Ironica, intelligente ed artisticamente multiforme, Veronica Pivetti nella sua brillante e solida carriera ha saputo spaziare tra orizzonti diversi portando in ognuno di essi la sua personalità colorata e seducente conquistando ad ogni traguardo raggiunto il grande pubblico che l’ha accolta come uno dei volti dello spettacolo tra i più amati, un’amica della porta accanto di cui ci si può fidare e con cui è sempre piacevole frequentarsi. La regista, attrice, conduttrice televisiva dopo aver raggiunto i palchi più importanti d’Italia in veste di attrice, realizzato fiction di successo ed aver partecipato a trasmissioni televisive iconiche come il Festival di Sanremo e culturali come il recente “Le parole” di Massimo Gramellini, è oggi anche una scrittrice affermata che giunta alla sua quinta pubblicazione ha deciso di sparigliare le carte e puntare su un un genere letterario per lei inesplorato ed inedito. Queste sono le premesse per il suo ultimo romanzo edito da Mondadori intitolato “Tequila Bang Bang” un giallo, così come ricorda la sua copertina sgargiante, che racconta la storia di tre donne: la protagonista, il suo ex marito e sua madre che si ritrovano a trafficare con i narcos messicani tra abiti griffati Louboutin tacco 13 in antitesi a sangue, massacri, cervelli spappolati, occhi infilzati e pericolose trappole mortali in un crescendo splatter che riesce far invidia a Quentin Tarantino. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro Salotto Digitale Veronica Pivetti per parlare con lei di questa nuova stagione della sua carriera artistica tra confessioni in stile pulp fiction e qualche sana risata, antidoto essenziale per superare i tempi difficili del nostro vissuto contemporaneo.
Veronica, questo è il tuo quarto romanzo, ormai possiamo dire che ti sei guadagnata sul campo il ruolo di scrittrice…
«Scrittrice mi sembra un parolone ma effettivamente adesso posso dire di aver realizzato anch’io una piccola bibliografia…».
In questo nuovo lavoro “Tequila bang bang” ti sei cimentata con il genere del romanzo giallo indagando tra crimini e dinamiche legate al narco traffico non perdendo di vista la tua vena ironica e disincantata. Come mai questa scelta?
«Essendo molto buona nella vita ho ritenuto che si potesse raccontare il crimine in maniera comica (sorride). Mi ci è voluto un anno di lavoro in una storia come questo è necessario conciliare la fantasia dello scrittore con l’essere arbitrari. In un giallo i conti devono tornare non si può lasciare nulla al caso ed è necessario documentarsi affinché la storia risulti verosimile. Mi piace dire che in un romanzo di questo tipo il cerchio si deve chiudere e alla fine del viaggio bisogna portare i remi in barca e scrivere qualcosa che funzioni».
Nel libro si è partecipi di un’universo verosimile raccontato in modo minuzioso…
«Per mia natura sono una persona che ama divagare e spaziare su temi diversi ma sono anche una ragioniera rigorosa ed attenta nella vita e sul lavoro ed è quello che mi ha permesso di scrivere “Tequila bang bang”. Ho dovuto far incontrare l’anima creativa con quella più matematica…Per realizzare un giallo la massima da seguire è: “Inventati quello che ti pare ma sii sempre credibile».
I personaggi di “Tequila bang bang” non mai come appaiono, il bene nasconde il male e viceversa…Come sei arrivata a questo approccio taoista?
«Quando scrivo mi piace che i personaggi non si rivelino subito al lettore per quello che sono. Indago spesso l’universo femminile perché è quello che biologicamente conosco meglio, in cui posso attingere dalla mia storia personale, naturalmente riveduta e corretta ma anche dall’esperienza di molte donne che conosco. Nel romanzo precedente intitolato “Per sole donne” ho esplorato la sfera erotica di cinque donne ultracinquantenni che si ritrovano insieme per raccontare vicende erotico sentimentali…».
Si parla anche di sesso…un tema che nonostante tutto provoca ancora scalpore
«Si, c’è del sesso che definisco molto over. Ho sdoganato il tema della sessualità anche in una età in cui si è soliti pensare che non si pratichi più l’erotismo…Le donne comunque restano fondamentali, mi stimolano per la parte comica, riesco a prenderle in giro a valorizzarle e raccontare i doppifondi dei singoli personaggi, anche se anche gli uomini sono partecipi e muovono la storia non ultimo il cane maschio che sarà determinante per lo sviluppo della storia. Mi piace l’idea di andare oltre la bidimensionalità e di offrire al lettore una realtà viva».
Durante la storia sono raccontati i dettagli del delitto perfetto oltre che una serie sconfinata di informazioni sulle droghe… come sei riuscita ad avere accesso a tutto questo bagaglio di informazioni?
