Domanda: quand’è che è “sbagliato” evadere dalla realtà? E’ una domanda che mi sono posto. Da un lato il sottoscritto scrive su giornale di cultura Online a proposito di videogiochi. I quali sono una forma di intrattenimento che, almeno principalmente, insieme a serie tv, film, servono a distrarci dalle tribolazioni della vita quotidiana. Questo è un fatto innegabile, e che, personalmente, rispetto profondamente.
Chi afferma che viaggiare con la fantasia e giocare con essa sia un attività fondamentalmente inutile, pecca di cinismo e ignoranza.
Tuttavia, l‘invasione dell’Ucraina non è un fatto ignorabile. Non sempre evadere dalla realtà è un atto salutare. E ne parlo come un professionista del settore.
Quand’è che la fantasia e l’intrattenimento devono farsi da parte per permetterci di concentrarsi sulla cruda realtà? In quale misura? Onestamente non conosco la risposta a questa domanda.
Ma se c’è qualcosa che và in frantumi quando scoppia una guerra è la cultura, su ogni suo livello. Niente e nessuno può considerarsi escluso. Ciò che sta accadendo in Ucraina ha scosso l’Europa tutta e in particolare (per ovvie ragioni) i paesi dell’Europa dell’est.
Un “posto” che sta praticamente dietro l’angolo di casa nostra, ma che per molto tempo ci è sembrato distante e alieno.
Qui in seguito troverete la mia personale “top 5” di videogiochi sviluppati nell’est-europeo, che, in gergo da appassionati di videogiochi, sono chiamati, affettuosamente, “Slav-Jank” (Jank: termine inglese usato per indicare un prodotto con difetti di design che ostacolano una fruizione fluida. Questo per via dei difetti tecnici che questi giochi sono noti avere al lancio. Spesso a causa di un budget limitato. N.d.a.).
Capisco che sia un modo inusuale di reagire a quello che sta accadendo. Ma vi invito, per chi non avesse mai provato uno o più dei seguenti titoli, a darci un occhio e a lasciarvi risucchiare da un immaginario diverso da quelli cui siamo abituati.
Non vi forniranno risposte riguardo ai fatti attuali, ma potrebbero portarvi più vicino a un mondo e una cultura che, nei prossimi giorni, potrebbe essere messa in seria discussione e, indipendentemente da cosa accadrà nelle prossime settimane, potrebbe cambiare sensibilmente.
1) S.T.A.L.K.E.R.
L’inclusione di questo titolo è obbligatoria. Ispirato dall’omonimo film di Andrei Tarkovsky (a sua volta ispirato dal romanzo “Roadside Picnic” dei fratelli Boris e Arkady Strugatsky), Stalker, in realtà non è un gioco solo ma tre giochi separati, rilasciati uno appresso all’altro. Il primo gioco, “Stalker: shadow of Chernobyl”, pubblicato nel lontano 2007 ha immediatamente catturato l’immaginario collettivo con la sua atmosfera suggestiva come mai prima d’ora. La storia, per farla breve, è ambientata a Chernobyl e nelle zone limitrofe. Cinque anni dopo il disastro di Chernobyl (quello che tutti conosciamo) un secondo disastro dalle cause ignote si è verificato. Solo che questa volta non si tratta di semplici radiazioni, ma di uno strano fenomeno che ha portato alla comparsa di mostri mutanti, zombie e inspiegabili fenomeni atmosferici (detti “anomalie”) che si fanno beffe delle regole della fisica e fanno a fette la realtà stessa. Il governo ha blindato la Zona (che nel gioco è chiamata, per l’appunto “La Zona”) e nessuno può entrare o uscire.
Solo che all’interno della Zona, proprio nei pressi delle Anomalie, sono comparsi i cosiddetti “artefatti”. Sono bizzarri materiali (o minerali… non so bene come chiamarli e nemmeno il gioco lo sa) dalle proprietà straordinarie: batterie infinite, la capacità di rigenerare tessuti, materiali superconduttori e altre proprietà scientificamente inspiegabili. Ovviamente valgono una montagna di soldi sul libero mercato. E qui entrano in gioco gli Stalker: mercenari fuorilegge disposti a forzare il blocco militare, infiltrarsi nella Zona e sfidare i suoi pericoli pur di mettere le mani sui preziosi Artefatti. Noi siamo uno di questi Stalker, e sta a noi svelare i segreti della Zona e cercare di sopravvivere alle sue insidie.
