Se anche voi siete stanchi del periodo di Febbraio che vede un’ostinata celebrazione dell’ormai celeberrimo Festival di Sanremo, sicuramente cercherete delle alternative per passare quei giorni lontani dalla televisione.
Perchè non passarli guardando una serie tv che magari avete sempre preso sotto gamba o vi eravate prefissati di vedere un giorno?!
Il 2019 appena passato ha di certo portato alla ribalta serie di grande qualità registica e narrativa, molto spesso però, come dice il vecchio detto, ci facciamo ingannare dalla copertina o da un titolo poco accattivante che non invoglia alla visione.
Di recente un genere in particolare ha iniziato a prendere piede all’interno delle piattaforme in streaming come Netflix o Amazon Prime.
Parliamo delle serie antologiche.
Sicuramente avrete almeno una volta sentito parlare di Black Mirror, mini-storie da un’ora circa l’una che indagano sullo sviluppo della tecnologia ed il suo rapporto con l’essere umano, attaccato a quello che oramai possiamo considerare normale: l’occhio sempre puntato allo “schermo nero” di un dispositivo.
Racconti per molti versi decisamente agghiaccianti, ma che rispecchiano una realtà incredibilmente vicina alla nostra ed in continua evoluzione.
Ma è sulla sua onda che nasce una serie nuova e non da molti conosciuta.
Love + Death =Robots è un piccolo gioiello antologico di grande valore al quale vale la pena di dare un sguardo molto approfondito.
La serie è anch’essa basata su storie brevi di genere fantascientifico, in cui molto spesso i temi riguardano la tecnologia, la filosofia, la progressione e la distopia. Il tutto vede l’utilizzo di tecniche miste di disegno, ripresa e grafica, con protagonisti profondi ed estremamente introspettivi.
Ogni storia è una metafora della realtà ed ogni puntata ci trasporta in posti diversi del mondo, situazioni di distruzione o di creazione e con un’atmosfera che lascerà allo spettatore molto su cui pensare durante i titoli di coda.
Non si potrà rimanere indifferenti al fascino della filosofia di “Zimablue“, vagamente ispirata al tema di “Quarto Potere” di Welles, ai loop temporali di “Il Testimone” e “Oltre Aquila” e alla incredibile analisi della progressione meccanica di “Buona Caccia”.
Questi sono solo pochi titoli consigliati, nulla togliere alle altre puntate che nascondono un messaggio senza dubbio forte e d’impatto emotivo oltre che visivo.
Particolare è l’utilizzo del nudo all’interno degli episodi, in grado di non generare fastidio eccessivo e per niente volto ad un fine volgare per la trama. Il nudo si rivela estremamente naturale tanto quanto un personaggio vestito, creando una nuova chiave di lettura della serie in cui la stessa si fa promotrice di un modo di vedere il corpo in maniera umana e fuori dal tabù del pudore.
Una serie dall’aspetto volutamente provocante che non va lasciata scappare, soprattutto ora che da poco Netflix ha annunciato il suo secondo volume che i fan più accaniti aspettano con impazienza. Da vedere nell’ordine che si vuole, ma con la mente abbastanza fredda da poter capire il significato concettuale dietro ogni storia.
Serena Marletta