«Dopo la trilogia dei tormentoni ho avvertito la necessità di ripartire da zero e di tornare ad emozionarmi con suggestioni differenti interpretando dei racconti intensi, come dei film in musica. Abbiamo bisogno della musica anche un concerto può essere una terapia utile per superare le difficoltà». Quando parla del suo nuovo progetto artistico edito da Sony Music intitolato “Cortometraggi”  Giusy Ferreri, una delle artiste italiane tra le più riconoscibili nella sua immediatezza, lo fa con la sincerità e l’entusiasmo degli esordi pur con la consapevolezza maturata nel corso degli anni che  a seguito dell’exploit ad X Factor con la hit dal profetico titolo “Non ti scordar mai di me” l’hanno vista crescere e maturare artisticamente ed umanamente raggiungendo traguardi unici e straordinari costruendo una carriera da record, tra hit radiofoniche, un disco di diamante e diciotto dischi di platino. Tra gli artisti e autori che hanno prestato la propria penna al nuovo capitolo ricco di suggestioni visive e sonore presentato al Festival di Sanremo figurano firme prestigiose dai suoi compagni di sempre Takagi e Ketra e Gaetano Curreri, passando per Diego Mancino e le note emozionanti ed eleganti di Bungaro, Giovanni Caccamo e Marco Masini al servizio dell’ indiscusso talento di Giusy tra mood retrò, sfumature rock e ballad che la vedono protagonista in tutte le sue anime multiformi e variegate.  Noi di Domanipress abbiamo incontrato nel nostro Salotto Digitale Giusy Ferreri per parlare con lei di musica e di emozioni tra speranze e delicate riflessioni sul presente, indagando la natura umana complessa e contradittoria, come un film di Federico Fellini.

 


L’ultimo album “Cortometraggi” ripercorre una nuova strada del tuo personale percorso artistico presentando una proposta musicale che scava nel passato e lo attualizza con una serie di istantanee musicali inedite. Com’ è nata l’esigenza di abbandonare il concetto di tormentone estivo?

«Avevo nuove prospettive da raccontare e premeditavo da diverso tempo la possibilità di tornare con un album di inediti a cinque anni di distanza da “Girotondo”. L’idea di partenza è stata  quella di riprendere l’idea di un progetto che fosse coerente dopo una serie di collaborazioni fortunate che mi hanno visto come ospite su brani estivi anche lontani dal mio genere. Sono stati tutti delle hit e sono grata agli autori che mi hanno accompagnata ma questa volta avevo l’urgenza di esprimermi nel mio linguaggio personale, in una veste nuova più matura e consapevole e l’ho fatto partendo sempre da sonorità pop ma attingendo anche a sonorità più rockeggianti e corpose rispetto al passato, tornando sui miei passi e rivivendo l’emozione dell’esordio; non a caso ho lavorato a stretto contatto con i musicisti che solitamente mi accompagnano durante i live».

Il titolo dell’album “Cortometraggi” promette un’intensità narrativa cinematografica… 

«Si, ho intitolato quest’album cortometraggi proprio perché ogni singolo brano l’ho vissuto come se fosse un film da raccontare con la musica. Volevo mettermi metaforicamente nei panni di un’attrice che per definizione riesce a cambiare pelle e a sentirsi a suo agio anche in diversi ruoli risultando sempre credibile e diretta. I cortometraggi se vuoi sono questo: un’insieme di emozioni, suggestioni e colori ed atmosfere diverse che insieme formano un unico quadro in cui è possibile riconoscersi ed immedesimarsi».

Nella title track trova posto anche un brano intitolato “Federico Fellini”. Se la tua vita fosse un film quale sarebbe?

«Amo profondamente il mondo del cinema perché ti consente, così come la musica, di evadere dalla realtà ed entrare nella vita delle persone in punta di piedi e dalla posizione privilegiata di spettatore. Non riesco a dirti quale film potrebbe essere la mia vita ma sono certa che  se avessi potuto interpretare un ruolo in veste di attrice sicuramente avrei scelto la pellicola di Wim Wenders “Il cielo sopra Berlino”, un atto d’amore nei confronti di una città offesa dalla storia dove la guerra non è mai finita e il futuro è un’ipotesi obbligata a confrontarsi con delle cicatrici ancora visibili. Se ci pensi è anche un tema molto attuale».

Quale ruolo ti affascina di questo capolavoro?