«Mi sono documentata per scrivere questo libro, ho passato pomeriggi in cui scrivevo solo qualche riga ma, oltre l’iniziale scoramento per aver prodotto quantitativamente poco, mi rendevo conto che questa modalità era densa e che il romanzo richiedeva una ricerca accurata dei dettagli. Io sono una persona che ama approfondire in ogni campo, pur augurandomi di non essere eccessivamente pedante. Quando racconto una storia mi seduce l’idea di condurre il lettore in un universo che deve apparire reale e concreto e che si debba basare su dati di fatto tangibili».
Quali ricerche hai realizzato?
«Ricerche di ogni tipo e mi auguro che la Polizia postale un giorno non mi bussi alla porta per chiedermi come mai in piena notte ho ricercato quanto ci mette un cadavere a sciogliersi nell’acido (ride). Per una signora è una ricerca abbastanza curiosa…
Il digitale ha reso il sapere accessibile a tutti pur presentando qualche criticità in merito alla veridicità di alcune informazioni che circolano in rete…
«Internet è una grande risorsa ci sono molte fake news ma anche una serie di documenti che possono aiutare a capire aspetti del nostro mondo che sono lontani da te. Io non ho mai fatto uso di droghe, non mi sono mai fatta nemmeno una canna, eppure entrando nell’argomento per il libro ho imparato dettagli di cui ignoravo l’esistenza. Sono partita da documenti anche piuttosto remoti, datati negli anni settanta, anni a cui faccio riferimento. Documentarsi è un gorgo da cui è difficile uscire ed un piacere intellettuale che ti porta a voler sempre approfondire specialmente quando vuoi raccontare una storia che si regge sulle dinamiche reali della vita vissuta».
Qual è stato il tuo movente per raccontare questa storia?
«L’obiettivo era far restare il lettore avvinto alla storia senza annoiarlo ma stimolandolo con colpi di scena inaspettati, ho cercato di pescare informazioni dalla realtà condendole con la mia follia».
Oltre al fil rouge dell’ironia che ti caratterizza è presente anche un background importante costruito sulla sensualità…
«Una delle protagoniste del romanzo è una donna di cinquant’anni ex spogliarellista del Crazy Horse. Ho scelto questa opzione perché quello è un luogo magico ricco di suggestioni ed inoltre una ballerina così snodata offre molte possibilità narrative…ma non vorrei anticipare troppo».
Recentemente hai affermato che la tua protagonista pesca a piene mani dal personaggio di Rosa Fumetto; è vero che da bambina eri una sua ammiratrice?
«Quando ero solo una ragazzina rimasi folgorata da un programma tv chiamato “Odeon, tutto quanto fa spettacolo”. Durante la prima puntata andò in onda un servizio su Rosa Fumetto, una famossissima spogliarellista italiana del Crazy Horse e ricordo che mi colpì talmente tanto da farmi dire ai miei genitori: “mamma, papà voglio andare a Parigi e diventare una ballerina del Crazy Horse”. Mi aveva così affascinato quel mondo da volerne fare parte, adoravo le luci, i costumi e quell’aria un po di proibizionismo che mi scivolava la fantasia…».
Al festival di Sanremo come conduttrice accanto a Raimondo Vianello e la tua collega Eva Herzigova sfoderasti una tua sensualità personale ed eterea…
«Diciamolo pure tra me l’ Herzigova non c’era match… lei era la bella e io non dico che fossi la bestia ma quasi…(ride). Il mio ruolo era quello di essere una Sandra Mondaini più giovane con cui Raimondo Vianello poteva scherzare nel suo ruolo di latin lover che tutti noi abbiamo amato e conosciuto. Io a Sanremo ero vestita da abiti di pietre preziose e pesantissimi. Ricordo che è stata un ribalta importantissima. Non sono arrivata al Crazy Horse ma penso che Rosa Fumetto in qualche modo mi abbia ispirata, è stata una donna che ha rotto degli argini e che ha vissuto in totale libertà»
Cosa ricordi della tua collaborazione con Raimondo Vianello cosa puoi dirci di lui?
«Lo ricordo come un momento di forte adrenalina, Sanremo è uno degli eventi più importanti della nostra tv, ma anche di serenità, Raimondo Vianello sapeva mettermi a mio agio. Oltre agli sketch che lo volevano cinico e pungente era una persona meravigliosa. Eravamo cane e gatto sulla scena ma dietro il sipario lavoravo con lui ma mi sembrava di essere in una lunga vacanza in compagnia di un carissimo amico. Ho dei ricordi bellissimi…».
