«Sono nato alla fine degli anni ’80, mi diverte giocare con i suoni analogici e con il vintage». Ciuffo selvaggio e chiodo di pelle, quando parla di musica, quella vera, che si suona sui palchi dei club polverosi dai decibel non dichiarati, Stash dei The Kolors si entusiasma e ricorda i miti del passato per imparare dalla loro lezione mutuandone il carisma e l’espressività artistica senza cadere nell’inciampo della mimesi. Ne è un esempio il nuovo singolo dei The Kolors “Mal di gola” scritto da Stash insieme a Davide Simonetta, Simone Cremonini, Alessandro Raina e pubblicato da Island Records (Universal), un nuovo tassello che definisce il viaggio della band verso orizzonti visivi internazionali ispirati agli anni ’80. Un percorso musicale, ancora una volta in contrapposizione rispetto ai canoni prestabiliti che si aggiunge al lungo elenco di successi ottenuti da brani come “Pensare male”, “Non è vero”, “Los Angeles”, “Come Le Onde”, “Everytime” e “Me Minus You” che hanno posto la band vincitrice del talent show “Amici” di Maria de Filippi in cima alle classifiche nazionali, fatto ottenere dischi di Platino e oro milioni di view su YouTube . Noi di Domanipress abbiamo ospitato Stash dei The Kolors per parlare con lui, in questa Video Intervista Esclusiva nel salotto di Domanipress, di suggestioni sonore e attitudini rock con uno sguardo diretto verso prospettive non convenzionali e speranze future.
* È possibile ascoltare e guardare l’intervista sul canale Live del Salotto di Domanipress, su Youtube e sul Podcast in calce all’intervista disponibile su Spotify, Google ed Apple Podcast.
I The Kolors sono tornati con il singolo “Mal di gola“, un nuovo tassello che va ad aggiungersi alla vostra brillante carriera: com’ è nata?
«Il brano è stato scritto in una forma differente rispetto a quella attuale che puoi ascoltare in radio. Tutto il lavoro è partito da una traccia essenziale solo piano e voce. Quando ho terminato di scriverla ho subito inviato il provino a Jacopo Pesce, il nostro capitano, che in questi ultimi anni segue da vicino il progetto The Kolors dandoci un supporto prezioso. Quando siamo entrati in studio avevamo in mente un’ idea precisa di groove. Avevo pensato per il pezzo un vestito musicale che richiamasse gli anni’80, questa suggestione è scaturita dall’acquisto di un vecchio sintetizzatore che mio padre ha recuperato online, su un sito di annunci. La prima fase di arrangiamento di “Mal di gola” è partita proprio da quel Synth storico, si chiama DX7 ed è la prima tastiera musicale a controllo interamente digitale basata sulla Sintesi FM. Mentre scrivevamo gli arrangiamenti ci siamo accorti che quel suono e quell’approccio alla musica, contemporaneo ma allo stesso tempo fedele alle sonorità analogiche, poteva essere il simbolo della nostra nuova anima artistica. Mi piace pensare che “Mal di gola” sia il brano della ripartenza».
La ricerca di suoni lontani dal mainstream è diventata programmatica per voi…
«Si, dopo il brano “Pensare male” del 2019 abbiamo preso una direzione nuova che riprende gli anni ’80 anche nell’ambito visual: dalla scelta degli outfit ai videoclip passando per le copertine. Ci sono mode ed epoche che, nonostante il passare del tempo, restano impresse nella mente e nel cuore di chi le ha vissute, ma anche di chi le ha conosciute indirettamente come noi. A tal proposito, negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio ritorno al passato: la televisione, il cinema, la musica e anche il fashion system hanno riportato in auge mode, oggetti e trend che hanno caratterizzato quelli che ormai sono diventati gli anni più apprezzati del secolo scorso. Noi però non vogliamo imitare il tempo passato, al contrario cerchiamo di proporre in modo moderno un’estetica diversa dai soliti clichè. Con “mal di gola” siamo andati verso questa direzione, mi piace l’idea di presentare al pubblico un progetto coerente a livello musicale ma anche visuale… ».
Oltre al videoclip diretto dagli sugarkane anche la copertina risente particolarmente del passato…
«L‘artwork è volutamente vintage, per il lettering ho voluto rifarmi a Grace Jones e raccontare con le immagini il brano. Il titolo è in alto, proprio come quando si creavano le cover dei vinili e si poneva il nome dell’artista sul bordo superiore in modo da essere subito evidente quando si sfogliavano e con le dita si sceglieva quale ascoltare. Sono dei piccoli dettagli, sai, magari siamo anche in pochi a notare queste differenze ma per me sono elementi a cui tengo particolarmente e che non lascio mai al caso».
La tua è una famiglia dove da sempre si respira aria di musica come suggerisce il tuo nome di battesimo Stash ripreso dal brano “Money” dei Pink Floyd. Nel nostro tempo fare rock eversivo e classico nel senso pieno del termine è difficile; come mai?
«In realtà siamo al paradosso che la musica “suonata” nei club, quella vera, sembra non esistere più, i tempi sono cambiati e credo che questo sia anche naturale, rientra nell’ordine dell’evoluzione. Se ci pensi ci sono stati diversi cambiamenti nella storia della musica che hanno stravolto gli stili ed i generi. Anche quando arrivò Elvis Presleay in un mondo in cui dominava la scena Frank Sinatra la “nuova musica” era percepita con ritrosia, come se non fosse arte. Io non sono così fondamentalista verso la musica trap creata con il macbook ma tendo a darmi una spiegazione logica cercando di capire i motivi del successo di queste nuove tendenze».
