I veri traguardi, quelli importanti, sono quelle vette inespugnabili ed irraggiungibili dove ci si arriva solo attraverso l’intelligenza e il coraggio. Gli uomini e le donne che con coraggio hanno superato quei limiti sono rari ma la loro forza riesce spesso a tracciare un solco che poi diviene una strada maestra anche per l’umanità intera perché nella vita occorre anche accettare di seminare perché altri possano raccogliere altrove e più tardi i frutti. La Signora delle Comete, Amalia Ercoli Finzi, prima donna in Italia a laurearsi in ingegneria aerospaziale con votazione 110 e lode presso il Politecnico di Milano nel 1962, consulente scientifica della NASA, dell’ASI e dell’ESA. appartiene a quella limitatissima categoria ed è una delle personalità più importanti al mondo nel campo delle scienze e tecnologie aerospaziali. La scienziata orgoglio italiano nel mondo vanta nel suo curriculum collaborazioni prestigiose con l’Agenzia Spaziale Europea, un teorema legato al comportamento dei fluidi non newtoniani che porta il suo nome, un’indelebile firma sulla missione Rosetta, lanciata nel 2004 e conclusa dodici anni dopo ed uno studio avanguardistico che ipotizza possibilità di atterraggio di un equipaggio umano su Marte e la realizzazione di un orto botanico sulla Luna. Oggi la sua voce autorevole che vanta di oltre 150 tra pubblicazioni scientifiche e è approdata in libreria con il racconto edito da Dedalo edizioni “Corsa allo spazio:1,2,3…via”, una piacevole narrazione personale dei tre eventi fondamentali che hanno segnato l’inizio dell’attività spaziale, dapprima da URSS e USA, ma poi anche da altri Paesi e dall’Europa: tre pietre miliari di una nuova èra, quella spaziale, che avrebbe caratterizzato in modo indelebile la società degli anni a venire. Noi di Domanipress abbiamo avuto l’onore di ospitare Amalia Ercoli Finzi nel nostro Salotto Digitale per parlare con lei del suo impegno di ricerca e di progettazione che prosegue tutt’ora con immutata intensità e curiosità, di frontiere da abbattere e ottimismo da condividere come antidoto ai dolori del tempo presente.
L’ intervista è stata realizzata precedentemente agli scontri tra Ucraina e Russia
Professoressa lei è stata la prima donna in Italia a laurearsi in ingegneria aerospaziale e a sfidare le differenze di genere accedendo alle più alte cariche delle più importanti commissioni strategiche mondiali che pianificano le attività spaziali destinate all’esplorazione planetaria. La sua è una mente brillante che ha ampiamente anticipato i tempi…
«Si, sono stata la prima donna italiana ad occuparmi di questo tipo di materie che definiamo scientifiche o stem. In campo aeronautico o spaziale c’erano solo uomini, in medicina la situazione era diversa e qualche donna si affacciava a questo tipo di studi. Nei campi invece dello Space Engineering sono stata nei primi anni sessanta l’unica a sfidare questo tabù. Oggi sono molto lieta di vedere che invece questi muri siano caduti».
Nella sua ultima pubblicazione edita da Dedalo “Corsa allo spazio:1,2,3…via” racconta i suoi tre punti salienti della storia spaziale e tra le pagine emerge anche la figura di Valentina Tereškova un’altra donna che per lei è stata importante…
«Per scrivere il libro mi sono rifatta ad alcune figure che ho apprezzato e che mi hanno ispirato nel corso dei miei studi accademici. Una di queste sicuramente è la cosmonauta Valentina Tereškova, del primo gruppo di donne cosmonaute selezionato nel 1962, lei fu l’unica a volare nello spazio. Per me è un punto di riferimento che frequento ancora oggi e che stimo perché è stata una grande ispiratrice. Ogni volta che ci incontriamo mi piace trascorre del tempo insieme a lei. Possiamo dire che in Russia ha superato una barriera, basti pensare che sia nel programma Sputnik e che sull’Apollo era impossibile anche solo immaginare che una donna potesse avere le competenze per viaggiare nello spazio. Ancora oggi devo dire che il numero di donne astronauta è limitatissimo ma sicuramente la situazione è più favorevole rispetto agli anni ’70».
Nell’incipit del libro si rivede il suo racconto di ragazzina che guardava le stelle e si perdeva nell’universo. Adesso che è adulta com’è cambiata la sua visione del mondo?
«La visione delle stelle non è cambiata, continuano ad affascinarmi anche in maniera romantica oltre che scientifica. Quando nelle fredde giornate d’inverno la luna si nasconde io amo alzare la testa verso il cielo e sognare. Mi piace pensare che siano dei sogni realizzabili perché credo che l’uomo non abbia limiti. Spero che in un futuro lontano potremo vivere anche gli altri pianeti dei sistemi solari».
