Il breve romanzo dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo, è un avvincente esempio di giallo all’italiana.
E’ ambientato nella Sicilia degli anni sessanta e narra le vicende del noto professor Laurana, il quale comincia a interessarsi di un caso di duplice omicidio avvenuto nel suo paesino. La storia è narrata nella maniera in cui un po’ tutti siamo ormai abituati a sentire riguardo ad avvenimenti del genere nella regione in questione (anche se spesso solo per leggenda, principalmente perché la situazione in quest’area d’Italia pare non sia più esattamente quella di un tempo, ma si è evoluta grazie al cielo): accade qualcosa è nessuno vuole dire nulla, anche se molto probabilmente tutti sanno.
I personaggi sono quelli che ci si aspetterebbe in racconti simili: dai notabili di turno alla bella vedova che popola le fantasie degli uomini del posto, fino alla gente più comune, essenziale per la buona riuscita della narrazione.
Soltanto il professore, non si sa bene se per senso di giustizia o ingenuità (leggi pure “stupidità”, giacché egli sarà persino deriso dai suoi compaesani), vorrà arrivare in fondo alla vicenda, inteso bene: a suo rischio e pericolo. Ed in fondo alla questione ci arriverà davvero, a sue spese, scoprendo intrighi e malaffari che purtroppo non ci parlano di un mondo ormai passato, ma anzi, compaiono quotidianamente come casi di cronaca nera cui siamo bombardati, ma ai quali spesso distrattamente facciamo caso, per saturazione. Siamo, infatti, oramai tristemente giunti a un punto in cui tutto è talmente ordinario da risultare quasi normale, come per gli antichi romani lo era assistere ai cruenti spettacoli negli anfiteatri o per i tedeschi uccidere gente considerata inferiore sol perché non appartenente alla razza ariana.
Nella sua tragicomicità, però, il romanzo potrebbe essere considerato un po’ uno degli antenati dei moderni racconti del Commissario Montalbano di Andrea Camilleri se vogliamo.
E’ un’esortazione per ognuno a farsi l’undicesimo comandamento per campare cent’anni o, come ci direbbe un puro siculo: “Fatti i cazzi tò”!
Patrizia Pecoraro