Danilo Kakuen Sacco, ex leader dei Nomadi, è uno di quelli artisti che non smette mai di sperimentare e che viaggia controcorrente utilizzando il mezzo musicale per fotografare la nostra epoca con tutte le sue contraddizioni ed i suoi mutevoli cambiamenti. Il suo terzo capitolo da solista, dopo la sua lunga militanza nel gruppo de’ i Nomadi, è un nuovo album distribuito Artist First che si intitola “Gardé” e si sviluppa come un puzzle di canzoni inedite che interpretano la contemporaneità attingendo anche alla storia come un invito a preservare la memoria per trovare una chiave di lettura del presente. Il brano che dà il nome all’album, scritto con lo psichiatra calabrese ma umbro d’adozione Silvio D’Alessandro, è dedicato all’attualità e alla figura del sindaco di Riace Mimmo Lucano e racconta gli sbarchi, l’emigrazione e il pregiudizio nei confronti di chi è costretto a cercare fortuna in territori diversi da quello di appartenenza. In tutte le tredici tracce dell’album ci sono microstorie che attingono dal quotidiano e da momenti emblematici del passato per cantare la fratellanza: lo sport come metafora di amicizia, di resistenza agli urti della vita e agli imperativi della storia, ponendo l’accento sulla rivalità che non coincide con l’antagonismo, ma con la capacità di andare oltre le vittorie conquistate senza “…avere il rimpianto del vento che non ti corre accanto”, perché, come canta Sacco: “non c’è mai vittoria e non c’è mai sconfitta”. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro salotto virtuale Danilo Sacco e di parlare con lui di musica, amicizia e valori da preservare.
Il brano “Gardè”, scritto con l’ausilio dello psichiatra Silvio D’Alessando, parla di immigrazione e racconta la storia del sindaco di Riace Mimmo Lucano…Come è nata l’esigenza di approfondire questo aspetto di grande attualità?
«Il tema dell’immigrazione è un argomento importante da analizzare, attuale e controverso e mi sembrava giusto raccontare in musica una storia, quella di Mimmo Lucano, fatta di umanità e cuore. Anche se spesso ce lo dimentichiamo Il popolo italiano è da sempre interessato al fenomeno dell’immigrazione, a partire dalla metà dell’ottocento, io stesso ho molti parenti sparsi in giro per il mondo che, da immigrati hanno lasciato la terra d’origine per trovare fortuna altrove, è normale che ciò avvenga…fa parte della natura dell’uomo spostarsi. Dedicare un brano, quello più rappresentativo dell’album, al sindaco di Riace è stato per me un modo per rendere omaggio a uno dei pochi personaggi politici che, secondo il mio modesto parere, ha trovato delle soluzioni concrete rispetto ad un problema storico . Questo è un periodo molto complesso, con una congiuntura economica che non promette nulla di buono e con un odio dilagante che cresce esponenzialmente, ma non per questo dobbiamo dimenticare di restare umani e di guardare lo straniero come una ricchezza e non come una minaccia. Se vogliamo affrontare il fenomeno dell’immigrazione e dell’integrazione razionalmente occorre preparare un futuro più armonico e pacifico per tutti. Avremo sempre più italiani con la pelle scura e con gli occhi a mandorla, con il velo e di religioni diverse. Questa realtà esiste già nei fatti, quindi ora si tratta di accettarla, legittimarla e capire che la nostra società sarà sempre più diversificata. Accanto a questo credo che oggi abbiamo tutti un bisogno impellente di persone che lottino per mantenere vivi i nostri valori ed ideali, troppo spesso martoriati in un meccanismo che premia i più furbi e non i più coraggiosi».
Per la scrittura del brano ti sei affidato al supporto prezioso dello psichiatra Silvio D’Alessandro…Com’è avvenuta questa collaborazione?
