In questo ultimo mese non si fa che parlare della nuova serie Netflix, The Queen’s Gambit (La regina degli scacchi) di Scott Frank e Allan Scott, che ruota intorno ad uno dei passatempi erroneamente attribuiti alla fascia più vecchia della società: il gioco degli scacchi.
Nel grande schermo (Il settimo sigillo di Bergman) e nella letteratura (La difesa di Lužin Vladimir Nabokov) le partite degli scacchi diventano sempre allegorie della vita e la nostra serie non fa eccezione. La trama è tratta dall’omonimo romanzo di Walter Tevis del 1983, scrittore del Lo Spaccone, dalla quale deriva il film di Robert Rossen, e L’uomo che cadde sulla Terra. The Queen’s Gambit “Il gambetto di donna” richiama la mossa di apertura usata dalla protagonista nelle partite. Il titolo riecheggia anche la strategia della Regina, allegoria del personaggio principale, di porsi a gamba tesa in un mondo in cui la maggior parte dei giocatori sono uomini.
«La scacchiera è il mondo. I pezzi sono fenomeni dell’universo. Le regole del gioco sono le leggi della natura e l’altro giocatore è nascosto a noi» (La regina degli scacchi)
La storia, narrata dal libro e dalla serie, si svolge nel pieno della guerra fredda tra Stati Uniti e Russia, che si riflette in ogni aspetto, anche in quello culturale. La competizione degli scacchi tra USA e la Russia è ai massimi livelli e quest’ultimi primeggiano sugli americani. I due popoli hanno due approcci differenti verso il gioco degli scacchi: i campioni americani si considerano alla pari delle star, mentre i secondi sono portatori di un vero e proprio amore per il gioco. La passione russa per gli scacchi è visibile nella serie attraverso l’atteggiamento dei campioni russi e della gente comune che ogni mattina si reca in strada a Mosca per giocare.
Nello sfondo degli anni Cinquanta si narra il percorso di una bambina orfana che, tramite la sua innata dote per il gioco degli scacchi, riesce a riscattare la propria vita. Sebbene il plot della trama possa sembrare molto classico, la serie possiede delle eccezionali caratteristiche che catturano lo spettatore. Una di queste caratteristiche è sicuramente l’interpretazione magistrale di Anya Taylor-Joy che ricopre il ruolo della protagonista Elizabeth Harmon. Risultano vincenti anche l’estrema attenzione per il dettaglio estetico dei costumi (ideati da Gabriele Binder), della scenografia e della fotografia che vengono curati in maniera quasi maniacale. Il tema principale della serie viene riproposto di continuo all’interno della sceneggiatura; la scacchiera compare sulle pareti, sugli abiti, nei liquidi, richiamando l’ossessione per il gioco della protagonista.
Una ricerca realistica da parte della troupe della serie che riporta, nelle partite giocate da Beth, tutte mosse prese da competizioni reali. Per garantire l’autenticità di queste verosimiglianze, hanno lavorato come consulenti della serie i campioni Bruce Pandolfini e Gary Kasparov, i due massimi maestri di scacchi ancora in vita.
Un aspetto molto ben riuscito è l’aver caratterizzato la protagonista come una vera e propria eroina, dotata di un grande dono, ma anche di grandi debolezze. Quest’ultime sono le dipendenze dagli psicofarmaci e dall’alcol, che verranno superate dalla protagonista attraverso l’abbandonando del proprio individualismo e accettando l’aiuto dei suoi amici.
La tematica femminile è ovviamente uno dei pilastri centrali della serie. L’universo degli scacchi è uno dei tanti mondi consideranti per soli uomini. Una cruda realtà confermata anche dalla scacchista italiana di origine ucraine Elena Sedina (classe 1968) che afferma la minoranza del genere femminile, ridotto al 10%. Beth attraverso l’intelligenza riesce a dominare e a primeggiare in un mondo limitato alle donne. Le vittorie diventano vere umiliazioni per gli sfidanti uomini e le perdite vengono percepite da Beth come sconfitte personali.
Insomma, un American dream diverso e profondo in cui vengono omaggiati tre elementi chiave: l’intelligenza, la determinazione e l’impegno. Caratteristiche che oggi vengono spesso offuscate in nome di una via più semplice da percorrere, basata unicamente sull’aspetto estetico e la popolarità sui social.
«È il tuo destino, afferralo!» (La regina degli scacchi)
Maria Del Vecchio