Il teatro è questo: l’arte di guardarci allo specchio rivedendo riflessi i nostri sentimenti, anche quelli che ci fanno paura in un rituale sociale eterno che nella sua eterna temporaneità può riprendere un testo scritto secoli fa per darne una nuova linfa vitale e dimostrare che esiste un archetipo comportamentale che supera il tempo e lo spazio. Rileggere la Medea di Euripide oggi ad esempio significa rappresentare l’indicibile e l’irrappresentabile del cuore umano e analizzare quella parte irrazionale di noi stessi in bilico tra passione e ragione. L’attrice, scrittrice e produttrice cinematografica Laura Morante, protagonista intensa e caratterizzante del grande schermo prediletta da registi come Carmelo Bene, Enrico Bertolucci, Nanni Moretti, è recentemente tornata sul palco nelle Marche per reinterpretare la Medea di Euripide in scena l’11 e 12 agosto al Teatro Romano di Ascoli Piceno, accompagnata da Davide Alogna al violino e Giuseppe Gullotta al pianoforte su musiche di Chopin, Franck, Prokofiev. Lo spettacolo, con l’adattamento del testo a cura della stessa Laura Morante e la regia di Daniele Costantini, prodotto e distribuito in esclusiva da AidaStudio Produzioni, società di creazione, produzione e distribuzione diretta da Elena Marazzita è un reading intenso che cattura lo spettatore per portarlo verso le radici lontane della tragedia alla scoperta dell’animo femminile. A poche ore dal debutto abbiamo incontrato Laura Morante nel salotto di Domanipress per parlare con lei di questo nuovo ritorno sulle scene e delle riflessioni offerte dai classici con i quali il mondo contemporaneo continua a confrontarsi.
Sei tornata a teatro per riproporre il personaggio di Medea di Euripide…come ti sei interfacciata con il testo classico?
«Ho riletto il testo di Euripide riprendendo le traduzioni realizzando un adattamento in forma di monologo con il supporto di Elena Marazzitta. Mi interessava indagare una figura femminile così sfaccettata, un personaggio inserito in un contesto in cui le donne non hanno quasi mai una voce che ha la forza di imporsi…è stato molto stimolante. Medea è la straniera guardata con sospetto che nutre un desiderio di rivalsa ed un’animo molto complesso che ha ancora tanto da farci scoprire».
Oltre il teatro il cinema: durante la tua carriera hai avuto modo di lavorare con personaggi come Carmelo Bene, Enrico Bertolucci, Nanni Moretti, Carlo Verdone e Pupi Avati solo per citarne alcuni…Cosa accomuna tutti questi grandi nomi?
«Per me è difficile trovare un denominatore comune tra tutti questi grandi nomi. Ho iniziato la mia carriera d’attrice per caso, non ho mai studiato recitazione, ma entrando dalla porta principale con Enrico Bertolucci. Ero molto giovane e provenivo dal mondo della danza, ricordo che non fui subito cosciente di lavorare con un grande maestro ma mi ha subito attratto il suo modo di approcciarsi al cinema. Era innamorato del suo mestiere. Quando ho lavorato con Alain Resnais invece mi sono sentita proiettata come in un altro universo…lui era capace di creare una magia indescrivibile».
Nei suoi inizi ha inciso anche quella richiesta di Carmelo Bene…
«Carmelo Bene si mise in contatto con la mia coreografa quando ero una ballerina chiedendole di “prendermi in prestito” per un ruolo a teatro. Ho imparato molto anche da lui e sono grata tutti i professionisti che mi hanno scelta. S’impara così sul campo. Con il cinema per me è stato un mariage de raison”, come dicono i francesi un matrimonio d’interesse ma poi è nato il vero amore».
Si dice che il cinema ti abbia aiutato a superare il problema della timidezza. Nel “S.a.d.e.” di Carmelo Bene hai recitato nuda..
«Ero molto timida è vero. Questo lavoro mi ha aiutata ad uscire dal guscio e a stare a contatto con il pubblico. Io provenivo dal mondo della danza dove la nudità non era un tabù».
Oltre che attrice sei anche una produttrice cinematografica, durante la pandemia il settore ha subito una grave perdita, il luogo fisico del cinema è stato sostituito dal digitale..
«Le sale cinematografiche erano già in crisi prima della pandemia ma il covid ha peggiorato la condizione di un settore in sofferenza e che meriterebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Andare al cinema non significa solamente godersi un bel film tra le poltrone ma è un esperienza globale da vivere, è comunione di spazi e di emozioni».
Favorevole o contraria ai film in streaming?
« Le piattaforme ci offrono nuove opportunità, anche lavorative, molti miei colleghi hanno prodotto film unicamente per il mercato digitale ma non dobbiamo dimenticare i luoghi fisici da vivere e condividere…il teatro ad esempio può vivere solo della presenza di pubblico e di un luogo in cui incontrarsi. Non potrei immaginarlo diversamente».
Qualche anno fa sei approdata anche in libreria con “Brividi immorali. Racconti e interludi” edito dalla Nave di Teseo. Quale rapporto intercorre tra la scrittura per il cinema e quella letteraria?
« Sono due attività molto diverse, la scrittura per la narrativa è un lavoro solitario e questo genera uno stato di panico che si supera leggendosi dentro. Personalmente, pur non essendo particolarmente socievole, quando lavoro per i film sono spesso circondata da un team e questo aiuta a scambiarsi idee e a far nascere nuovi stimoli. Chi scrive lo fa solitamente in una stanza silenziosa, in solitudine… ».
A proposito di letteratura il tuo è un cognome importante…Hai mai sentito il peso della responsabilità di essere la nipote di Elsa Morante?
«L’ho percepito finché non mi sono confrontata direttamente con la scrittura di un libro che portava la mia firma. I ricordi di Elsa risalgono a quando ero una bambina, ci veniva a trovare per natale e conservo ancora alcuni suoi doni, me la ricordo come una donna forte ed autoritaria. Non so se mi ha direttamente influenzato ma posso dirti che sempre amato scrivere, sin da ragazzina, la mia è una famiglia che ha avuto interesse per la letteratura, ho vissuto un’infanzia circondata da libri e da buone letture. Non c’era solo Elsa ma anche mio padre che si dedicò anche alla politica e al giornalismo. Credo comunque che l’attività di scrittrice oltre che quella di attrice e produttrice mi corrisponda particolarmente».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Laura Morante quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Oscillo tra un moderato ottimismo e un pessimismo catastrofico. Spero in un Domani in cui si rifletta maggiormente al rapporto tra noi ed il nostro pianeta. Sono moderatamente ottimista perché vedo nelle nuove generazione un’interesse attivo verso il tema della salvaguardia ambientale. In passato era più facile riconoscersi in un movimento politico ed essere guidati dalla passione. Oggi che la politica non ha più l’appeal di qualche anno fa spero che la spinta ecologista accomuni e continui ad appassionare i più giovani. Questo mondo ha bisogno di forza per sanare le sue ferite».
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite
ASCOLTA L’INTERVISTA ESCLUSIVA SUL PODCAST DI DOMANIPRESS