Fisico e digitale, femminile e maschile, avanguardia e tradizione. Dicotomie inconciliabili? Non per Olivier Rousteing.
Il golden boy della moda internazionale e direttore creativo della maison Balmain ha aperto il 2022 con un’iniziativa fresca e ambiziosa, che mette a contatto mondi diversi con l’obiettivo dichiarato di sfatare miti obsoleti e aprire l’industria al futuro. Stiamo parlando di una partnership tra Balmain e niente meno che l’icona di moda più celebre al mondo, capostipite delle modelle e antenata illustre delle influencer: la Barbie. La maison francese, in collaborazione con la celebre azienda di giocattoli Mattel, ha creato una capsule in limited edition ispirata alla bambola per antonomasia, interamente composta da capi e accessori rosa shocking, ovviamente. Nulla di particolarmente avanguardista se detto così, eppure si tratta di un’operazione molto più complessa di quanto si possa pensare. Rousteing ha infatti preso la Barbie, che negli ultimi anni è stata più volte oggetto di aspre critiche perché accusata di promuovere un’identità femminile stereotipata e un’immagine del corpo della donna fuorviante, e l’ha catapultata nel nuovo anno come testimonial d’eccezione della moda genderless. Non fatevi ingannare dai colori: la collezione è infatti composta da circa cinquanta capi che sono assolutamente unisex. Il superamento della rigida divisione tra femminile e maschile è un tema caro a Rousteing, che più volte ha firmato capi capaci di sbiadire un confine che le nuove generazioni sentono sempre più come un limite da valicare.
E a proposito di limiti da valicare, ce n’è un altro che la collaborazione Balmain x Barbie supera con naturalezza disarmante: quello tra ciò che è storia e ciò che è innovazione. Da un lato infatti, Rousteing va ad indagare le radici del brand, riportando alla ribalta l’iconico monogramma labyrinth disegnato proprio da Pierre Balmain negli anni ’70, rendendolo il leit motiv della collezione insieme alle spalline imbottite, i glitter e i bottoni d’oro che sono diventati negli anni la cifra stilistica della maison. Dall’altro, tutto ciò viene trasportato nel metaverso. Gli abiti sono stati infatti realizzati non solo come oggetti fisici, ma anche come NFT (Non-Fungible Tokens) indossati da tre avatar virtuali di Barbie. Con la lungimiranza di chi è abituato a guardare solo avanti, Rousteing è tra i primi, e non solo nel mondo della moda, ad intuire le potenzialità del metaverso su cui ci stiamo affacciando, e ha reso i propri capi opere d’arte digitali che sono state messe all’asta l’11 Gennaio. I vincitori dell’asta hanno ricevuto la proprietà esclusiva dell’NFT, una sua traduzione fisica in scala Barbie e lo schizzo originale del modello. Ad Olivier Rousteing va reso il merito di aver fatto molto più di ciò che ci si aspetta dal direttore creativo di un brand di moda: ha saputo interpretare in maniera impavida i cambiamenti di un mondo la cui realtà si sta via via rarefacendo, senza dimenticare che una maison prima ancora di avere un futuro deve custodire la propria storia, e ha trasformato uno dei simboli della femminilità cis-gender più tradizionalista nell’ icona modernissima di una moda che non ha bisogno di sentirsi dire cosa le persone possono o non possono indossare.
Ed è quasi toccante il modo candido, vagamente infantile, con cui Rousteing ha descritto questa raffinatissima operazione artistica e commerciale al New York Times: “la mia piccola vendetta” l‘ha definita, una vittoria personale riportata, dopo anni, su di un padre che da bambino non gli ha mai permesso di giocare con le Barbie.
Fiorenza Sparatore