Emma Dante : Operetta Burlesca – Il trionfo della diversità

In occasione del Florence Queer Festival è andata in scena, al teatro Rifredi di Firenze, l’opera della rinomata regista e drammaturga siciliana Emma Dante, fondatrice della compagnia Sud Costa Occidentale. Il festival svoltosi in tre giornate, dal 15 al 18 Novembre , a Firenze ha accolto la nuova ondata di spettacoli a tematica queer.

Il queer è una corrente di pensiero nata intorno agli 90’ in America. Rappresenta un approccio interdisciplinare a vari ambiti di studio, dalla filosofia alla cinematografia.

La teoria queer cerca di riaffermare il diritto di esistenza di alcune ‘’categorie’’ escluse, denigrate, spinta da esigenze politicamente emancipatrici come la desacralizzazione del sesso e del genere che sono i perni su cui  posa la sua azione.

In questo contesto si colloca il geniale contributo di Emma Dante, siciliana di origine autrice di Via castellana Bandiera, Battute d’arresto, L’Odissea, Il sortilegio e innumerevoli altre opere di ‘’teatro sociale’’.

 

Operetta Burlesca è una rappresentazione teatrale che narra le vicende di Pietro, un giovane ragazzo della provincia di Napoli. Figlio di genitori siciliani e in quanto tali ancorati alla tradizione, alla famiglia e soprattutto alle aspettative sociali della gente intorno a loro. Pietro si sente donna nonostante l’aspetto mascolino. Il suo destino è la pompa di benzina che erediterà dal padre, uomo burbero e privo di umanità. La madre, interpretata dallo stesso attore del padre, sembra essere la migliore amica di Pietro ma come ogni madre è accecata dall’amore e non riesce a vedere al di là del confine fisico. Tant’è vero che passa dal sostenere il figlio a rinnegare la sua natura e chiedergli ossessivamente un nipotino. Il corpo, si, spesso rappresenta un confine. Alcune persone nascono in corpi sbagliati. Alla nascita un colore definisce quello che sei in base ai genitali, ma nessuno pensa alle conseguenze di questa indebita assegnazione di genere. Pietro ha deciso. Si è innamorato di un commesso che ricambia il suo amore apparentemente ma di fronte alla drasticità della scelta di Pietro, si spaventa e si arrabbia perché ha reso pubblico il suo ‘’vizio’’, confessando tutto alla moglie. Risalta un’idea di famiglia intesa come strumento di oppressione e coercizione. Una piovra assassina che cerca di manomettere l’autodeterminazione della persona. Una cellula impazzita fatta rivivere come una babele di linguaggi in cui le parole tanto spesso dialettali perdono la loro funzione diventando suono, voce. E poi c’è l’attenzione al Sud, alle diversità e alla marginalità. C’è anche la provincia, che a saperla guardare è l’autentica miniera delle storie nazionali. E quindi vi è l’attenzione ai corpi che, anche se “sbagliati” sono anzi più interessanti.

 

Un mondo sbiadito ma colorato di un intonaco che si sfalda. L’opera inscena i traumi familiari, la miseria identitaria che si espande a macchia d’olio. Una violenza tangibile, fatta di sottomissioni e minacce. Emma Dante, insieme alla compagnia teatrale Sud Costa Occidentale ci racconta tutto questo criticamente, facendo muovere gli attori (Carmine Maringola, Roberto Galbo, Francesco Guida e Viola Carinci), in uno spazio scenico delimitato, arricchito da manichini e bambole gonfiabili e in proscenio luccicanti scarpe da donna. Brillanti come è brillante questo nuovo tassello teatrale nel mosaico di denuncia sociale queer, ad opera di una della più geniali menti della drammaturgia siciliana.

Non è un caso se la regista sceglie un’opera burlesca. Deve mettere in scena uno spogliarello,’’ lo spogliarello dell’anima’’. Tutti e tre i ballerini rimangono completamente nudi sul palco, senza accentuare la loro sensualità, senza mettersi in mostra per piacere ma per evidenziare l’essenzialità del corpo umano e allo stesso tempo la possibilità di giocare con questo corpo, spogliarsi, vestirsi, cambiare. È una riappropriazione di se stessi, allude alla natura performativa del genere che avviene costantemente, anche quando non la sentiamo nostra. Uno spogliarello dell’anima che si libera finalmente dalle costrizioni di un mondo chiuso, che deturpa la fantasia e ti schiaccia sotto il peso dei sensi di colpa. Peso morale della diversità. Senza trattare di complicazioni mediche, o di un cambiamento connotativo; semplicemente si mette in scena l’ingenuità del travestimento, e allo stesso tempo la facilità con cui è possibile somigliare a una donna, dimostrando che si tratta di abiti sociali e nient’altro. Rendendo possibile quindi quell’attraversamento, teorizzato da Butler e molti altri studiosi queer, che dimostra l’esistenza di una miriade identità sessuali e che il genere non è il destino derivante dal sesso, grazie al gioco del travestimento.

 

La compagnia teatrale, di encomiabile bravura, è riuscita a portare avanti uno spettacolo di un’ora senza fermarsi mai e regalando attimi di pura emozione. Un contenitore di suoni, immagini e voci che esplodono come le note del Terzo fuochista, di Tosca, sottofondo musicale, una tamburellata sullo stille della fanfara allegra di natura fieristico-bandistica.

Emma Dante, dichiara “Ho scritto questa storia perché ho conosciuto tanti Pietro. Ma non li ho mai visti ballare, e anche perché spero che sulle unioni omosessuali l’Italia colmi il ritardo con l’Europa. Detesto: la repressione del vero desiderio e del talento”. I sui interrogativi, infatti, partono sempre da sé stessa, e nella speranza che anche il pubblico possa porsi nella prospettiva, opta per la semplicità della scena. E mai quanti oggi questo messaggio di ‘’protesta’’ ha necessità di leggerezza e anche con un po’ d’ironia, affinché la ‘’diversità’’ divenga ‘’naturale’’.

 

 

Vincenzo Lo Russo

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