Come ogni natale anche quest’anno approda al cinema “Coco” il nuovo film d’animazione realizzato da Disney Pixar.
“Coco parla di un bambino di 12 anni con dei grandi sogni”, afferma il regista Lee Unkrich. “Racconta di una famiglia di grandi lavoratori, dotata di grandi tradizioni e piena d’amore. Ma la cosa migliore di Coco è che questo ragazzino potrebbe essere mio figlio. Questa famiglia potrebbe vivere accanto a noi. La nonna dolce ma severa che insiste per farvi mangiare un altro boccone potrebbe essere vostra nonna. Questa storia possiede elementi che sono familiari per tutti noi. Per questo è così speciale”. Questo tema universale legato alla famiglia era molto importante per i filmmaker. “Tutti noi facciamo parte di una famiglia”, afferma il co-regista e sceneggiatore Adrian Molina. “I rapporti con i nostri familiari sono bellissimi e complicati. È la nostra famiglia a determinare che tipo di persone diventeremo e questo ci ha fatto pensare: se avessimo l’opportunità di incontrare i nostri antenati, quali delle nostre caratteristiche ritroveremmo in loro?”. Unkrich aggiunge: “Abbiamo trovato un filo conduttore nell’esigenza di essere ricordati, di percepire che continueremo a essere importanti anche alla fine della nostra vita sulla Terra. Allo stesso modo, c’è un grande desiderio di mantenere vivi i ricordi legati ai nostri cari. Condividendo le loro storie e creandone una tutta nostra, costruiamo un legame che trascende le generazioni e diventa molto più grande della nostra vita quotidiana”. Il 19º lungometraggio targato Pixar Animation Studios racconta la storia di Miguel, un aspirante cantante e chitarrista autodidatta, che sogna di seguire le orme del suo idolo Ernesto de la Cruz, il musicista più famoso nella storia del Messico. Ma ormai da generazioni la musica è severamente proibita nella famiglia di Miguel. Molti anni prima, la sua trisnonna e il suo trisnonno si trovarono in un vicolo cieco: lei desiderava allevare la sua famiglia insieme al marito nel paesino di Santa Cecilia, ma lui non era intenzionato a mettere da parte il proprio sogno e così abbandonò la famiglia per diventare un musicista. Tramandato di generazione in generazione, il divieto di fare musica stabilito dalla trisnonna Mamá Imelda viene ancora mantenuto con severità, purtroppo per Miguel. “Quando Miguel scopre un segreto legato al passato della sua famiglia, un legame con Ernesto de la Cruz, condivide subito la notizia con la sua famiglia pensando che ciò li convincerà a permettergli di diventare un musicista”, afferma lo sceneggiatore Matthew Aldrich. “Ma con sua grande sorpresa, questo non farà che peggiorare le cose”. – 3 – Molina aggiunge “Miguel si sente costretto a scegliere tra la sua passione per la musica e l’amore che nutre per la propria famiglia. Vorrebbe condividere con loro il proprio talento e dimostrare che fare musica è sia bello sia onorevole. Ma affronta la situazione nel modo sbagliato”. Le sue azioni impulsive danno vita a una magica trasformazione che rende Miguel visibile soltanto ai defunti che sono venuti a visitare i loro parenti dalla Terra dell’Aldilà durante il Día de Muertos, noto anche come Día de los Muertos. Questo