«Il suo contributo è stato fondamentale, l’idea originaria di un brano che parlasse della storia di Mimmo Lucano è stata originariamente la sua. Molte immagini che sono state descritte in questo racconto in musica sono suggerite proprio da lui e il suo modo di approcciare la scrittura nella forma canzone mi ha colpito molto. Appena ho ascoltato il pezzo ho pensato che sarebbe stato inciso e che avrebbe avuto un ruolo centrale nel progetto discografico».
Mimmo Lucano ha avuto modo di ascoltare il brano?
«Certo, Mimmo Lucano ha ascoltato il pezzo prima delle recenti vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto, si è commosso e ci ha fatto anche i complimenti… Personalmente posso dirti che sono davvero molto orgoglioso di questo brano e dell’album in generale».
Il primo singolo di questo nuovo lavoro discografico è stato “Amico mio, dove parli di amicizia legata a doppio filo con due temi principali, l’apartheid e la malattia, con la storia di due grandi campioni del rugby che si incontrano…Cos’ è l’amicizia per te?
«Sarò banale ma parto col dire che l’amicizia è molto difficile trovarla, il detto dice: “chi trova un amico trova un tesoro”, ma sicuramente è un sentimento molto più forte dell’amore perché, quella vera non ha mai una fine; tuttavia la parola “amico” ultimamente è fortemente abusata e violentata. Eppure ci sono storie di amicizia profonda, ad esempio nello sport, che travalica l’individualismo come quella tra Joost Van der Westhuizen e Jonah Lomu oppure quella tra Owens e Luz Long, che è stato addirittura spedito in guerra per non aver vinto la medaglia d’oro. Questi esempi ti fanno capire che sentimenti del genere, forti e sinceri, quanto rari, sono esistiti per davvero e mi auguro che esistano ancora oggi ai tempi di Facebook e Twitter. Non bisogna però dimenticare che per nutrire dei sentimenti simili bisognerebbe imparare a lasciarsi andare e a fidarsi un po’ di più degli altri avendo fiducia e rispetto nel prossimo…in altre parole aprirsi alla vita e all’amore e non all’odio. Ti pare poco?».
Il racconto della contemporaneità passa anche attraverso i diritti delle donne con due brani “New York 1911” che racconta del tragico incidente della fabbrica Triangle, uno degli eventi che ha portato a ricordare ogni anno la “giornata internazionale della donna” e poi con “La rosa violata” dove la voce di un padre racconta la violenza subita dalla figlia…
«La scrittura di questi due pezzi è stata spontanea ed è nata leggendo le cronache che giornalmente ci raccontano di episodi di questo tipo. La violenza sulle donne è un tema fin troppo dibattuto, spesso a sproposito, e penso che se ne parli anche troppo. Ora sarebbe necessario proseguire con delle azioni serie per tutelare i diritti delle donne partendo dal basso, dall’educazione che possiamo dare ai nostri figli e nipoti, passando per un sistema di leggi che tutelino in maniera più stringente chi subisce una violenza. Ultimamente in Italia sono stati fatti dei passi avanti ma non basta; servono soluzioni legislative concrete e sopratutto più efficaci».
La tua carriera musicale è partita da giovanissimo, dopo aver militato in diverse band musicali proponendo musica rock e folk, nel novantatrè sei entrato a far parte dello storico gruppo dei Nomadi raccogliendo la pesante eredità di Augusto Daolio ma dopo diaciannove anni hai deciso di seguire la strada solista…Oggi cosa ti manca maggiormente del gruppo?
«Conservo sempre un ricordo vivo del periodo trascorso con i Nomadi perché mi ha dato tanto, così come io stesso ho dato tutto quello che potevo al gruppo, è stata un esperienza ed un vissuto totalizzante. Il tempo ed il corso degli eventi ha portato ad un punto in cui le nostre strade si sono dovute separare, oggi sono contento di continuare a vivere di musica e di ciò che riesco a realizzare con il mio progetto musicale da solista con cui sto ricevendo importanti riconoscimenti da parte del pubblico e critica, oltre che delle importanti soddisfazioni personali. Oggi, nonostante i tanti anni di carriera musicale vedo davanti a me un futuro tutto da scrivere e ne sono entusiasta ed orgoglioso».
