Giunge alla quinta edizione il “Ratatà”, festival di illustrazione e editoria indipendente che si svolgerà a Macerata dal 12 al 15 aprile 2018.
Ratatà nasce dalla collaborazione di artisti, fumettisti, illustratori, case editrici e spazi sociali provenienti da tutta Europa .
Durante il festival si percepirà un’aria di comunione e sperimentazione che coinvolgerà chiunque, allo stesso tempo sarà possibile immergersi e conoscere meglio la città poiché Il festival si dislocherà nel centro storico con mostre, workshop, incontri, feste dedicati al mondo dell’illustrazione, del disegno, del fumetto e dell’editoria indipendente. Il centro pulsante dell’evento sarà la mostra-mercato alla quale parteciperanno autori, collettivi, case editrici indipendenti provenienti da tutta Europa.
Il Ratatà propone contenuti sempre diversi e sperimentali, mantenendo l’ingresso gratuito alle esposizioni, alla mostra-mercato e agli espositori. L’obiettivo del festival negli anni è rimasto immutato: mantenere una ricerca di alto livello che sia per tutti stimolo, risorsa, condivisione, crescita, mantenendo un’identità forte e il più possibile indipendente dalle logiche commerciali. Sviluppa una missione politica, sociale e culturale attraverso connessioni e confronto fra artisti, creando una prospettiva, uno spazio di lavoro, entrando anche in dialogo con la comunità che lo ospita, offrendo alla stessa spunti e argomenti di riflessione.
“Il fil rouge della quinta edizione del Ratatà Festival è l’adunata di gente, la parata, l’unione di tante identità isolate che diventano corpo unico”, racconta Nicola Alessandrini, organizzatore dell’evento con Lisa Gelli ed Enrico Fiammelli. “L’evento sarà una sorta di autodafé in cui, eliminato ogni riferimento alla religione, alla punizione, al dolore e al senso di colpa, l’atto di fede diviene quello che ognuno di noi dovrebbe rivolgere all’umanità: ovvero quello dell’uomo verso il suo simile, la riflessione sull’errore, sull’identità come amalgama di esperienze. Con autocritica, sì, ma anche con tanta autoironia”.
Giada Fanelli