Diciamolo: non è da tutti impiegare le proprie forze e le proprie conoscenze per dare vita a un saggio letterario sul cui fulcro ruotano personalità e argomentazioni sinceramente abusate da decenni di critica di settore. Riuscire a farlo senza dimenticare a casa l’inestimabile bagaglio di passionalità e predisposizione umanistica è gran cosa.
La perizia con cui Gabriella Maldini cesella il suo I narratori della modernità (CartaCanta edizioni) va di pari passo, infatti, col talento (perché sì, è un talento) di rendere il tutto perfettamente congruo a un’assimilazione testuale concretamente applicabile alla vita di tutti i giorni.
Balzac, Flaubert, Maupassant e Zola: i quattro inamovibili paladini di quella letteratura francese ottocentesca che ha seminato così indelebilmente, oltre a tutto il resto, anche la capacità di fare dell’arte quello che dovrebbe sempre essere, cioè esempio esistenziale, contenitore di valori e linee guida per un vivere collettivo che sia anche realizzazione ideologicamente universale, prima ancora che sociale e politica.
Non è affatto scontato identificare in quei maestri il nucleo fondante di quello che ancora oggi, in qualche modo, si annida tra dinamiche di mercato soffocate da profitto e inconsistente leggerezza di un essere non più in grado di badare a lungimiranze di pensiero e, quindi, di azione utilitaria, per sé quanto per i propri simili.
Davvero dobbiamo ancora tornare così indietro per comprendere il presente e rivolgere lo sguardo in avanti? A quanto pare sì, se realmente vogliamo tornare a farci creatori di opere dotate di un qualunque senso e di una qualche utilità. A quanto pare sì, se davvero vogliamo scoprire di avere ancora, dentro, interi mondi da sprigionare per ritrovare il coraggio di osservare lo specchio e intravedere qualcosa.
Attraverso le pagine di I narratori della modernità, Maldini attualizza la materia trattata proprio in funzione di un’utilità futura, fondata su una complementarietà di argomentazioni indispensabile alla comprensione di un tutto contenutistico che dalle forme semantiche libera galassie di significato concreto, reale, tangibile.
Viaggiare come procede Maldini, in questo senso, vuol dire ritrovare un tesoro reso muto dal metodismo odierno per immergersi in una contemporaneità da far letteralmente rimangiare con contorno a materialismi borghesi e consumismi dell’ultima ora. Il tutto, fin dove possibile, dirigendosi verso un futuro che, forse, potrebbe non apparire così tetro come lo vediamo adesso.
Stefania De Marco