La chiacchierata con Red Canzian, lo storico bassista e voce dei Pooh, parte in maniera genuina da un bicchiere di vino rosso: «Sai, sono un veneto Doc e la cultura del buon vino fa parte della mia storia» – dice sorridendo ed esibendo un evidente orgoglio campanilistico. Cantautore, polistrumentista e produttore discografico dopo lo scioglimento del gruppo musicale tra i più longevi al mondo, Red di soddisfazioni se ne è tolte tante, a partire dal suo album da solista intitolato programmaticamente “Testimone del tempo“, presentato anche al Festival di Sanremo, che vanta collaborazioni prestigiose con nomi come Ermal Meta, Enrico Ruggeri ed Ivano Fossati, passando per un progetto inedito promosso al Vinitaly: una selezione di vini, degno prolungamento della sua grande musica, dell’arte, della passione e del gusto. Nella sua produzione ci sono tre vini un rosso, un bianco ed uno spumante vestiti da etichette artistiche ed evocative di Flora Sala, che per trent’ anni ha realizzato le copertine degli album dei Pooh quasi a definire un fil rouge comunicativo che passa dalla cultura musicale per arrivare al simposio e lo stare insieme ed il vivere con il vino, la musica, l’eros, la poesia, il dialogo ed il tempo che passa lasciando ad ognuno il suo racconto. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro salotto virtuale Red Canzian e di parlare con lui della sua straordinaria carriera musicale e dei nuovi progetti tra ricordi e note.
Dai grandi palchi sei passato alla cantina con un’inedita produzione di vini come è nata questa passione?
«Da bambino, quando andavo a comprare il vino con mio padre, sono rimasto subito colpito dagli ambienti dove prendevamo le damigiane da portare a casa caratterizzate da un profumo particolare. Ricordo che entravamo in questi luoghi magici, spesso sotterranei, dove si poteva scorgere appena il profilo delle botti. Era tutto così sognante ed un momento di grande complicità per noi. Poi da grande, da buon veneto, ho iniziato ad apprezzare il buon vino bevendo, sempre responsabilmente sia chiaro».
In veneto il vino è particolarmente buono, non ti è mai capitato di esagerare?
«Mai, io non ne bevo molto di vino ma quando lo faccio pretendo che sia buono, deve essere per me ed i commensali che ospito un momento di gioia».
Quale tipo di vino preferisci?
«Mi sono accorto che il mio gusto era ben definito, nelle scelte ho sempre apprezzato i bianchi fermi e profumati con delle note minerali e floreali, che ti fanno sentire l’odore dell’erba; i rossi mi piacciono vellutati ma decisi sempre sopra i tredici gradi, altrimenti mi annoiano e per le bollicine invece preferisco il sapore intenso del metodo Charmat che produce il vino spumante con la rifermentazione naturale in un grande recipiente chiuso chiamato autoclave, questo procedimento permette di ottenere vini con caratteristiche note fruttate ed è pienamente indicato per la produzione di “bollicine” utilizzando vitigni aromatici».
Per la tua produzione di vino hai soddisfatto queste caratteristiche?
«Certo, è proprio partendo da questo gusto personale che ho pensato di produrre il “mio” vino, etichettandolo con dei nomi evocativi. “Rosso positivo” nasce ovviamente dal mio nome d’arte, Red, io sono davvero così un ottimista nato, per me il bicchiere non è mai mezzo vuoto….e se lo è il resto me lo sono bevuto io! (ride)”Voce” nasce dal gusto stesso del vino, un inno alla vita da cantare ed assaporare, così buono e ricco di minerali con un retrogusto alla nocciola che lo caratterizza e che non puoi dimenticare. Infine c’è “Le mille bolle gialle” un omaggio alla grande Mina e al Sanremo del ’61 che ricordo con grande affetto».
Dal sessantuno passiamo ad una data fondamentale per te che è quella del ’73 quando incontri per la prima volta i Pooh… Ci sono tante leggende intorno a questa storia: è vero che il primo provino è avvento in una lavanderia di Roncobilacccio?
«Eh si, ce ne sono davvero molte di leggende e questo mi diverte molto lo sai? La realtà è che i Pooh avevano provinato circa cento bassisti e nessuno di loro, non so per quale motivo, andava bene e alla fine hanno preso me che non suonavo il basso…».
Colpo di fortuna o talento esplosivo?
«Io non suonavo il basso ma ero un musicista a trecentosessanta gradi, un ragazzo per bene che cantava bene con una bella presenza e che si è sempre voluto impegnare al massimo per dare il meglio di se stesso, senza troppi grilli per la testa».
Ma che non suonava il basso…
«Si, ma probabilmente queste componenti erano ancora più importanti di sapere suonare uno strumento specifico».
Ad ogni modo hai saputo far fruttare bene quell’occasione…
«Io credo che nella vita devi avere le valige sempre pronte se vuoi sperare di partire quando arriva il treno, ed io ero pronto e ce l’ho fatta dove altri non sono riusciti».
Ma la storia del provino in una lavanderia per provare l’acustica è vera?
«Certo che è vera, ho una foto a casa, che ho incorniciato e che ha immortalato quel momento…(ride) c’erano tanti rotoli di carta e Stefano D’Orazio l’aveva soprannominato il paradiso del culo! Quella camera aveva un’acustica pazzesca ed è li che abbiamo provato con i Pooh».
Oggi hai una spazio eletto dove ti piace comporre musica, con l’acustica perfetta?
«Ho uno studio a casa dove lavoro, faccio provini e curo l’arrangiamento delle canzoni, ma molto spesso mi ritrovo a scrivere canticchiando le melodie nell’iphone».
