«In questo periodo così alienante la musica è uno dei pochi strumenti a nostra disposizione per condividere le proprie emozioni con gli altri». La cantautrice salentina Dolcenera, quando pensa ad una cura dell’anima per i giorni di quarantena ai tempi del Covid-19, non esita ad individuare nella musica una possibile terapia capace di esprimere tutto ciò che non può essere detto semplicemente a parole. Da questa riflessione nasce la scelta audace di proporre, andando contro ogni logica commerciale, il nuovo singolo edito da Universal Music intitolato “Wannabe” che vanta un prezioso featuring con il giovane rapper Laïoung, un manifesto artistico rispettoso del momento che stiamo attraversando, un monito che induce a riprendere in mano la propria vita scagliandosi contro il regime dell’apparire a tutti i costi, privilegiando la consapevolezza di potersi rialzare da terra dopo una lunga guerra. Ma questa non è l’unica battaglia in musica che l’autrice di “Com’è straordinaria la vita” ha condotto in quest’ultimo periodo, l’ultimo brano è stato preceduto dal progetto “Amareamare” che in collaborazione con GreenPeace è diventato un inno per sensibilizzare, sopratutto i più giovani, all’importanza di adottare comportamenti corretti in tema di tutela ambientale. Per Dolcenera che ci ha abituato ad incursioni musicali in orizzonti diversi che spaziano dal rock, al soul passando per le suggestioni psichedeliche elettropop e quelle contemporanee che strizzano l’occhio alla trap rivisitata in chiave classica scompaginando le regole prestabilite, il pentagramma è un esteso lunapark in cui è la libertà d’espressione è l’unico modus operandi a cui essere fedeli, vivendo il pop nel significato beatlesiano del termine, come contaminazione di diversi generi. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro salotto virtuale Dolcenera per parlare con lei di musica e dell’importanza del valore della libertà oltre ogni muro ideologico.
Le giornate di quarantena sono particolarmente difficili per tutti, come stai vivendo questo periodo di necessaria reclusione?
«I primi giorni non sono stati facili, io non riesco a star ferma, sono una sportiva e metabolizzare questo cambiamento delle abitudini della nostra vita non è un processo piacevole ma ovviamente restare in casa è tutto ciò che possiamo fare per combattere il virus. Dopo averci pensato, ho deciso di non lasciarmi prendere dallo sconforto, ho lanciato il singolo “Wannabe” che avevo registrato prima dell’emergenza sanitaria. È un brano energico con il featuring del rapper Laïoung. Continuare a lavorare, sopratutto in questo momento, è una terapia che ti spinge ad andare avanti. Le mie giornate non sono abitudinarie, capisco di essere una privilegiata perchè lavoro da casa e non tutti posso farlo, il mio pensiero è rivolto a tutte quelle persone che devono continuare le proprie attività fuori casa convivendo con la paura, la stessa che canto in “Wannabe”, che si trasforma in istinto di sopravvivenza e che ti fa continuare a lottare contro un mondo fragile che ruota intorno all’apparire piuttosto che all’essere. Mi auguro che questo periodo di profonda difficoltà, che ci distanza gli uni dagli altri, ci conduca ad una riflessione, ad un cambiamento reale e concreto. Questo è tempo di guardarsi dentro e di imparare finalmente ad amare se stessi e gli altri».
A dirla tutta la solitudine non è una condizione nuova per te o sbaglio?
«Si, sei un attento osservatore, direi che hai intuito che nei periodi in cui compongo mi ritrovo spesso da sola, lontana da tutti, davanti al pianoforte per seguire i progetti discografici che curo con un’attenzione meticolosa, ma mi piace anche uscire di casa per contaminarmi ed osservare il mondo che poi racconto nei testi, adoro viaggiare e scoprire culture diverse…».
Il testo di “Wannabe” oltre ad essere molto attuale è anche particolarmente diretto e la collaborazione con Laïoung sembra particolarmente ispirata…come è avvenuto questo sodalizio artistico?
«Nel periodo in cui mi sono dedicata alle cover trap, per il progetto discografico “Regina Elisabibi”, diventato virale su Youtube, ho conosciuto Laïoung ed ho scoperto un musicista e produttore particolarmente sensibile, cosmopolita, con cui mi sono subito trovata a mio agio…».
Il videoclip l’avete girato insieme a Milano qualche giorno prima che fosse dichiarata zona rossa…
«Siamo stati fortunati, abbiamo girato il videoclip qualche giorno prima del lockdown tra Milano e Roma. La location è stata quella del cimitero di Crespi D’Adda, un luogo ricco di leggende e poi un centro direzionale. Io amo particolarmente Milano, in questi giorni cercavo casa in zona Brera, volevo vivere la sua atmosfera frenetica e stimolante…Io sono sempre stata solitaria ma questa volta volevo mettermi alla prova e catapultarmi in un luogo dove la convivialità fa rima con la creatività…spero di tornarci presto».
Nel brano canti “Ad essere sinceri si fa più fatica”, tu artisticamente ed umanamente lo sei stata sempre?
«Purtroppo si, il mio compagno mi ripete spesso che sono stata fortunata perché sono sempre riuscita a fare ciò che volevo senza che nessuno del mercato musicale mi abbia mai imposto delle scelte che non erano le mie, e spesso nel nostro mondo come sai, non è facile essere sempre fedeli a se stessi. La mia sincerità mi ha portato ad esplorare mondi differenti e a volermi sentire sempre diversa, ma c’è sempre un prezzo più o meno alto da pagare».
Il tuo prezzo da pagare qual è stato?
«Il detto dice: “Squadra che vince non si cambia” vero? Se vuoi quella è la strada più semplice da percorrere, quella rassicurante che mette d’accordo tutti e che ti fa lavorare di meno…Io invece sono da sempre un’esploratrice non riesco a rinchiudermi in un clichè».
Dai tuoi esordi a Sanremo con “Siamo tutti la fuori” passando per la strada rock di “Com’è straordinaria la vita” arrivando fino alla svolta pop con “Il mio amore unico” e le contaminazioni elettroniche e trap dell’ultimo periodo di cambiamenti ne hai percorsi tanti; Qual è il filo rosso che lega tutte queste esperienze?
«Sicuramente la parte cantautoriale, a livello musicale posso ricevere influenze diverse ed evolvere in tanti generi diversi ma parto sempre dalla voglia di raccontare non solo la sfera intima e personale ma anche il mondo intero aprendo gli occhi ad orizzonti vasti e sconfinati. Questo è quello che muove ogni mio progetto artistico».
A proposito di vena cantautoriale, come si articola il tuo tuo laboratorio creativo?
«Dipende, posso partire prima dal testo o dalla melodia, non c’è uno schema fisso. Se fossi in america sarei una top liner perché disegno le linee melodiche, i testi, gli hook e le frasi musicali che mi sembrano orecchiabili, quelle che ti inchiodano alla canzone. Per questo motivo non ho molti brani nel cassetto perché quando individuo un sound che mi ispira programmandolo al pc, immediatamente devo scriverci una mia melodia, altrimenti preferisco accantonare il tutto e passare oltre. Sono molto istintiva in questo».
Tra gli esperimenti passati sei anche riuscita ad unire le Arie di Johann Sebastian Bach al trapper Young Signorino. Un’alchimia piuttosto audace…
«Si, ci sono riuscita grazie ai miei studi, io ho studiato per anni musica classica e per gioco ho individuato nel pezzo di Young Signorino “Mmh ha ha ha” la stessa scansione ritmica simile al “Preludio e fuga in mi minore” di Bach…e devo ammettere che mi sono divertita molto anche girando il videoclip».
Il mercato musicale dai tuoi esordi ad oggi è radicalmente cambiato, i tuoi ultimi pezzi “Wannabe“, “Amaremare” e “Più forte” sono intesi come dei progetti singoli e non sono contenuti in un album…ultimamente si segue un modello che non parte necessariamente da una raccolta di brani inediti…
«Si, oggi è tutto più veloce e si tende a pubblicare dei pezzi singoli, liberandosi dall’idea di pubblicare subito un album, questo non mi dispiace perché si ha la possibilità di concentrarsi al massimo su ogni singolo progetto anche se ti confesso che sono un po’ nostalgica…L’idea di strutturare un album è sempre una bella esperienza ma è anche giusto adeguarsi ai tempi e al nuovo modo di fruire la musica».
Tu quale tipo di ascoltatrice sei: preferisci lo streaming su Spotify o il vinile?
«Sono una consumatrice frenetica e compulsiva, anche per il lavoro che faccio, quindi scelgo sicuramente lo streaming… e per trenta secondi a pezzo (ride)».
