Molti eventi estremi stanno di nuovo funestando il Nord e il Centro Italia, con colate di fango e tornado. Lo temevamo, anche per l’energia termica accumulata nei nostro mari con le temperature molto al di sopra della norma di questa estate. L’aumento del numero e dell’intensità degli eventi estremi, dalle ondate di calore alle tempeste e alluvioni, è dunque effetto diretto della crisi climatica e del riscaldamento globale. Come lo sono la fusione dei ghiacciai e, con altri fattori, la tremenda siccità che sta imperversando in Europa, in Cina e negli Stati Uniti. Anzi, il susseguirsi di questi impatti ne aumenta l’effetto: le precipitazioni piovose estreme su terreni impermeabilizzati dalla siccità hanno un impatto distruttivo molto maggiore e su aree più vaste. Come sempre, gli eventi estremi sono anche moltiplicatori di problemi esistenti, dal dissesto idrogeologico alla situazione compromessa di alcune aree forestali (per esempio, in Trentino Alto Adige, anche in seguito alla tempesta Vaia e alla siccità, nonché alla correlata invasione ormai epidemica del coleottero Bostrico tipografo).
Dalla siccità alle alluvioni con sempre maggior frequenza e facilità; la Regione Mediterranea è e sarà interessata sempre più da ondate di calore e minori precipitazioni ma più intense e concentrate in pochi giorni. È indispensabile avviare una politica di adattamento ai cambiamenti climatici che parta dalla gestione dell’acqua per la quale è indispensabile recuperare una regia unica, che può essere esercitata dalle Autorità di bacino attualmente depotenziate e marginalizzate, superando la frammentarietà della sua gestione. È necessaria altresì un’azione che consenta di ripristinare i servizi ecosistemici e aumentare la resilienza ambientale attraverso una diffusa azione di rinaturazione e l’utilizzo di Nature Based Solutions. Il progetto di rinaturazione del Po, proposto dal WWF e Anepla e inserito nel PNRR, è un primo grande esempio per ripristinare la naturalità del nostro grande fiume e la sua funzionalità ecologica (dal miglioramento della capacità di laminazione delle piene, all’aumento della capacità autodepurativa, alla tutela della biodiversità), da replicare in tutta Italia. Possono essere promossi interventi di drenaggio urbano sostenibile nelle nostre città, esattamente come si sta facendo in molte parti d’Europa o si possono promuovere le Aree di Infiltrazione naturali (particolari aree boscate progettate ad hoc) nella zone agricole per favorire la ricarica delle falde. Non esistono ricette semplici e a breve periodo, ma è necessaria una pianificazione seria di medio e lungo periodo che ci consenta di ripensare il nostro territorio in relazione ai cambiamenti climatici in atto.
Proprio in questi giorni, il ministro Cingolani si appresta a dare il via libera a un ulteriore, intenso uso delle centrali a carbone italiane ancora aperte, tra cui alcune enormi (Civitavecchia e Brindisi Sud), mentre riduce gli obiettivi sulle rinnovabili, nonostante le sollecitazioni europee vadano in senso opposto. Far fronte all’emergenza energetica tralasciando quella climatica è folle, tanto più quando coincide con la soluzione vera, non le toppe che rischiano di rivelarsi peggiori del problema che si affronta – oltretutto, la maggior parte del carbone che importiamo, secondo gli ultimi dati disponibili sullo scorso anno, viene dalla Russia. La soluzione è proprio virare il più rapidamente possibile verso il ticket vincente, fonti rinnovabili ed efficienza energetica, abbattendo le emissioni di gas serra e rendendoci indipendenti dai carburanti importati. Eppure, da parte del Ministero della Transizione Ecologica, anche nell’ultimo provvedimento (“Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas”) non si evince affatto una scelta a favore della soluzione amica del clima, ma ci si mantiene nell’ambito dell’energia fossile, vedendo le rinnovabili come fattore per “colmare la differenza con il gas non reperito”. Persino i “consigli” per risparmiare gas ed energia sono timidi e orientati più a lasciare tutto com’è, senza chiamare i cittadini e le famiglie non solo a una mobilitazione straordinaria per ridurre i consumi –manca del tutto il senso di un’azione comune per l’interesse comune- ma anche a fare la propria parte per “cambiare l’energia”.
Il WWF sottolinea inoltre che non pervengono ancora notizie del Piano Nazionale di Adattamento, la cui bozza, da integrare e rendere efficace e operativa, giace nei cassetti del Ministero (MITE) dal 2018.
Chiediamo al Governo in carica per l’ordinaria amministrazione e al futuro Parlamento e Governo di gettare le basi per una vera indipendenza energetica e, nel contempo, di non abbassare la guardia sulla crisi climatica.