Lei questo viaggio lo ha teorizzato con il Politecnico di Milano immaginando un equipaggio rigorosamente misto…
«Si, ho teorizzato in una commissione dell’Agenzia Europea Spaziale un possibile arrivo dell’uomo su Marte indicando l’esatto numero delle risorse da impiegare. Uno dei maggiori nodi da risolvere è quello di garantire la sopravvivenza degli astronauti, innanzitutto durante il viaggio verso Marte e poi sul pianeta stesso, dato che la missione richiede due anni. Nello specifico sono richiesti circa centocinquanta giorni per il viaggio di andata e altrettanti per quello di ritorno, ma nel tempo rimanente l’equipaggio deve poter resistere. Per questo ho indicato sette persone, di cui quattro rigorosamente donne per permettere un attività continuativa sul pianeta. In questa missione è necessario proteggersi dai raggi cosmici, trovare sistemi alternativi che proteggano l’astronave, ma anche soluzioni anche farmacologiche per tutelare gli astronauti. Molte di queste skills sarebbero affini al ruolo delle astronaute. La presenza delle donne nello spazio si è rivelata costruttiva perché capace di realizzare azioni specifiche in maniera diversa e complementare rispetto a quello maschile. Le donne hanno il diritto di eccellere nelle materie STEM perché il ruolo femminile è stato erroneamente per troppo tempo assegnato alla cura della famiglia e degli altri e poco alla tecnologia».
Qual è il più importante valore aggiunto che le donne potrebbero dare alla missione?
«Sicuramente l’utilizzo dell’intelligenza emotiva, l’empatia e la capacità di essere multitasking»
Lei è riuscita nel difficile compito di coniugare entrambe le dimensioni come donna scienziata e come madre senza dover rinunciare alla carriera.
«Le donne si trovano nella condizione di scegliere tra lavoro e famiglia e spesso scelgono quest’ultima perché è un compito primario di cui storicamente siamo custodi. Su questo però non sono totalizzante e ritengo che chi rinuncia alla vita affettiva commetta un grave errore perché si priva di qualcosa che ci appartiene. Io sono la dimostrazione che si può far convivere vita affettiva e vita professionale seguendo poche regole, organizzandosi attivamente e ponendo attenzioni agli aspetti importanti della vita senza perdersi in equilibri che non si possono raggiungere».
Nella sua carriera ha raggiunto vette importanti: quanto ha inciso questo suo work life balance tra famiglia e lavoro?
«Direi che la famiglia è stata il mio centro di propulsione…Sia donne che uomini devono riuscire a trovare il tempo nella propria giornata da dedicare alla famiglia ma anche a se stessi, ai propri piaceri e ai propri sogni. Per raggiungere obiettivi di rilievo occorre essere lucidi. Lo stakanovismo non mi è mai appartenuto e credo, dalla mia esperienza, che sia anche deleterio».
Oltre le differenze di genere nel nostro paese si parla spesso di “fuga dei cervelli” indicando l’emigrazione verso Paesi stranieri di personalità di talento o alta specializzazione professionale che lasciano l’Italia che spesso è ritenuta poco meritocratica…Qual è la situazione attuale?
«Quando si parla di “fuga” troppo spesso si utilizza questo termine con accezione negativa, ma viaggiare per formarsi e per raggiungere competenze che nel proprio paese sarebbe difficile maturare è una dinamica presente non solo in Italia e che sarebbe da premiare. Anche quando si parla di meritocrazia siamo troppo severi. Segnalare una persona perché conosciamo le sue competenze e le sue specifiche peculiarità è una pratica che è presente ovunque e non credo sia da demonizzare. Viviamo in un epoca in cui il mondo è cambiato , anche nel mondo universitario ed accademico quelli che una volta si chiamavano baroni avevano un monopolio quasi esclusivo. Questo accadeva quando sono salita anch’io in cattedra. Oggi invece se un giovane ha talento, in qualsiasi campo, ha più possibilità di farcela e di fare carriera anche senza avere dei cognomi altisonanti. Giovani che hanno impegno, volontà, creatività e che hanno soprattutto la forza di sognare possono trovare delle collocazioni onorevoli che spesso portano anche a far carriera, in questo mi sento ottimista».
Lei da sempre è filo europeista…il nostro è un momento storico difficile in cui l’Europa ha un’importanza centrale. Quanto è importante restare uniti?