Adesso invece sei in tv accanto a Massimo Gramellini per il talk show “Le parole”. Se dovessi individuare una tua parola quale sceglieresti?
«Sicuramente direi “futuro” e “sorpresa”, per come sono fatta io penso poco al passato, non ho rimpianti, sono grata alla vita per aver vissuto momenti positivi e meno felice di aver vissuto momenti difficili. Il presente è mordi e fuggi e direi che quasi non lo percepisco, il futuro invece mi interessa sempre di più e qui si collega la parola “sorpresa”, mi interessa tutto ciò che è inaspettato. Non pianificare è un lusso meraviglioso».
Le difficoltà della vita tu non le hai mai nascoste. Nei tuoi libri precedenti hai affrontato con disinvoltura il tema della depressione che ancora oggi è vissuta come un tabù…
«Quando è uscito quel libro che ha venduto molto bene, molti lettori mi hanno ringraziato e ho ritrovato il piacere di aver scritto su un problema serio di cui pochi parlano. Ho affrontato il tema a mio modo, con ironia e comicità ridendoci sopra per esorcizzare la depressione. Molti mi dissero: “mi scusi ma ho riso tanto leggendolo” invece io ero felice che accadesse».
Una risata ci salverà?
«Il messaggio era dire che è possibile affrontare la depressione e che può toccare tutti, nessuno escluso. Molti possono pensare che un personaggio popolare abbia una vita stellare e che patologia come la depressione si manifesti solo in alcuni contesti ma non è così. Anche questo aspetto è stato inaspettato, e anche se negativo non lo rinnego ma sono grata di esserci passata e di aver superato il momento»
La pandemia è stata un grande catalizzatore per una serie di disturbi mentali…
«Molti si sono depressi a seguito della pandemia, molti hanno perso il proprio lavoro e oltre alla reclusione c’è stato anche il problema economico da affrontare. Molte famiglie hanno perso un loro caro senza poterlo salutare, alcune coppie hanno divorziato perché non sono riuscite a reggere il peso. Adesso sembra che ne siamo fuori ma ci sono ancora gli strascichi che ci portiamo dentro tutti, nessuno escluso, ed è tempo di ricostruire un nuovo universo dentro di noi».
Come hai vissuto il periodo di quarantena?
«Io del lockdown non me ne sono accorta perché ero chiusa comunque in casa per scrivere il romanzo. L’unica occasione per uscire era il mio cane…In realtà però la pandemia non ha influito sulla scrittura e ho cercato di distaccarmene, come se fosse una terapia. Il lavoro è durato più di un anno perchè volevo che tutto fosse perfetto e che ogni personaggio risultasse profondo…».
A proposito di parole tuo nonno era il famoso linguista e lessicografo Aldo Gabrielli, autore del dizionario omonimo. Quale insegnamento ti ha lasciato?
«Mio nonno è morto nel ’78, avevo solo tredici anni ma ricordo la sua simpatia, era una persona colta ma anche dedita al gioco e allo scherzo…I libri in casa mia ci sono sempre stati in un modo o nell’altro ma non erano esibiti, erano vissuti»
Qual è stato il primo libro che hai avuto il piacere di leggere?
«Il mio primo romanzo è stato “I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia” di Thomas Mann, un romanzo molto impegnativo per una ragazzina di quell’età. Tutto è partito da mia madre che ha iniziato a leggerlo e mia sorella (parla dell’ex presidente della Camera Irene Pivetti NDR) che si riunivano per parlare di questo romanzo ed io invidiosa volevo capirci di più e quindi ho iniziato a provarci anch’io ho inziato e non ho mai smesso di leggerlo. Per me Thomas Mann è stato una vera rivelazione…».
Nella lettura si sviluppa il germe della scrittura…
Ci sono diversi autori che ho amato e molto bonariamente invidiato per la loro capacità di avere delle doti che hanno concesso di raccontare l’uomo in tutte le sue sfaccettatura, di esaminare la nostra anima. Da scrittrice non credo di arrivare a quei massimi livelli ma cerco di impegnarmi, ci sto lavorando, cerco sempre di raffinare la mia scrittura ed il mio stile pur restando una che vuol far ridere la gente».
Oltre che scrittrice sei anche regista…e se “Tequila bang bang” diventasse un film?
«Mi piacerebbe molto ma ogni cosa vive dal suo momento, per adesso mi godo la possibilità di averlo scritto e spero che i lettori lo trovino divertente e si appassionino alla storia quanto mi sono appassionata io mentre lo stavo realizzando»
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Veronica Pivetti quali sono le sue speranze e le sue paure?
«Voglio essere speranzosa, il Domani lo vedo radioso qualunque cosa succeda…»
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite