«Per non assuefarsi, non rassegnarsi, non arrendersi, ci vuole passione. Per vivere ci vuole passione». Lo sa bene Ezio Bosso, il compositore e direttore d’orchestra torinese di fama internazionale che ha conquistato i teatri di mezzo mondo con la sua musica. La passione per lo spartito nasce dall’età di sedici anni quando Ezio inizia a comporre i primi brani di musica classica intraprendendo una lunga gavetta fatta di studi e di concerti internazionali, che lo hanno fatto approdare nelle più grandi sale come il Royal Festival Hall, il Southbank Centre e la Sydney Opera House solo per citare alcune. Nel 2001, a seguito di un delicato intervento al cervello per l’asportazione di una neoplasia, la vita e la carriera di Ezio subisce una brusca battuta d’arresto a causa della malattia. Nonostante questo, il maestro non si è perso d’animo e, dopo aver intrapreso diverse terapie per riacquistare la facoltà di linguaggio, è tornato a recuperare la sua passione, quella della musica diventata una medicina per il corpo e per l’anima. Oggi Ezio dopo aver pubblicato il suo quarto album “The roots (a tale sonata)” ed aver in calendario un programma televisivo su Rai3 intitolato “Che storia è la musica” in onda a Giugno è pronto per affrontare una nuova sfida quella del debutto, sempre sognato, all’Arena di Verona con i “Carmina Burana” che avverà l’11 Agosto. Noi di Domanipress abbiamo avuto l’onore di ospitare nel nostro salotto virtuale Ezio Bosso ed abbiamo parlato con lui di musica, passioni e sogni da inseguire con determinazione contro ogni avversità del tempo e della vita.
Hai recentemente scelto i Carmina Burana come debutto sul podio di Arena di Verona: quale è il tuo approccio ad una delle opere forse più popolari e al contempo poco proposta?
«Commozione: quella di debuttare sul podio del più antico e più grande teatro del mondo, un palco che ha ospitato i più grandi e fatto sempre emozionare tutti, indistintamente, dall’ultima comparsa al grande divo. La gratitudine e la gioia di questo debutto in una città e in un teatro, che è stato il primo motore della mia nascita – senza Verona, non ci sarei stato io, come ho detto più volte – e che è stato sempre la grande passione della mia mamma, infatti, quando mia sorella ed io fummo finalmente in grado di fare un regalo ai nostri genitori, gli regalammo proprio il ritorno all’Arena dopo tanti anni. Poi un repertorio che oggi è molto conosciuto, ma altrettanto sottovalutato e che è stato anche a lungo osteggiato e censurato per la sua carica libertaria e liberatoria e questo non va dimenticato. Un repertorio particolare perché inventa un suono quando ancora non si sapeva quasi nulla della musica di quel momento storico che si vuole evocare. Carmina inventa un suono al buio, come puro slancio creativo e anche questo non è poco e va rispettato. È la responsabilità dell’entrata dentro la partitura senza reti e illuminare chi è con me come sempre».
Ti sei da sempre definito un “pianista per caso” come cambia l’approccio alla musica nelle vesti di compositore e in quelle di Direttore d’Orchestra?
«Il pianoforte, come anche la composizione e la mia lunga esperienza in orchestra nei contrabbassi, è parte di un lunghissimo e paziente lavoro di studio, dedizione, preparazione per quella che è sempre stata la mia passione dominante e lo scopo ultimo del mio fare musica: salire sul podio. E’ evidente dunque che l’approccio di metodo è lo stesso, come in tutto ciò che faccio anche quando cucino : dedizione incondizionata serietà, studio, lavoro. Ma il pianoforte l’ho sempre vissuto come una fase di passaggio, il podio invece è la mia casa, il mio mestiere»
Ti ritroveremo presto in tv su Rai 3 con una lezione concerto intitolata “Che Storia è la Musica!”; è possibile rendere mainstream il patrimonio culturale e musicale classico?
«Se non ci credessi, sarei un Don Chisciotte a continuare ad insistere sempre, in ogni concerto, a tutte le prove aperte, in ogni intervista, in pubblico come in privato. Il repertorio classico siamo noi, ci scorre nelle vene. Se ora fa paura a molti, ritengo che il processo non sia irreversibile e si possa invertire la tendenza».
Di operazioni di questo genere forse ce ne vorrebbero molte per poter diffondere la cultura…
«Certo, noi che divulghiamo cultura piantiamo dei semi ma una rondine non fa primavera e bisognerebbe trovare compagni di cammino per questa battaglia culturale che ha profondamente a che fare con le nostre radici. E soprattutto con il benessere della società e la sua crescita».
Roma, 12 07 2018 Auditorium Parco della Musica. Stagione Estiva: EZIO BOSSO NUOVI MONDI, Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Ezio Bosso direttore Luigi Piovano violoncello. ©Musacchio&Ianniello
Recentemente hai ripreso la tua attività con un repertorio dedicato a Beethoven, un’artista geniale ed uno dei maggiori innovatori, come mai questa scelta? Hai dichiarato di aver acquistato da bambino su una bancarella il primo sparito de “Al chiaro di luna”…qual è la tua composizione preferita e cosa è oggi Beethoven per te?
