Dopo l’ ultima commedia del 2014 “Gli amanti passeggeri”, l’originale regista e produttore Pedro Almodovar ritorna al cinema con un suo nuovo lavoro “Julieta” riscuotendo come di consueto diverse e divergenti critiche. Il cineasta catalano-madrileno ancora una volta divide la critica in due parti…si sa ,un autore poliedrico ed “estremo” come lui, o si ama o si odia.
Julieta è una pellicola che già dalle prime immagini porta i segni dello stile e della firma del suo grande autore . Con questa storia il regista ritorna alla tragedia, la sua vera essenza, ed a esplorare il travagliato e sofferente mondo femminile.
Il film è, come quasi tutte le opere di Almodovar , quella che io amo chiamare, una “tragipoesia” in cui la nostalgia, il romanticismo, la sofferenza interiore, e tutto quel mondo che si può considerare tragico, vengono rivestiti di un alone poetico e misterioso. Anche Julieta, come tutti i protagonisti Almodoriani impersonifica un dramma umano, una vita sempre sull’orlo della disperazione ed un ritorno a sé stessi.
La protagonista è una donna che dopo aver perso il gande amore della sua vita, smarrisce sè stessa cadendo in una profonda depressione. Frutto di questa relazione è una bambina, che una volta cresciuta, all’improvviso abbandona la madre senza lasciare alcuna traccia. Dopo anni di silenzio e di rassegnazione Julieta decide di scrivere una lettera alla figlia in cui le racconta la storia della loro vita cercando di espiare i sensi di colpa che da anni la tormentano.
La stesura dello scritto è un viaggio a ritroso ed è la storia dell’intero film.
In Julieta come in Volver, Habla con ella e Todo sobre mi madre, ritroviamo alcuni elementi fondamentali della narrativa del suo autore: il senso di colpa, l’autoanalisi, il ritorno al passato, un destino ridondante che sembra scalfire le anime dei suoi protagonisti.
La psicoanalisi e Freud ma forse ancora di più la “psicomagia” colora a tinte forti e accese tutta la storia.
Julieta e del resto tutti i personaggi di Almodovar hanno un aurea surrealista, misteriosa e in qualche modo “perversa”, sembrano vacillare tra il sogno e la realtà lasciando lo spettatore “dolcemente scioccato”.
Particolate attenzione è data ai colori: tinte forti e decise, fantasie e sfumature son ben incastrate in tutti gli elementi delle scene (abiti dei personaggi, mobilio, oggetti).
Colpisce molto la fotografia, scenografie ed il montaggio.
Ciò che è costante nell’intera narrazione sono le citazione e riferimenti all’arte in tutte le sue forme: la scultura, la pittura, il teatro ed in particolar modo la tragedia greca.
Julieta non lascerà sicuramente delusa quella fascia di pubblico amante del cinema intimistico, bizzarro, crudo e folle che con grande poesia riesce a rappresentare Almodovar.
Vorrei chiudere in maniera azzardata e con una domanda che mi “tormenta”…
Non sarà che dietro la scelta del nome, del caschetto biondo della nostra tormentata e bizzarra protagonista ci sia la grande “Giulietta degli spiriti” di uno dei più grandi maestri della storia del cinema italiano ed internazionale??? A voi il dubbio…che anche questo è almodoriano!
Carlotta Bonadonna