Il romanzo La strada di Swann di Marcel Proust non è una lettura facilissima da fare, principalmente a causa dei lunghi tempi di narrazione cui la gente, o almeno parte di essa, ormai non è più abituata ad affrontare nel quotidiano. L’aggiunta di digressioni non semplifica il compito, eppure l’opera resta ancora molto conosciuta e apprezzata.
Se si va in fondo a quanto detto finora, ci si potrà immergere in un’atmosfera lontana nel tempo, e a molti di noi anche nello spazio essendo il racconto ambientato nella Francia di fine ottocento, e si potrà godere dei piaceri della narrazione dei ricordi; tutto il romanzo è infatti incentrato sulla rievocazione, da parte dell’autore, di un passato legato alla sua infanzia, ai luoghi cari ad essa connessi e, soprattutto, alle persone che la popolavano.
Tutto prende avvio da un tipico dolce francese (madeleine) inzuppato in una tazza di tè, capace di far riaffiorare nella mente del narratore ricordi appartenenti a un passato lontano, ma che quella sorta di coperchio del vaso di Pandora ha risollevato facendoli apparire ancora vivi.
Potrà risultare facile per il lettore identificarsi in un Proust che vede nell’aristocratico, ma assolutamente non convenzionale, signor Swann uno dei miti, se non “il mito” della propria infanzia, oppure, se si è tra i pochi fortunati (secondo i punti di vista) immedesimarsi addirittura nello stesso Swann, che vive la sua vita seguendo i piaceri che essa ha da offrire, finché non s’innamora di una donna che probabilmente ha meno di altre, ma che riesce ad innescare in lui un cambiamento che lo porta, del resto, come altri comuni mortali, a sperimentare le pene d’amore..
Quanti di noi, almeno una volta nella vita, e giusto o sbagliato che sia, non si sono trovati nella condizione dell’autore, tesi quasi in adorazione verso qualcuno cui volevamo somigliare, se non essere?
La strada di Swann mette in circolo meccanismi psicologici che potrebbero appartenere a tutti noi, facendo si che continui a essere un capolavoro.
Patrizia Pecoraro.