«Veramente ho ricominciato con Mendelssohn, anch’egli di Beethoven un figlio. Ho aspettato l’essere pronto per tornare a lui. Definisco Beethoven mio padre e proprio per questo scegliere, distinguere non ha molto senso, anche se dando un’occhiata ai programmi che mi chiedono più spesso, direi che ultimamente la settima e la quinta sono molto ricorrenti».
Convivi da sette anni con la malattia eppure questo non ha offuscato il tuo senso dell’umorismo oltre al tuo indiscusso talento. Per molti sei diventato un esempio di perseveranza e di speranza…La musica ti è stata di aiuto in questo percorso?
«È proprio difficile rispondere seriamente a questa domanda perché quando mi dicono “esempio” mi andrei a nascondere. Non è nelle mie corde, non è ciò che faccio. Io faccio la musica e credo profondamente che la musica possa aiutare sempre, che sia una terapia per tutti noi, infatti sono testimonial di Mozart14, l’associazione di Alessandra Abbado che porta la musica negli ospedali e nelle carceri come ideale proseguo dei convincimenti etici e civili di Claudio Abbado, anch’egli primo sostenitore che la musica facesse bene. La musica fa bene».
Ritornando alle radici, tu provieni da una famiglia operaia di Borgo San Donato nella Torino degli anni 70. Qualche tempo fa hai dichiarato che a tuo padre dissero che un figlio di operaio non avrebbe mai potuto essere direttore d’orchestra… Ti ha pesato subire questo tipo di discriminazione?
«Pesa sempre, pesa anche oggi. Non mi illudo di essere accettato oggi, l’accettazione per me rimane un ostacolo ogni giorno, forse però oggi sono solo più vecchio e capisco che l’essenziale è continuare a lavorare duro, per portare avanti il credere e fare indipendentemente dall’accettazione degli altri. Certo, così è più difficile, ma ora so che il tema è concentrarsi sui problemi pratici della non accettazione, non sul valore della medesima. Quando capisci finalmente che chi non ti accetta, ha un problema proprio e quindi puoi provare ad aiutarlo ma anche no. Come si dice? Problema suo, non mio. Io ho da migliorare».
La carriera di un compositore è costruita da anni di studio, hai avuto maestri come John Cage che ti notò da giovane e Ludwig Streicher…Qual è l’insegnamento più importante che hai imparato da tutti loro?
«Lavoro, studio, dedizione e responsabilità. Fuori da questo quadro etico non c’è talento che abbia senso».
Roma, 12 07 2018 Auditorium Parco della Musica. Stagione Estiva: EZIO BOSSO NUOVI MONDI, Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Ezio Bosso direttore Luigi Piovano violoncello. ©Musacchio&Ianniello
Hai calcato i palchi più importanti del mondo dal Royal Festival Hall di Londra alla Sydney Opera House, vincendo premi internazionali in America e in Australia…Cosa pensi prima di andare in scena? Hai dei riti scaramantici o delle abitudini particolari?
«Non so se sono riti scaramantici, ma coccolo gli errori fatti in prova e guardo la partitura un’ultima volta e dico sempre ai miei musicisti prima di salire sul palco “Divertiamoci” perché alla fine, è per quello che abbiamo sudato».
In questi anni hai avuto diverse soddisfazioni umane e professionali, una fra tutte la standing ovation per il discorso al Parlamento Europeo dove raccontando la tua storia personale hai ribadito il concetto che la vita di un musicista non ha confini perchè chi dedica la propria vita alla musica frequenta fin da piccolo germano-austriaci come Beethoven, o francesi come Debussy, o tedeschi come Mendelssohn. Oggi, anche in Italia, si ritorna a parlare di sentimenti antieuropeisti…Come reputi la situazione attuale?
«Sono un uomo vecchio stampo: per me, se non hai le competenze per parlare di un argomento, non fare l’opinionista da bar, soprattutto quando hai un ruolo pubblico e con esso puoi influenzare tante brave persone. Infatti nei salotti TV a dissertare di qualunque argomento non mi ci avete mai visto e non mi ci vedrete mai».
Eppure non hai mai nascosto il tuo pensiero in merito a questi aspetti…
«La mia personale posizione, derivata dalla mia personale esperienza, è quella espressa al Parlamento Europeo: se fai musica, non puoi pensare te stesso e i tuoi compagni di viaggio, in termine di confini o nazionalità o provenienza etnica semplicemente perché, con certe chiusure, diventeresti un pessimo e limitato musicista. E certo penso che lo stesso principio valga per ogni forma d’arte, per la cultura in generale e in ultima sintesi per la salute del pensiero».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Ezio Bosso, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Domani passa come ieri e oggi. È tanto bello svegliarsi anche domani e farlo diventare ieri».
Simone Intermite