vivace e variopinto mondo parallelo è abitato da generazioni e generazioni di persone che molti anni fa lasciarono la Terra dei Vivi: tra loro ci sono anche gli antenati di Miguel, che lo riconoscono subito e si offrono di aiutarlo a patto che lui accetti di rinunciare per sempre alla musica. “Miguel non può assolutamente accettarlo”, afferma la produttrice Darla K. Anderson, “così si unisce a un astuto scheletro di nome Hector e i due partono alla ricerca di Ernesto de la Cruz, che pensano possa aiutarli a capire come mai la famiglia di Miguel abbia preso la strana decisione di bandire la musica”. Fortunatamente, il divieto di fare musica della famiglia Rivera non si estende anche al film. “Mi piace molto questa ironia”, afferma la Anderson. “Abbiamo una famiglia con un’inspiegabile opposizione alla musica che vive in un Paese immerso in essa. In Coco abbiamo reso omaggio a tutti gli stili della musica messicana”. Secondo la Anderson, l’autenticità era molto importante. I filmmaker volevano assicurarsi che la musica presente nel film avesse non soltanto un sound genuino, ma anche un aspetto credibile. “Abbiamo usato vari filmati di musicisti come riferimento per dare il giusto aspetto alle scene in cui Miguel strimpella la sua chitarra. Abbiamo reclutato svariati musicisti messicani dotati della speciale abilità di infondere il proprio spirito nella musica che suonano, rendendola unica”. Ambientato in Messico, Coco si svolge in due mondi distinti: la Terra dei Vivi e la Terra dell’Aldilà. Miguel e la sua famiglia vivono a Santa Cecilia, un affascinante paesino dotato di una piazza centrale molto movimentata in cui gli abitanti si riuniscono. L’aspetto e l’atmosfera di Santa Cecilia sono ispirati ad alcuni dei villaggi visitati dai filmmaker durante i loro viaggi di ricerca. Ma questi viaggi hanno influenzato anche molti altri elementi del film. “La storia di Coco è ispirata agli abitanti, alle culture e alle tradizioni del Messico”, afferma Unkrich. “Gli abitanti del Messico ci hanno fatto pensare alle nostre storie familiari e al modo in cui questo ci rende le persone che siamo. Siamo davvero grati delle opportunità che ci sono state offerte e possiamo affermare con sincerità che siamo diventati delle persone diverse grazie a queste esperienze”. Coco è diretto da Lee Unkrich (Toy Story 3 – La Grande Fuga) e co-diretto da Molina (story artist di Monsters University) a partire da una sceneggiatura scritta da Molina e Matthew Aldrich (Spinning Man). Il film è prodotto da Darla K. Anderson (Toy Story 3 – La Grande Fuga), mentre John Lasseter è il produttore esecutivo. Coco vanta una colonna sonora originale composta dal premio Oscar® Michael Giacchino (Up, Rogue One: A Star Wars Story), una canzone scritta dai vincitori dell’Oscar® Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez (Frozen – Il Regno di Ghiaccio) e brani musicali aggiuntivi scritti da Germaine Franco (Dope – Follia e Riscatto, Shovel Buddies) insieme a Molina. Il team è inoltre arricchito dal consulente musicale Camilo Lara del – 4 – progetto musicale Mexican Institute of Sound e dai consulenti culturali Lalo Alcaraz, Marcela Davison Avilés e Octavio Solis.