La tua è una carriera ricca di incursioni anche fuori dall’universo discografico dalle collaborazioni cinematografiche al tuo ruolo di Coach per il talent show “The Voice of Italy”…Ci sono altre frontiere che vorresti abbattere?
«Vorrei provare ad esplorare la mia vena comica, nel tempo libero mi diletto con gli amici a inscenare delle divertenti imitazioni…lo adoro».
C’è un personaggio che ti riesce meglio?
«Aspiro a diventare come Maurizio Crozza, i suoi sketch mi divertono molto, oltre ad essere divertenti sono intelligenti e fanno riflettere».
Sbirciando il tuo Instagram, prima che scoppiasse l’epidemia del Coronavirus, hai documentato il tuo ultimo viaggio in Africa. Solitamente chi ritorna dal continente spesso si porta con se delle suggestioni importanti, a livello artistico la popolazione africana è particolarmente ispirata…
«Certo, quello è stato un viaggio che per me oltre ad essere stata una vacanza si è strutturata anche come un’azione di solidarietà con l’associazione “Insieme per donare un sorriso” abbiamo contribuito alla costruzione di una scuola; oltre a questo ho avuto anche modo di fare ricerca a livello musicale. L’ Africa ha creato in me dei contrasti molto forti, ti mette irrimediabilmente difronte allo specchio dell’ingiustizia sociale. Questo sentimento ovviamente è amplificato anche dal momento storico che ci porta a riflettere sulla nostra società che in questo momento è a un bivio davanti a due strade. Si può scegliere se percorrere quella della solidarietà dell’umanità e della condivisione sociale di questo dolore o quella dell’egocentrismo individuale che porta una nazione a contrapporsi verso un’altra…e non sappiamo ancora quale delle due intraprenderemo perchè allo stato attuale siamo ancora troppo divisi. C’è un Unione Europea che latita e che non ha ancora risolto alcune differenze culturali strutturate. In Germania la parola “debito” si dice allo stesso modo della parola “colpa” a livello culturale già solo questo ci può far capire come la pensino i tedeschi…è un fattore anche linguistico; in Ungheria invece abbiamo un Primo Ministro come Viktor Orbán che quasi come se fosse un regime dittatoriale ha ottenuto pieni poteri; te lo dico apertamente, questo scenario mi spaventa…».
Parlando di differenze si parla spesso di gender gap anche nell’industria musicale…le donne solitamente non sono autrici, compositrici o producer e, men che meno, ricoprono posizioni che potremmo definire “decisionali”, perché è ancora così difficile?
«Questa è una questione complessa, Il pubblico femminile è quello che influenza gli ascolti musicali e fruisce il prodotto artistico per comunanza d’intenti, ascoltando le altre donne, oppure dal punto di vista sentimentale ed epiteliale approcciandosi al cantante maschile con un impulso in più, è innegabile che gli artisti uomini suscitano un doppio interesse».
Di donne ne hai descritte diverse nelle tue canzoni…
«Mi piace molto scrivere storie di altre donne, in cui spesso mi ci ritrovo ed altre volte invece sono d’ ispirazione prima di tutto per me stessa. Le protagoniste delle mie canzoni si esprimono alla prima persona plurale, con il “noi” e non con l’ “io”, se ci pensi quella di fare gruppo, per definizione, è una caratteristica solamente maschile, invece io rigetto questa idea, non sono d’accordo; anche noi donne dobbiamo imparare a sostenerci a vicenda, seguire le nostre aspirazioni lavorative senza sentirci in colpa evitando di scegliere tra l’amore e la realizzazione di noi stesse».
Invece a livello personale, quali sono gli artisti maschili che apprezzi maggiormente?
«Mi piace tutto il cantautorato italiano da Fabrizio De Andrè, da cui ho mutuato il mio nome d’arte, passando per Guccini e Francesco De Gregori. Siamo un paese straordinario, si produce tanta buona musica».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Dolcenera, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«A causa della pandemia da coronavirus che ha colpito il mondo, in questo momento anomalo rispetto al quale siamo abituati, il Domani che vedo è più che mai incerto. Io spero che l’umanità intraprenda un cammino di condivisione reale, non solo sui social, lasciando da parte la visione individualista, è tempo di fare squadra e vincere il nemico insieme».
Intervista esclusiva a cura di Simone Intermite
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