«Quando lo vidi per la prima volta al cinema rimasi stupita dalla sua fotografia e dal modo di raccontare gli avvenimenti. Ricordo che mi innamorai perdutamente del ruolo della trapezista tanto da farmi avvicinare alla danza con i tessuti aerei, una disciplina particolare, che nasce nel circo in cui si eseguono con teli delle acrobazie come giravolte e cadute».

La danza sospesa tra i tessuti aerei è anche spesso protagonista dei tuoi videoclip, penso per esempio a “Noi brave ragazze”…

«Si, nel periodo in cui ho girato quel videoclip avevo iniziato ad approcciare questa tecnica che ho poi ripreso anche per il video de “La bevanda ha un retrogusto amaro”, mentre nell’album “L’attesa” ho realizzato per il booklet delle immagini sospesa sui dei tessuti aerei. In questa disciplina esistono diverse figure, delle vere e proprie cadute verticali, sia semplici che difficili da realizzare; ricrearle mi stimola, anche a livello fisico, mentale e creativo. Questo tipo di attività aiuta anche nella concentrazione ed è un buon alleato per affrontare il palco e l’ansia che può precedere un’ esibizione. Nel nuovo album ho continuato ad ispirarmi anche al mondo circense con un riferimento diretto a Federico Fellini che spesso utilizzava l’antica arte circense nella costruzione dell’estetica dei suoi film e dei suoi personaggi».

Oltre Federico Fellini e Wim Wenders qual è il tuo regista contemporaneo preferito?

«Apprezzo particolarmente Tim Burton, mi affascina il suo modo di raccontare le storie che unisce alle atmosfere del circo anche una matrice dark ed emozionale giocata sul registro del grottesco senza essere mai banale

Durante i tuoi concerti l’allestimento scenografico del palco sembra tradire questa tua passione, lo si nota dal cuore con le ali che porti spesso come background fino alla gabbia de “Il mio universo tour”…

«Si, sono molto felice che hai colto questa mia caratteristica (ride). Mi piace riproporre, anche inconsapevolmente, questo tipo di atmosfere che hanno anche una lettura concettuale».

A proposito di “concetto” il brano “Il diritto di essere felice” inserito nel tuo ultimo album suona quasi come un mantra utile a vincere l’oscurità dei tempi che stiamo attraversando…Qual è il tuo approccio a questo momento di grave crisi sociale ed umana?

«Cerco di vivere questo momento con il massimo della lucidità, e come canto anche in “Cuore sparso” trovo la forza di andare avanti nel dedicarmi con passione alla quotidianità della vita ponendo attenzione ai dettagli del mio macro universo, dei miei affetti più cari e della mia famiglia ma con degli occhi che non rimangono mai indifferenti rispetto a tutto ciò che accade nel mondo e mi riferisco alle sofferenze che abbiamo subito durante la pandemia ma anche a tutto ciò che sta drammaticamente accadendo tra Ucraina e Russia».

Lo canti anche: “é ministro della guerra il tuo cuore”…

«Pensavamo che la guerra fosse un concetto lontano dalla nostra civiltà occidentale, superato e relegato ai polverosi libri di storia. Invece oggi ci ritroviamo a viverla questa condizione ai confini delle nostre case, abbiamo questo male oscuro che minaccia l’umanità intera e testimonia che alcune dinamiche politiche non si sono ancora evolute abbastanza nel tutelare il diritto primario della vita».

Tu oltre ad essere una popstar sei soprattutto una mamma; come si spiega ad una figlia la barbarie di una guerra?

«Cerco di prestarmi agli occhi di mia figlia con positività. La settimana scorsa gli ho voluto  leggere una bellissima poesia di Tail Shurek scritta dall’autrice all’età di soli undici anni intitolata “La scatola dei colori” che dice: “Ho una scatola di colori in cui ogni colore esprime una sua felicità… Non ho il rosso per le ferite e il sangue. Non ho il nero per un bambino orfano/Ho del verde per radici e foglie..Mi sono seduta e ho disegnato la pace”. Ecco questo è un testo che nella sua semplicità a portata di bambino mi ha emozionato particolarmente, esprime la necessità di riconnettersi con la natura e di ritrovare la pace in contrasto con ciò che accade intorno a noi. Da madre cerco di far capire alla mia piccola Beatrice che nella nostra società c’è tanto dolore ma che nonostante tutto è possibile ancora disegnare un futuro migliore».

Le pandemie, le guerre comportano sempre un alto prezzo da pagare per le nuove generazioni…

«Si, i giovani hanno il diritto di poter ambire ad un futuro sereno, di poter realizzare le proprie ispirazioni e seguire i propri sogni. Il clima che stiamo vivendo comporta una profonda inquietudine che sta cancellando la nostra propensione al progettare e sognare, questo è ciò che mi spaventa maggiormente».