Di base il gioco è uno sparatutto survival-horror in prima persona con elementi rpg. Non voglio dilungarmi troppo ma gli elementi presenti in “Shadow of Chernobyl” e nei due giochi successivi “Clear Sky” e “Call of Pripjat” possono sembrare scontati per un gioco moderno, ma, per l’epoca, erano decisamente innovativi. Forse gli Open-World a cui siamo tanto abituati al giorno d’oggi non avrebbero mai raggiunto tutta questa popolarità se non fosse stato per il successo di Stalker.
Ora: la storia di Stalker è estremamente interessante, quindi vi starete chiedendo “è necessario giocare a tutti e tre i giochi in sequenza per capirla?” No. E’ una storia che lascia parecchi punti interrogativi in ogni caso. Se volete buttarvi nell’esperienza originale provate Shadow of Chernobyl.
Se volete un esperienza migliorata dal punto di vista di gameplay e design, provate Clear Sky, se pensate di non avere molto tempo a disposizione (sono comunque giochi che vi faranno affossare un bel numero di ore) andate per Call of Pripjat (il più “compatto” della trilogia).
2) Vangers
Come descrivere Vangers in poche parole. Allora… okay. Prendete “Z la formica” e mischiatelo con “Mad Max: Fury Road”. E’ ambientato in un futuro post-apocalittico uscito da una guerra intergalattica tra gli umani e una razza aliena insettoide. Per sconfiggere gli alieni gli umani rilasciano una potente arma biologica che, però finisce con colpire l’umanità stessa. Quindi il mondo di Vangers è popolato da creature che sono una specie di un mix tra umani e alieni. Sto veramente riassumendo tutto all’osso, ma credetemi quando dico la storia (e non solo) del gioco è davvero bizzarra. Ma oltre a questo Vangers è un gioco di macchine, ma non solo di corse. In Vangers sono disponibili svariate missioni (principali e secondarie) in ampie mappe che variano mano a mano che andremo avanti nel gioco. Alcune saranno vere e proprie corse, altre saranno consegne a tempo e altre saranno missioni di combattimento. Nel mentre, in giro per la mappa, ci saranno altri “Vangers” come noi e non smetteranno mai di darci la caccia e noi dovremo scappare, difenderci o passare all’offensiva mentre portiamo a termine le varie missioni.
La quantità di opzioni che abbiamo per personalizzare il nostro veicolo è ampia così come è ampia la scelta dei veicoli in sé (esiste anche un opzione per trasformare la nostra macchina in un elicottero o renderla capace di saltare come una cavalletta qua e là). L’ambientazione e l’artstyle sono davvero unici, la storia ci verrà narrata attraverso blocchi di testo, quindi ci toccherà leggere, ma ne vale la pena… ammesso e non concesso che riusciate a venirci a capo, inoltre è un gioco con finali multipli. Vangers è un esperienza singolare ma, vi avverto: questo gioco è difficile. C’è poco da dire, imparare a giocare a Vangers richiede impegno e abilità. E’ un gioco che vi ostacolerà metro per metro fino ad essere ingiusto. E ricordatevi di ri-mappare tutti i comandi nelle opzioni di gioco a seconda di come vi trovate meglio (le impostazioni dei controlli di base sono semplicemente orrende).
3) HighFleet
Gioco indie relativamente recente sviluppato da una singola persona ma che ha già attirato molta attenzione. HighFleet è ambientato in un futuro Diselpunk misto a Dune, dove saremo chiamati a impersonare un comandante militare incaricato dal glorioso Impero “Romani” a intraprendere una campagna volta a soggiogare una “rivolta” scoppiata in una regione situata a Sud dell’impero caratterizzata dalle sue montagne e da ampi deserti (ogni riferimento ad avvenimenti reali è puramente casuale). In cosa consiste questa campagna militare? Dunque… nel mondo di HighFleet le battaglie si combattono con enormi aereonavi alimentate a gas metano. La prima sfida sarà riuscire a gestire la nostra flotta in modo efficiente. Dovremo amministrare fondi, armare le nostre navi, gestire le riparazioni, assumere nuovi membri dell’equipaggio, gestire la nostra navigazione, scegliere gli obbiettivi giusti… persino gestire il complicato apparato radar e decifrare (manualmente) il traffico radio nemico. Sono presenti numerosi dialoghi e avvenimenti casuali che dovremo sfruttare per guadagnare bonus, informazioni e alleati per supportare la nostra impresa. Ovviamente il vero succo del gioco sta nel combattimento tra la nostra flotta e quelle nemiche, che si svolge in una mappa 2D dove dovremo pilotare manualmente una nave della nostra flotta (possiamo schieratene solo una per volta, con possibilità di ritirata per sceglierne una nuova. Anche il nemico farà lo stesso… ma può schierare tre navi per volta. Buona fortuna). “Facile!” direte voi. Per niente. All’inizio anche solo evitare di schiantarvi al suolo per una virata troppo brusca sarà una sfida. Tutto andrà considerato e, ricordate, ogni componente della vostra nave da battaglia volante da diecimila tonnellate può (e, probabilmente, sarà) danneggiato. Inclusi i serbatoi di combustibile, pieni di gas altamente infiammabile e/o i reattori che vi tengono in aria. Se c’è qualcosa in cui HighFleet veramente eccelle è il sonoro. Le battaglie (prive di una colonna sonora musicale) riempiranno il vostro stereo di un variegato concerto di traffico radio, spari, esplosioni, metallo dilaniato, reattori ruggenti e macchinari sferraglianti al lavoro. Per non parlare di una malsana varietà di esplosioni, lampi e altri effetti visivi analoghi. Gioco altamente sconsigliato se soffrite di crisi epilettiche (non è uno scherzo, lo sviluppatore è stato spinto a implementare un opzione per ridurre esplosioni e flash improvvisi dopo alcune lamentele).
E per finire ogni nave può essere smontata, modificata, migliorata o rimodernata… oppure ricostruita partendo da zero! Le opzioni sono letteralmente infinite e potete dilettarvi con qualsiasi folle design abbiate in mente.
Potrete pensare che HghFleet, alla fine, non è un gioco che si prende troppo sul serio. E invece no, la storia del gioco è piena di controversie e scelte drammatiche che metteranno alla prova sia il vostro senso tattico che quello morale.
Un ultima breve nota: in questo gioco, a un certo punto, vi sarà data l’opportunità di utilizzare un vero arsenale nucleare. Ma queste armi non vengono trattate dal gioco come una sorta di super-arma finale da scatenare contro i nostri nemici e portarci alla vittoria finale. Anzi… nel momento in cui prenderemo in considerazione di premere il “Bottone Rosso” il gioco ci comunicherà la seguente frase: “Quando il genio è fuori dalla Lampada, non c’è modo di farlo tornare dentro”. Siete avvisati.
4) Underrail
Underrail è un rpg post-apocalittico ambientato interamente sottoterra, dopo che la superficie del nostro amato pianeta è diventata una landa radioattiva dopo la solita guerra nucleare. Il nostro personaggio non ha niente di speciale (nessun particolare background o qualità unica che mi venga in mente) e siamo da poco stati accettati come cittadini nella “South Gate Station”, uno degli insediamenti sotterranei dove l’umanità ancora sopravvive giorno dopo giorno facendo i conti tra banditi, bestie mutanti e robot impazziti. E, come ogni buon cittadino, siamo chiamati a fare la nostra parte per il bene della collettività. Da qui parte una catena di eventi che ci porterà a esplorare il vasto mondo di Underrail e ad affrontare un gran numero di sfide.
Il gioco viene considerato spesso un successore spirituale a Fallout e Fallout 2. E’ abbastanza vero. La visuale è sempre isometrica, il combattimento è strutturato a turni e molte delle abilità del nostro personaggio hanno un impiego al di fuori del combattimento.
