La ribellione in alta quota: dentro il fenomeno del climbing urbano

Negli angoli nascosti delle città, mentre la maggior parte di noi si muove tra strade affollate e grattacieli, una sottocultura audace emerge: quella dei climbers urbani. Questi giovani sfidano la gravità e le convenzioni sociali scalando edifici, monumenti e strutture senza alcuna attrezzatura di sicurezza. Non è solo una ricerca di adrenalina, ma una vera e propria dichiarazione contro la monotonia della vita urbana.

I pionieri del climbing urbano

Il climbing urbano non è una novità assoluta. I suoi pionieri risalgono agli anni ’80, con figure come Alain Robert, il cosiddetto “Spiderman francese”, che ha scalato alcuni degli edifici più iconici del mondo. Tuttavia, nell’era dei social media, questa pratica ha conosciuto una rinascita. Le imprese che un tempo erano seguite da pochi appassionati ora raggiungono milioni di visualizzazioni su piattaforme come Instagram e YouTube.

Il fascino del rischio

Per i climbers urbani, la città è un parco giochi verticale. La bellezza di queste imprese sta nell’immediatezza e nell’improvvisazione. Senza corde né imbracature, ogni mossa deve essere perfetta, ogni presa sicura. È un gioco di strategia e coraggio, dove l’errore non è un’opzione. La posta in gioco è altissima: una caduta può significare la morte.

Ma cosa spinge questi giovani a rischiare la vita? Per molti, è la ricerca di un momento di pura libertà, lontano dalle restrizioni della vita quotidiana. Per altri, è una questione di ego e notorietà, con i social media che offrono una piattaforma per raggiungere una fama istantanea.

Il Boom dei Social Media

Instagram, in particolare, ha avuto un ruolo fondamentale nel portare il climbing urbano alla ribalta. Le immagini mozzafiato di scalate clandestine raccolgono migliaia di like e commenti. I video, spesso accompagnati da musica ad alto impatto, raccontano storie di coraggio e follia. La comunità dei climbers urbani è strettamente connessa, con molti che si scambiano consigli e supporto attraverso le piattaforme digitali.

La scalata del Duomo di Milano: Il caso Dedelate

È in questo contesto che si inserisce l’ultima impresa di Dedelate, un giovane climber che ha deciso di scalare il Duomo di Milano fino alla Madonnina. In un carosello su Instagram, pubblicato giovedì scorso, Dedelate ha condiviso le immagini e i video della sua audace scalata. Il ragazzo appare inizialmente in maglietta e poi a torso nudo, mentre si arrampica con agilità tra le guglie del Duomo. Il tutto, senza alcuna traccia del maltempo che ha colpito Milano nei giorni precedenti, lasciando intendere che la scalata potrebbe essere avvenuta in un momento diverso da quello della pubblicazione.

Il post è accompagnato da una didascalia ironica: “questa ragazza voleva tenersi la mia maglietta”. Successivamente, Dedelate ha chiesto ai suoi follower di condividere il video della scalata nelle loro stories: “Non vi ho mai chiesto niente ma oggi vi chiedo un repost”. La risposta è stata immediata e virale, attirando non solo l’attenzione del pubblico ma anche quella delle forze dell’ordine, che ora indagano sull’accaduto.

Il fenomeno del climbing urbano continua a crescere, alimentato dall’adrenalina e dal potere dei social media. Le imprese di questi giovani scalatori sfidano le leggi e i limiti umani, trasformando la città in un palcoscenico per le loro avventure. Tuttavia, con l’aumentare della notorietà, aumentano anche i rischi e le conseguenze legali. La scalata del Duomo di Milano da parte di Dedelate è solo l’ultimo esempio di un trend che non mostra segni di rallentamento. Mentre il mondo guarda con stupore misto a preoccupazione, una cosa è certa: i climbers urbani sono qui per restare, arrampicandosi sempre più in alto verso la prossima grande impresa.

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