Beatrice come ha reagito a questi cambiamenti?

«Beatrice è ancora troppo piccola per capire certe dinamiche ma se penso agli adolescenti che vivono un periodo di vita già di per se complicato comprendo che non è stato facile affrontare il distanziamento sociale. Essere fisicamente lontani dai propri coetanei in un periodo di vita dove il confronto è fondamentale, dove è importante approcciarsi ai valori come l’amicizia e i primi amori è stato per loro umanamente devastante. Non dimentichiamo che anche la solitudine è un problema da non sottovalutare. I potenziali benefici del contatto fisico sono stati studiati in molti campi, dagli studi sugli animali agli studi neuropsicologici. Anche ritrovarsi ad un concerto può essere una terapia».

La musica è sicuramente la tua riserva di energia. Rispetto a tanti altri artisti nati dai talent show tu sei riuscita negli anni a cavalcare la popolarità e l’industria musicale con coraggio, mettendoti in gioco con coraggio…Come ci sei riuscita?

«Posso dirti che per la grandissima passione che ho per la musica mi è sempre piaciuto mettermi alla prova e rischiare di attraversare delle strade anche nuove. Mi piace far giocare la mia vocalità su generi e stili differenti e non mi sottraggo ad incursioni in generi distanti dal mio. La popolarità del grande pubblico è arrivata come un grande boom nel 2008 in maniera inaspettata, in un momento in cui stavo per cedere lasciando la speranza di poter fare della musica e del canto la mia professione principale».

Non bisogna mai perdere la fiducia in se stessi…

«Mi sottovalutavo, non pensavo di avere una musicalità che potesse essere rivolta anche ad un vasto pubblico. Grazia ad X Factor ho capito che potevo esprimermi per quella che ero in maniera completa e totalizzante. Nel mio percorso fino ad oggi non mi sono posta dei limiti e questo può essere stato forse un vincolo per la continuità del mio percorso artistico ma ho sempre preferito variare ed essere fedele alla mia attitudine di vivere la musica come immagini diverse da interpretare. In ogni regia ci sono delle storie e dei mondi differenti perché precludersi delle possibilità?».

Anche la scrittura rappresenta per te un mezzo per esprimere questa attitudine, anche nel tuo ultimo album hai inserito un brano di cui oltre che interprete sei anche autrice riprendendo le atmosfere di “Gaetana” il tuo album degli esordi record di vendite…

«In ogni mio album accanto alla scelta di grandi autori con cui ho avuto il piacere di collaborare ho sempre cercato di inserire dei brani autobiografici scritti interamente da me. Hai ragione tu a dire che “Ricordo” si avvicina molto come atmosfera a “In Assenza” e “Pive”. Sono dei pezzi  sperimentali costruiti in sospensione tra la quinta e la sesta tonalità,in maniera circolatoria e binaria, composti in una sorta di distaccamento mistico rispetto alla realtà che si sviluppa in un giro armonico audace e visionario».

Il “ricordo” cosa rappresenta per te?

«Il ricordo può diventare ossessivo ed ancorarti a qualcosa che non fa più parte del tuo presente…vivere dentro un ricordo può essere molto pericoloso».

Se dovessi pensare alla tua carriera cosa ricordi dei tuoi esordi?

«Ricordo con affetto tutte le esperienze vissute con le mie prime cover band. Ho iniziato molto giovane a quattordici anni a cantare e ad esibirmi».

Hai qualche aneddoto divertente legato a quegli anni?

«In un uno dei miei primi concerti nel periodo di carnevale portavamo insieme con la band una serie di brani rock spaziando dagli ACDC, agli Scorpions e Bonjovi…per l’occasione mi presentai vestita da Freddie Mercury, per me era ed è ancora oggi un mito inarrivabile e fonte continua di ispirazione. Credo che la sua sia stata una della voci più belle del panorama internazionale. Sono totalmente devota ai Queen»

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Giusy Ferreri quali sono le tue speranze e le tue paure?

«Oggi con il ruolo di mamma ho tralasciato il caos e le mie burrasche personali. Vedo il mio Domani finalmente equilibrato tra il mio ruolo di madre, la quotidianità ed il mio universo musicale e professionale che mi piace vivere come una passione che mi fa battere il cuore e che spero continui a far emozionare il pubblico che mi segue con ricambiato affetto»

Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.