L’11 marzo si è celebrato il centenario della nascita del maestro del tango argentino Astor Piazzolla.
Il musicista nacque a Mar de la Plata da genitori di origine italiana. Dopo aver vissuto sei anni a New York, nel 1936 tornò in Argentina. Nella sua patria comincia a suonare il bandoneon (un particolare tipo di fisarmonica) in diverse orchestre di tango locali sino a diventare una leggenda. In concomitanza con il suo centenario, Daniel Rosenfeld propone un documentario che narra la vita e la carriera di questo personaggio complesso.
In Argentina il tango è una bandiera, una maniera di vivere e come tale è intoccabile. Nasce tra la fine dell’800 e i primi anni 20, si sviluppa come una “miscellanea” di generi popolari e si diffonde nei quartieri periferici.
“Il Tango è un’espressione diretta di qualcosa che il poeta ha spesso cercato di esprimere con parole: la credenza che una lotta potrebbe divenire una celebrazione” (J. L. Borges)
Una lotta quella di Piazzolla che lo portò ad essere uno degli artisti apprezzati in tutto il mondo, ma, per molti anni, criticato nella sua patria. L’Argentina considerò per un lungo periodo l’artista come “colui che aveva assassinato il tango” per il suo discostarsi dall’universo musicale di Gardel.
Un’artista influenzato dalla musica jazz americana che si unisce alla più antica tradizione argentina, creando quello che verrà chiamato il nuevo tango. Un tipo di musica alternativa che mescola al suo interno elementi della musica da camera e l’improvvisazione tipica del jazz. Un tango che vive di sola musica senza l’intromissione di parte cantante, tipiche del tango argentino.
Uno dei suoi titoli più famosi, “Libertango”, prende ispirazione dalla collaborazione con musicisti e cantanti italiani come Mina, Iva Zanicchi e Milva, il bassista Pino Presti, il batterista Tullio De Piscopo e molti altri.
Oggi le opere di Astror Piazzolla sono considerate parte della cultura argentina e mondiale, ricoperte di omaggi da molti artisti come il grande violinista Gidon Kremer che nel suo “Hommage a Piazzolla” esegue il capolavoro “Obliovion”.
Una musica di frontiera “tra il suonare e l’amare” (Paolo Conte), malinconica come le canzoni di Atahualpa Yupanqui o Mercedes Sosa, illusionaria come la poesia di J.L. Borges.
“La mia musica è triste perché il tango è triste. Il tango ha radici tristi e drammatiche, a volte sensuali, conserva un po’ tutto, anche radici religiose. Il tango è triste e drammatico, ma mai pessimista” (Astor Piazzolla)
Maria Del Vecchio