Pixar Animation Studios esplora un’ampia varietà di mondi nei suoi film: da Parigi alla Grande Barriera Corallina, dallo spazio a Mostropoli. Per creare questi mondi fantastici rendendoli credibili insieme con i personaggi che li abitano, il processo di ricerca è fondamentale, che si tratti di smontare giocattoli classici o di capire quanti palloni servano per far volare una casa. In Coco, i filmmaker volevano permettere al pubblico di immergersi nella cultura di riferimento della loro storia. Hanno affrontato le loro ricerche da diversi punti di vista, ingaggiando consulenti ed esperti, studiando l’arte, il cinema e la musica messicana e viaggiando attraverso il Messico per scoprirne le tradizioni, incontrarne gli abitanti e visitare in prima persona i luoghi in cui i loro personaggi avrebbero vissuto. Consulenti culturali I filmmaker hanno collaborato con una squadra di consulenti culturali che comprendeva il vignettista politico Lalo Alcaraz, il drammaturgo Octavio Solis e l’autrice, artista, produttrice indipendente e attivista Marcela Davison Avilés. I consulenti, le cui famiglie sono originarie del Messico, hanno offerto il loro parere su ogni cosa: dagli abiti dei personaggi all’arredamento dei set fino alla gamma cromatica e persino ai dialoghi, incoraggiando una mescolanza fluida tra lo spagnolo e l’inglese all’interno della sceneggiatura in un modo semplice, senza bisogno di traduzioni. “Questo riflette la nostra formazione”, afferma Solis. “Siamo cresciuti all’interno di famiglie bilingue. A scuola parlavamo spagnolo e inglese in modo intercambiabile”. Solis, che lavora nella scena artistica della baia di San Francisco da trent’anni, afferma che i filmmaker hanno accolto e incoraggiato le sue opinioni. “Non sempre riesco a conformarmi”, afferma. “Sono consapevole che le persone appartenenti alla mia cultura desiderano crescere ed essere più coinvolte nell’esperienza americana”. Solis ha incoraggiato i filmmaker a non prendere troppo sul serio gli abitanti della Terra dell’Aldilà. “Vogliamo onorare i nostri antenati in modo spensierato: se qualcuno è un rompiscatole da vivo lo sarà probabilmente anche da morto. Credo che il film riesca a catturare molto bene quest’idea”. Il vignettista Lalo Alcaraz creatore della striscia a fumetti La Cucaracha, pubblicata in tutti gli Stati Uniti, ha sostenuto gli sforzi dei filmmaker nell’affrontare il tema della famiglia. “I latinoamericani hanno una struttura familiare molto forte: la famiglia è la cosa più importante”, afferma. “È quello che amo di Coco”. “È una storia universale incentrata sull’amore duraturo che lega i membri di una famiglia”, aggiunge Marcela Davison Avilés. “C’è un profondo omaggio culturale durante – 5 – il Día de Muertos ma oltre a questo è importante comprendere gli aspetti celebrativi di questa festa e capire che nel film i bambini sono felici di prendere parte alla celebrazione”. “Dopo aver visto il film gli spettatori comprenderanno molto di più questa cultura e queste tradizioni, perché Pixar ha svolto moltissime ricerche”, afferma Alcaraz. Avilés è anche curatrice e produttrice di varie rassegne sull’arte tradizionale messicana: a suo parere, durante le loro ricerche per rappresentare la cultura messicana in modo fedele, i filmmaker di Coco sono partiti con il piede giusto comprendendo che c’era bisogno della massima accuratezza possibile. “Sono partiti da questa consapevolezza”, afferma. “Si sono presi tutto il tempo necessario per cercare di capire la nostra cultura. Hanno parlato con tantissimi esperti provenienti da vari campi: archeologi, musicisti, attivisti culturali. E hanno anche intrapreso diversi viaggi di ricerca. Lo hanno fatto con estrema sincerità, rispetto e umiltà”. La ricerca “Non appena abbiamo deciso di raccontare una storia ambientata in Messico abbiamo subito prenotato il nostro primo viaggio di ricerca”, afferma il regista Lee Unkrich. “Nel corso di tre anni abbiamo visitato musei, mercati, piazze, botteghe, chiese, haciendas e cimiteri sparsi per il Messico”, afferma Unkrich. “Le famiglie ci hanno accolto nelle loro case e ci hanno parlato del cibo che amano, della musica che ascoltano, dei loro mezzi di sostentamento e delle loro tradizioni. E soprattutto abbiamo visto in prima persona il grande valore che attribuiscono alla famiglia”. Secondo Unkrich, è stata proprio quest’idea a dare vita alla storia che sarà proiettata sul grande schermo. “Volevamo fortemente esplorare i legami familiari che ci legano alle generazioni venute prima di noi”, afferma. “Questa storia è incentrata sulla celebrazione del nostro passato anche mentre stiamo guardando al futuro”.