«Sono nata ben prima dell’Unione Europea. Ho percorso diversi equilibri storici e politici oscurantisti passando anche per una guerra. Io mi sento europeista, sono cittadina del mondo. I limiti non esistono, mi sento magari nello specifico cittadina del mio paesino in provincia di Varese, dove sono nata, ma il mio sguardo e rivolto verso l’umanità che occupa questo mondo. Ogni tanto è presente ancora qualche rigurgito di populismo ma non mi preoccupa, credo fermamente nell’intelligenza delle nuove generazioni, penso a chi è formato in programmi Erasmus, che mettono in contatto culture diverse. Questo oggi accade anche nelle scuole medie superiori con le vacanze studio in Cina, America, e anche in Africa dove bisognerebbe forse andarci di più. Questo aiuta a non chiudere le idee ma anche ad allargarle. Dobbiamo riconoscere senza remore che l’europeizzazione ha portato benefici concreti e duraturi ai cittadini europei anche se non ha sempre portato gli stessi vantaggi a tutti è sempre stata la scelta migliore. Oggi è necessario un dibattito aperto ed inclusivo, non solo in tutta Europa ma anche trasversale ai diversi segmenti sociali per gettare le fondamenta necessarie per la costruzione di una consapevolezza comune».
Come Signora delle stelle, così come la chiamano nell’ambito accademico, ha vissuto diverse epoche del nostro paese, anche molto complesse. Tra pandemie e guerre ha affrontato ostacoli che oggi si presentano sotto nuove forme…Qual è il modo migliore per affrontare queste difficoltà?
«Le pandemie e le guerre ci sono sempre state…Ricordo perfettamente gli effetti devastanti della Spagnola che ha colpito la mia nonna materna. Il termine pandemia deriva dal greco antico e significa pandḗmios, “di tutte le persone” e ci fa comprendere che nel nostro universo i limiti e le barriere sono solo politiche e mentali, che tutto il nostro universo è strettamente connesso e che i confini non esistono, i problemi di uno sono quelli di tutti.
Chi a pagato il prezzo maggiore?
Tutti, dalle vittime ai medici, chi a perso il lavoro e le donne che hanno dovuto farsi carico dei problemi familiari, con le scuole chiuse, non è stato facile. Per questo oggi non dovrebbe esserci posto per il conflitto, anche se il presente sembra andare nel verso opposto.Bisogna pensare ad un futuro di tolleranza ed accettazioni. Siamo tutti nella stessa barca, il nostro pianeta che orbita intorno al sole come se fosse un’immensa astronave con sette miliardi di abitanti che spero in futuro possa raggiungere anche traguardi oltre la nostra galassia».
Il suo genio intanto è già riuscito a valicare i limiti e a viaggiare nello spazio. Penso alla sua piccola trivella che ha inviato nello spazio con la missione Rosetta. Ricorda quando è riuscita a farla dialogare con il pianeta terra?
«Per me è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Ho seguito la mia creatura da quando l’abbiamo costruita fino a quando nel settembre del 2016 è terminata la sua missione. Questo esperimento aveva la possibilità di comunicare con me, io dialogavo con la trivella da Tolosa dove c ‘era un sistema di trasmissione che portava i miei messaggi in Australia dove c’è l’antenna Deep Space Network che comunica con lo spazio profondo».
Quali erano le tempistiche di queste comunicazioni?
Occorrevano venti minuti per raggiungere la trivella e altri venti per ricevere un feedback. Un tempo ragionevole se pensa alla distanza che ci separava…La mia trivella è sempre stata molto obbediente…».
Recentemente ha incontrato il Presidente Mattarella ricevendo un’onorificenza importante, cosa ne pensa della sua rielezione, l’Italia non era ancora pronta per l’elezione di una presidente donna?
Il tema delle elezioni del Presidente ha una complessità che meriterebbe ampio spazio d’analisi. Posso dirle che in Italia siamo in un momento magico ed irripetibile. Abbiamo una squadra composta da tre personalità illuminate come il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Mario Draghi ed infine ci metto anche Papa Francesco, che sono di grande valore e che hanno delle visioni del futuro chiare. I giovani devono saper cogliere le occasioni, avere fiducia in se stessi e non lasciarsi sfuggire tutte le opportunità che si stanno sviluppando e che segneranno la nostra storia».
Lei è estremamente ottimista ed innamorata della vita, qual è il segreto per non perdere mai la speranza?
«L’ottimismo è necessario ma soprattutto ci vuole fiducia in se stessi e nelle capacità dell’umanità e della scienza. Aggiungerei anche un pizzico di fortuna che non guasta mai».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Amalia Ercoli Finzi quali sono le sue speranze e le sue paure?
«Ci aspetta un Domani pieno di promesse, sicuramente migliore dei tempi che stiamo vivendo. Spero che i giovani possano realizzare i loro sogni e che si possa arrivare su Marte. Mi spaventa che ci sia qualche capo di stato scriteriato che possa decidere di rovinare l’intera umanità con qualche potenza bellica distruttiva, è quello che sta per accadere, ma sono convinta che c’è una buona stella che ci protegge e spero che si trovi la via del dialogo per la pace, lo meritiamo tutti».
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite