“Foxhole: Entranched” è un gioco ancora in Early Access lanciato il 27 luglio 2017, ma che finora è passato praticamente inosservato per poi detonare in termini di popolarità solo nell’ultimo anno (la quantità di aggiornamenti e update dal 2017 fino ad oggi è incalcolabile).
Foxhole si descrive come un “Massive Multplayer Online Costant Warfeare”.
Funziona così: appena avviato il gioco ci viene chiesto di scegliere una tra due fazioni, i “Warden” o i “Colonials”. Queste sono due nazioni fittizie i cui stili riportano a vari elementi (a livello estetico) degli eserciti della prima e seconda Guerra Mondiale. Non sono due fazioni che vogliono ammiccare particolarmente a un esercito o a un altro, entrambi gli eserciti incorporano elementi (dalle armi alle divise ai veicoli) di tutte le fazioni belligeranti dell’epoca, pur tenendo uno stile proprio. Il colore rappresentativo dei Colonias è il rosso, mentre i Warden sono blu e tanto basta.
Dopo aver scelto la nostra fazione ci viene presentata una mappa dell’intero mondo di gioco diviso in territori, con le regioni più “calde” del conflitto evidenziate. Quindi dovremo selezionare una regione e… trovare il nostro posto all’interno della macchina bellica. Che vuol dire?
Ogni cosa (intendo OGNI cosa) all’interno di Foxhole è gestita in prima persona dai giocatori. Quel fucile che tenete in mano? E’ stato scelto e consegnato al posto di comando dove vi è stato assegnato da un altro giocatore addetto alle linee di rifornimento. Quel proiettile di artiglieria che vi ha appena fatto saltare in aria piovendo da chissà-dove? Un giocatore lo ha preso, caricato all’interno di un pezzo di artiglieria, poi un altro giocatore munito di binocolo ha tracciato le coordinate del bombardamento e un terzo giocatore ha regolato l’alzo del cannone e ha premuto il grilletto, spedendo un proiettile da mezza tonnellata prima su per il cielo e poi direttamente sulla vostra testa. Quel carro armato? Non solo c’è un giocatore che guida, ma ce ne è uno che spara e un altro addetto all’osservazione dall’apposita botola sopra la torretta, inoltre ma almeno altri due giocatori si sono occupati del rifornimento di benzina per farlo camminare e un altro (il quinto, in questo esempio) ha supervisionato il caricamento delle apposite munizioni. La trincea dove vi state riparando? Non è un elemento della mappa di gioco, è opera di un altro giocatore addetto alla costruzione delle linee difensive, che ha scelto il posto, il tipo di struttura e si è dato da fare con la sua pala e ha disposto il filo spinato metro per metro.
Entrambi gli eserciti di Foxhole sono come un enorme e perpetuo formicaio dove i giocatori devono tassativamente cooperare, altrimenti non avranno nemmeno le munizioni da mettere nelle armi (e nemmeno le divise da indossare!).
Non ci sono “match” o “partite” in Foxhole. L’intero mondo di gioco (immenso e che comprende molti scenari diversi, tipo montagne, città, pianure, mari, fiumi etc…) può essere attraversato a piedi da una parte all’altra senza bisogno di schermate di caricamento e non c’è nessuna “pausa”. Ogni “guerra” di Foxhole appena inizia non si ferma finché una delle due fazioni non conquista abbastanza punti chiave della mappa. Se uscite dal gioco e rientrate non troverete il fronte come lo avete lasciato. La guerra và avanti, 24 ore su 24 non-stop, con giocatori da tutto il mondo che entrano ed escono dal server a ogni ora del giorno e della notte.
Foxhole sembra un gioco eccessivamente complesso e può intimorire i nuovi giocatori, ma Foxhole è riuscito a catturarmi e a farmi sentire a mio agio nonostante tutto. Questo per due ragioni: la prima è che, in realtà, il gioco non è complicato come sembra. Certo, c’è un mucchio di roba da fare, ma non è difficile capire “come” farlo. Alla fine che si tratti di muoversi e sparare, fare da fattorino per le munizioni o soccorrere un compagno ferito, userete sempre gli stessi tasti, ci vuole un po’ per entrare nell’ottica ma alla fine tutto diventa intuitivo. La visuale è isometrica, con vista dall’alto incentrata sul nostro personaggio e permette il giusto livello di controllo delle nostre immediate vicinanze.
Il secondo motivo, quello principale, è che comunque vada non sarete mai soli. L’abilità più importante non è essere “bravi” nel gioco in sé, ma sapersi coordinare con i vostri compagni di squadra (avere un microfono o saper usare la chat di gioco è assolutamente essenziale. Ovviamente dovete saper masticare un inglese quantomeno passabile). Dal momento che ogni risorsa è condivisa tra tutti i giocatori, non basta fare fuori i giocatori nemici, ma dobbiamo anche assicurarci di tenere in vita i componenti della nostra fazione. Salvare un compagno ferito vale tanto quanto mettere fuori combattimento un soldato nemico.
Ovviamente rubare le risorse nemiche come munizioni, veicoli o altri equipaggiamenti è un attività lecita e incoraggiata.
Non preoccupatevi di apparire incompetenti e non lasciatevi intimorire se non avete compreso a fondo ogni singola meccanica, c’è sempre un altro giocatore pronto a spiegarci cosa fare o a invitarci ad aiutarlo.
E’ questo ciò che davvero seduce in questo gioco: la community online. Fin dal primo giorno non mi è mai capitato di sentirmi escluso, inutile al mio team o fuori posto (fosse anche solo per attirare il fuoco nemico ma, ehi, qualcuno deve pur farlo). La prima cosa che faccio appena entrato in un server di questi giochi è fermare il primo giocatore che passa e chiedere “Ehi! Di che cosa c’è bisogno?” spesso non devo nemmeno chiedere, sarà un altro giocatore a dirmi “Ehi! Tu, nuovo arrivato! Non stai facendo niente? Vieni con noi, ci serve un mitragliere/medico/addetto al puntamento/scudo umano!”
E’ immensamente divertente perché è incredibile quante tattiche creative si possono improvvisare con degli sconosciuti incontrati su internet. Specie quando la situazione si fa difficile e tutti devono collaborare per strappare la vittoria dalle fauci della sconfitta. E non ho mai sentito nessuno lamentarsi per “aver perso” perché anche nel fallimento è comunque divertente (e non c’è niente di più galvanizzante di riunirsi dopo una sconfitta e architettare una rivincita).
Francesco Viglione