L’ispirazione dei tuoi brani è quindi peregrina…
«In realtà è come se non fossi io a scrivere le canzoni ma sono loro che mi vengono a cercare quando hanno bisogno di nascere; diversamente non riuscirei a spiegarmi come mai un attimo prima sto sorseggiando un caffè ed un attimo dopo sto canticchiando la melodia di un brano che diventa un successo internazionale. Non penso di aver nessun merito, sono solo una penna che capta queste atmosfere che girano nell’aria; possono venire da me come andare da qualcun’altro…».
Da qualche anno hai intrapreso la carriera solista, dopo lo scioglimento del gruppo…ma cosa ti manca dei Pooh?
«Di certo non mi manca la musica, l’altra sera ho tenuto un concerto all’Ambasciata Italiana di Vienna piano e voce…un’atmosfera unica. Mi piace anche proiettare le foto durante i miei concerti, dopo tanti anni di gruppo mi piace raccontare la mia storia. L’affetto degli amici poi non mi manca; mezzora fa con Stefano e Dodi abbiamo parlato al telefono, ci sentiamo spesso, siamo tutti una famiglia. Ci tengo a dire che non abbiamo litigato, abbiamo solo fatto una scelta ed ognuno di noi adesso interpreta la vita in base alle proprie esigenze e passioni. Per esempio il progetto del vino non sarebbe stato possibile nel periodo dei Pooh per mancanza di tempo o perché avrei dovuto condividere col gruppo la scelta…Adesso dopo cinquant’anni sono libero e questo ha un valore immenso».
Così come hai cantato nel singolo che hai presentato al Festival di Sanremo l’anno scorso “Ognuno ha il suo racconto”. Parlando del tuo ultimo album di amici ne hai davvero tanti hanno collaborato alla stesura dei brani Enrico Ruggeri, Ermal Meta, Miki Porru ed anche Ivano Fossati…non è facile convincerlo a collaborare, come ci sei riuscito?
«Ivano mi vuole bene da sempre, mi conosce nel mio modo di essere e nel mio non “giocare”con la musica, per me produrre un brano è qualcosa di molto serio…Lui è rimasto subito colpito dal brano ed è stato naturale per noi collaborare insieme».
Nella tua biografia “Ho visto sessanta volte fiorire il calicanto” hai ribadito il concetto di non essere solamente ciò che si è visto sui palchi d’italia…cosa intendevi?
«Si oggi direi che tra Bruno è Red c’è stata una pace…poi ti dico la verità molti non conoscono di me il fatto che sia anche un buon cantante. Ora spesso mi sento dire che sono quello dei Pooh che canta meglio…Ornella Vanoni mi ha detto: “Sai che stai diventando un grande interprete?” questo mi fa sorridere e mi fa capire come nel gruppo alcuni lati non erano pienamente emersi. Ma io sono sempre stato questo, quindi rispondo: “e te ne accorgi solo ora?” Io sono sempre stato come mi vedete…».
Non ti chiedo del gossip con Marcella Bella, ma qualche mese prima della querelle che si è vista in Tv proprio con lei sulle pagine del magazine abbiamo parlato di questo vostro rapporto…(LEGGI L’INTERVISTA A MARCELLA BELLA) Spulciando la tua biografia si parla anche di un rapporto particolarmente intenso con Mia Martini; hai avuto modo di vedere il Biopic a lei dedicato?
«Ho visto il film e ne sono rimasto colpito ed emozionato, Serena Rossi è una mia amica ed è stata straordinaria ma nessun può eguagliare ciò che Mimì riusciva a trasmettere, nella sua fragilità. Con Mia Martini siamo stati insieme per un periodo bellissimo che ricordo con affetto; un giorno mi disse “Ti lascio, perché ho paura di star male se mi innamoro troppo di te”. Lei rinunciava all’amore per paura di perderlo, questo ti fa capire l’animo dolce e sensibile di Mia Martini. Per me è stato un onore poterla conoscere, è una grande persona ed artista che non dimenticherò mai».
Ritornando alla musica il tuo ultimo album si chiude con “Il cantico delle creature” una scelta prog rock…
«Eh si, io sono nato col prog, per me è una dimensione che porto sottopelle, con Vincenzo Incenzo siamo tornati a quelle atmosfere in cui mi sento a casa».
Altra dimensione in cui ti senti a tuo agio è anche la pittura…dipingi ancora?
Non trovo molto tempo per farlo anche se lo farei molto volentieri. Mi diverto a realizzare dei ritratti a dei grandi miti irrangiungibili della musica…mi trovo bene a dipingere con la mano sinistra. Ho dipinto Jimi Hendrix, Maria Callas, Pavarotti…mi lascio guidare dall’istinto».
Un altro modo di comunicare più forte o più debole della musica?
«Non riesco a distinguere il mezzo con cui comunico a volte può essere la musica, altre la pittura o la fotografia ed ora c’è anche il vino. Ognuno ha la sua potenza, a modo suo».
Qualche tempo fa sei stato anche produttore musicale per giovani talenti, ma hai deciso di non proseguire questa attività…perché?
«Da quel punto di vista ho fermato i lavori, e lo dico con grande dolore. Quando produci dei progetti validi e li vedi azzerati dai talent show che hanno un tipo di promozione con cui è impossibile competere, capisci che è inutile illudere i giovani. L’airplay delle radio gira secondo dei parametri secondo i quali non sempre la qualità artistica è posta al primo posto…e da questo sistema ci perdiamo tutti anche se adesso sembra che qualcosa stia cambiando».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Red Canzian, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Io il Domani lo vedo come la più bella interpretazione musicale che non ho mai fatto, il mio stimolo è pensare sempre che il meglio sta arrivando».
Simone Intermite
ASCOLTA IL DOMANI DI RED CANZIAN