sua entrata in scena si dimostra un valore aggiunto allo scioglimento narrativo della serie, dato che vi introduce delle importanti retrospettive al suo personaggio ed a quello di Daredevil, in parte ispirate a “L’uomo senza paura”, il ciclo fumettistico scritto da Frank Miller e illustrato da John Romita Jr.
Spesso, in “Daredevil”, il passato (felice o doloroso che sia) si scontra violentemente con il presente, per poi sfociare in travolgenti risvolti emozionali che approfondiscono ancora di più la personalità ed il vissuto di ciascun personaggio. Oltretutto, in alcuni frangenti la serie trasuda di un marcato erotismo e tratta con delicatezza il dramma interiore che si consuma nella mente di chi è stato congedato dal fronte di guerra. Infine, non mancano anche taluni riferimenti a pregevoli pellicole supereroistiche e non quali “Kill Bill Vol. 1”, i “Batman” di Christopher Nolan e lo “Spider-Man” di Sam Raimi.
In pratica, la seconda stagione di “Daredevil” eguaglia la prima a prescindere da qualsiasi lato la si guardi, trasposta in tredici palpitanti episodi che mantengono costantemente vivi l’attenzione, ma soprattutto il cuore e lo spirito dello spettatore.
Gabriele Manca