Quali sono i motivi che hanno portato il genere trap ai vertici delle classifiche?
«Non mi piace attribuire generi ed etichette alla musica ma se ci pensi questi sono gli anni in cui se hai una buona idea, pur non avendo le capacità tecniche, puoi raggiungere il successo perchè la tecnologia ha velocizzato i processi e questo non è un discorso valido solo per le canzoni. La trap rappresenta anche questo, la rivalsa di chi fino all’altro ieri era in un quartiere di periferia ed oggi si ritrova sui palchi più importanti del mondo perché ha avuto una buona intuizione. Anche l’ostentazione del lusso e della ricchezza fa parte di questa dinamica e la comprendo pur essendo lontano da quel tipo di concezione, continuo a preferire sempre la stratocaster al autotune».
I The Kolors hanno preso il volo dopo la partecipazione ad Amici. Anche in quel caso rispetto all’universo pop del talent siete stati un’elemento di rottura. In questo contesto qual è stato il ruolo di Maria de Filippi?
«Maria per me è una persona speciale e gli sono estremamente grato. Lei È stata la prima che ha visto in me qualcosa di nuovo che nemmeno io conoscevo consapevolmente. Oltre a questo posso dirti che è una grande professionista perché capace di fregarsene dei paletti imposti dalle regole del momento riuscendo a sovvertire le regole, anche in maniera più coraggiosa ed efficace della stessa discografia, che troppo spesso manca di coraggio. Nel nostro caso quando ci siamo presentati ad Amici con brani in inglese strizzando l’occhio alle band britanniche, ispirandoci ai Cinema Club e gli Artic Monkeys, abbiamo trovato un mondo pronto ad ascoltarci oltre le gabbie del mainstream. E questo è un aspetto non da poco… ».
Ricordi il vostro primo provino?
«Al provino di Amici eravamo convinti che la nostra unicità fosse un punto di debolezza, ci siamo proposti con un brano di Gianni Morandi, importante, ma lontano dalle nostre corde. Storicamente una realtà come la nostra difficilmente riesce ad emergere in un talent, invece è capitato il contrario. Erano dei momenti molto difficili, non sapevamo come sbarcare il lunario, non ci aspettavamo di poter incontrare il favore del grande pubblico, invece fortunatamente abbiamo ricevuto un’ottima accoglienza. Il nostro punto debole in realtà era un punto di forza».
Ad Amici sei stato anche professore…Dall’altra parte della barricata com’è cambiata la tua prospettiva?
«Ho cercato di far capire ai ragazzi che è importante perseguire la propria identità in modo originale ed essere se stessi perchè il pubblico avverte in un progetto l’autenticità. Proporsi come fotocopia di qualcosa di precostruito è un esercizio inutile. L’identità artistica è sempre stata il mio obiettivo, in un mondo dove sembra che sia stato gia detto tutto è un obiettivo difficile ma che mi stimola a ricercare linguaggi e suoni nuovi
Voi figli di “Amici” spesso sembrate essere molto uniti anche dopo la fine della trasmissione televisiva…
Ho la fortuna di avere con tutti un ottimo rapporto. Con Irama siamo come fratelli, la scuola di Amici ti porta ad instaurare dei rapporti importanti che si sviluppano anche oltre la sfera professionale. Sono quelle amicizie che ti fanno stare bene, su cui puoi contare con cui sorridere. Siamo tutti figli della stessa mamma».
Sei da poco diventato padre della piccola Grace, se dovessi in questo momento regalare a tua figlia un vinile della tua collezione che la accompagni per la vita quale sceglieresti?
«Posso rispondere senza dubbi, le regalerei “The dark side of the moon” dei Pink Floyd, un disco eterno oltre il tempo e le mode, un capolavoro indiscusso. Diventare padre ha cambiato le prospettive e le priorità della mia vita e penso che questo si traduca anche nella musica».
Non posso che non essere d’accordo con te…A proposito di tempo, stiamo attraversano un momento difficile in cui tutti abbiamo dovuto fare i conti con una nuova normalità…Quale direzione ha preso la tua vita?
«Nella vita di tutti è cambiato qualcosa a livello lavorativo. Per la musica e il mondo dello spettacolo c’è stato un silenzio straziante che ci ha reso trasparenti, siamo stati ignorati da tutti, anche dal fisco. Considerare la musica solo come intrattenimento mi ha fatto stare male. Ad un nostro concerto lavorano circa cinquanta lavoratori che non si vedono ma sono importanti tanto quanto noi del gruppo, è anche grazie a loro se è possibile organizzare un evento in musica. Conosco le storie personali dei nostri fonici e backliner ed è molto triste pensare a come sono stati maltrattati dal sistema che non è intervenuto in loro soccorso. L’unico aspetto positivo è che abbiamo avuto più tempo per scrivere delle canzoni, pur con delle difficoltà tra comunicazioni zoom ed impossibilità di vivere le esperienze dirette che poi sono protagoniste dei nostri testi. Nonostante questo abbiamo scritto diverse canzoni che spero di raccogliere in un album e di proporre al pubblico dal vivo».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Stash dei The Kolors quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Mi affascina il domani e l’ignoto, se guardo indietro nella mia vita tutte le cose positive che sono accadute sono sempre state inaspettate. Per il futuro mi auguro di poter tornare nel mio habitat naturale sul palco per a esibirmi dal vivo e sentire il calore dei nostri fan a cui manca il rapporto con noi».
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite
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