Ma tutto questo è decisamente riduttivo. Certo, l’ispirazione è palese, ma se c’è qualcosa che spesso non viene detto di Underrail è che si tratta un gioco enorme. Il mondo di gioco è immenso (sia che si voglia o non si voglia includere l’espansione “Expedition”, che consiglio caldamente. Il prezzo in più è irrisorio) la gamma di opzioni per sviluppare il nostro personaggio (abilità di base, abilità speciali e parametri di base) è ampia quasi al punto da essere soverchiante.
Per inciso: questo gioco è inizialmente difficile. Per sopravvivere allo spietato mondo di Underrail dovremo sempre essere preparati, avere un piano in mente, imparare a conoscere e navigare l’ambientazione di gioco (la mappa di gioco non ha nessun marcatore a dirci dove andate, quindi vi conviene chiedere indicazioni e prestare attenzione), sapere dove andare e dove non andare, diventare dei maestri nel padroneggiare il sistema economico del gioco (In questo gioco non c’è un unica valuta universalmente accettata come in Fallout, Skyrim o Baldur’s gate, ma dovremo destreggiarci con ben quattro valute differenti) e poi c’è il crafting di una miriade di oggetti differenti e poi armi, trappole, poteri psionici e telecinetici. Underrail è un gioco capace di affossare una quantità di ore assurda e che ci porterà a sbattere la testa contro una miriade di sfide apparentemente impossibili. Ma, ricordate: non c’è problema senza soluzione. E Underrail mette nelle mani del giocatore una infinita quantità di opzioni che, se ben applicate, ci permetteranno di superare qualsiasi ostacolo.
L’atmosfera di gioco, il world-building e i dialoghi (tutti scritti) sono assolutamente unici, intricati e interessanti. Underrail è un esperienza, un esperienza brutale, ma pur sempre un esperienza.
5) Pathologic 2
Prima cosa: perché Pathologic 2? Dov’è finito il primo capitolo? Pathologic 2 è un remake/rifacimento/sequel del primo capitolo. Come fanno tutte queste cose a stare insieme? Tranquilli. L’unica cosa che dovete sapere è che non dovete aver giocato al primo per capire il secondo (anzi, lo sconsiglio).
Quindi… che tipo di gioco è Pathologic 2? E’ il gioco più geniale a cui non avete mai giocato. La storia orbita intorno a una cittadina nel bel mezzo della steppa russa travolta da un epidemia misteriosa. Il gioco si sviluppa intorno alle vicende di una vasto cast di personaggi assolutamente unici, la storia è estremamente intricata e colma dei dialoghi suggestivi, criptici e assolutamente meravigliosi. Le meccaniche di gioco in Pathologic 2 sono molteplici ma non così complicate. Ma la vera sfida di questo gioco è capire la storia e districare tutti i misteri che nasconde. Tenente bene a mente che il corso di questo gioco è pesantemente influenzato dalle scelte del giocatore, dovrete prestare seria attenzione ai dialoghi, ai vari dettagli dell’ambiente di gioco, agli indizi sparsi in ogni antro. Altra cosa fondamentalmente sarà tenere a mente il tempo di gioco. Le vicende di gioco si svolgono tutte nell’arco di dodici giorni. Non c’è modo di rallentare il tempo a vostra disposizione, l’orologio ticchetta sempre, ricordate. Scegliere cosa fare e cosa non fare è importante tanto quanto le scelte di dialogo (che non hanno assolutamente niente a che fare con la struttura classica stile Mass Effect o Fallout che sono semplicemente divise in Buono/Cattivo).
Più di qualsiasi altro gioco Pathologic 2 vi condurrà in un mondo, un ordine di regole, un etica, una filosofia e una narrativa assolutamente estranea a qualsiasi cosa siate mai stati abituati (a meno che non siate dei docenti di letteratura russa. Almeno credo).
Consiglio finale: quando avvierete la vostra prima partita il gioco vi consiglierà di selezionare la difficoltà intesa dagli sviluppatori. Noterete che questa difficoltà è quella più alta disponibile. Non fatevi intimorire, fidatevi del gioco, resistete all’impulso di abbassarla e buttatevi a testa bassa. Ne vale la pena.
Francesco Viglione