“Davanti ad un problema serio la paura è lecita. Siamo umani ed inevitabilmente cediamo di fronte alle difficoltà che colpiscono il mondo in cui viviamo. Il coronavirus esiste, inutile negarlo. Eppure, proprio come è accaduto nelle giornate della settimana della moda milanese “the show must go on”. È così che la moda, anche solo per poche ore, è riuscita a scansare l’apprensione generale e a strappare nuovamente quei sorrisi recentemente cancellati dal timore.”
Chi (come la sottoscritta) ha parte della famiglia collocata in pianta stabile “su al nord”, sa perfettamente che ci sono alcuni periodi dell’anno in cui acquistare un biglietto andata/ritorno con Italo, Trenitalia o quel che sia, equivale a spendere parte considerevole del proprio stipendio.
Questo avviene conseguentemente ad eventi specifici: il Natale, Il Fuorisalone, il notissimo “derby della madonnina” e durante la settimana della moda milanese, meglio conosciuta come “Milano Fashion Week” (perché in inglese si sa, tutto appare più figo). Due volte l’anno, prima per le collezioni Autunno/Inverno (AW) e poi per quelle Primavera/Estate (SS), su Milano puntano i riflettori di tutto il mondo moda, di chi ne è già parte e di chi aspira a diventarne.
L’intera città diventa un palcoscenico: sfilate, presentazioni, eventi continui. Per la gioia degli albergatori la richiesta di camere dove alloggiare sale vertiginosamente (come anche i prezzi d’altronde) e senza neanche che vi sia il tempo di accorgersene Milano “adotta” per qualche giorno migliaia di nuovi meneghini, tra cui star internazionali e personaggi più o meno noti del mondo dello spettacolo. Dal 18 al 24 Febbraio la città è culla del celeberrimo “Made in Italy”: anche se poi, di realizzato realmente in Italia rimane ben poco.
La settimana della moda rimane comunque un’occasione per dare nuove forme alla propria essenza. È quel momento in cui i designer scelgono di reinventarsi, di non scadere nel banale senza però tradirsi, rimanendo comunque fedeli alla propria filosofia e visione artistica.
Guardare in modo diverso ma sempre con gli stessi occhi: questa è la vera chiave del successo.
Per questo neanche questa volta Alberta Ferretti rinuncia alla sua amatissima pelle, così come Marras continua a strizzare l’occhio all’arte surrealista e Dolce&Gabbana conferma il pizzo come proprio marchio di fabbrica. Come da tradizione Fendi non abbandona le sue pellicce, di anno in anno sempre meno “pesanti”. Elisabetta Franchi attinge nuovamente alla sua palette di colori chiari e Max Mara al suo iconico “camel”. Continua il viaggio a spasso nel tempo di Gucci che alterna abiti da corte a jeans strappati, ironia e colore rimangono invece i mantra di Moschino. Il velluto è ancora fedele compagno di Giorgio Armani così come il nero accostato a tinte fluo per Versace. La passerella diventa, proprio come una tela, il luogo fisico in cui l’artista da’ sfogo alla propria vena creativa, dipingendo il mondo per come ama vederlo. Tradotto: fa indossare a modelle pazzesche di fama mondiale, abiti con cui, secondo la propria visione, l’intero universo femminile dovrebbe scegliere di vestirsi. Tra i “Big” aprono Gucci e Alberta Ferretti. A chiudere Giorgio Armani da bravo padrone di casa.
La MFW è un attimo, un momento di straordinaria follia, un’estraneazione dal mondo reale che cattura chiunque ami la moda, chiunque si lasci consapevolmente abbagliare da colori e sfavillii preziosi. Intensa, troppo breve a detta di molti.
Non disperate però, Milano passa il testimone a Parigi. La rivalità tra Italia e Francia è storicamente rinomata: chi avrà la meglio quest’anno?
Cristina Ciurleo