Qual è il brano dei Nomadi a cui sei particolarmente legato?
«Il brano che preferisco dei Nomadi è sicuramente “Io voglio vivere“, l’abbiamo inciso nel duemilatre ed ero frontman già da un po’ di tempo, ti confesso che lo canto ancora con piacere durante i miei concerti ed è per me un inno ed un portafortuna. Uno degli autori, Andrea Mei, suona ancora con me quindi è naturale per noi riproporla, fa parte del mio repertorio e sono affezionato a questo pezzo».
La scelta di lasciare i Nomadi è stata anche motivata da un cambiamento radicale nella tua vita che passa da un infarto e tre interventi al cuore che non ti hanno più consentito di seguire il fitto calendario di concerti del gruppo…Cosa hai imparato da questa dolorosa esperienza?
«Dopo l’infarto nonostante la fatica ed il dolore, ho ripreso quasi subito a cantare con i Nomadi e senza rendermene conto sono ripartito in tour. Dopo qualche data ho esaminato me stesso ed ho capito che qualcosa si era rotto ed era cambiata in me stesso la percezione di ciò che mi stava accadendo intorno. Dopo quell’evento traumatico, che ha segnato inevitabilmente la mia vita e quella dei miei cari, ho imparato tante cose, prima fra tutti e di non avere mai paura di niente perché la paura è contagiosa. Poi ho capito che il successo o il consenso sociale è sempre passeggero mentre i valori veri come l’amicizia, l’amore della tua famiglia e dei tuoi figli è ciò che veramente conta e che resta. Oggi mi sento davvero libero perché non sono più legato agli aspetti materiali ed effimeri, è come avere un’altra occasione per non sbagliare…e per capire e dare importanza a ciò che è veramente importante».
A proposito di paura ultimamente la parola “sicurezza” legata ai nuovi decreti sembra essere l’antidoto giusto per poterla combattere…
«La sicurezza è importante ma non bisogna per questo sacrificare la propria privacy e la propria libertà d’espressione e di opinione. Come disse Padmé Amidala in Star Wars la democrazia muore sotto scroscianti applausi…Ti ricordi? Oggi è facile utilizzare il timore e l’odio dilagante per ricevere il consenso delle masse. Sicuramente è fondamentale regolamentare alcuni aspetti ma bisogna farlo con lucidità».
Qualche tempo fa hai pronunciato i voti di Monaco laico Zen presso il Monastero Fu-Denji ed hai assunto il nome di Kakuen traducibile come “Zingaro perfetto” o “Nomade nella polvere del vento”…Come ti hanno aiutato i valori buddisti ad affrontare le avversità della vita?
«I valori buddisti sono stati da sempre per me un faro guida, pur non essendo osservante, ho sempre vissuto con interesse questa filosofia di vita. Dal buddismo ho imparato che i successi ed i fallimenti non sono da imputare a Dio o agli altri; gli oneri e gli onori della vita sono tutti legati alla responsabilità delle nostre azioni…naturalmente poi può capitare di incontrare degli ostacoli o degli aiuti che possono coadiuvarti in qualche fase particolarmente difficile della vita, ma la scintilla deve venire unicamente da te».
La scintilla della tua vita in questo periodo, oltre alla musica, è anche l’amore…L’anno scorso hai anche pronunciato il fatidico sì sull’altare…
«Sì, per me la famiglia è un pilastro su cui appoggiarsi, non sono mondano, nonostante il mio lavoro mi porti in giro per il mondo, e mi piace vivere l’ambiente domestico lontano dalle luci dei riflettori. In casa con i miei affetti ritrovo la forza per affrontare la vita. Il ritorno a casa, come per l’Ulisse di Omero, è la mia certezza dopo ogni concerto o riunione…come un porto sicuro dove tornare».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Danilo Sacco, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Per il Domani nessuna paura mai e nessuna resa ma solo lavorare e migliorare se stessi ogni giorno».
Simone Intermite
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