Tanto è stato rivelato sui segreti e sugli orrori della Prima e Seconda Guerra Mondiale, ma mai nulla è stato detto sulle vittime sacrificali per eccellenza: gli animali. Sono proprio loro i protagonisti di “Animali in guerra, vittime innocenti” edito da “Il Cerchio”, a cura di Vincenzo Di Michele, giornalista e scrittore, vincitore di prestigiosi premi per il valore storiografico dei suoi titoli, tra i quali spicca “Io, Prigioniero in Russia” con oltre 50.000 copie all’attivo, edito da Maremmi Editori, poi da “La Stampa” e successivamente da ” La Repubblica” nella raccolta ” Enciclopedia degli Alpini”.
Questa volta l’interesse dell’autore si concentra sugli animali, anime pure per eccellenza, che hanno subito qualsiasi forma di vessazione durante i conflitti mondiali senza averne nessuna colpa o responsabilità. I suoi racconti sono tratti da testimonianze dirette di soldati, che nelle loro lettere descrivevano le condizioni di degrado e sofferenza riservate agli “amici a quattro zampe”. Ad alleggerire il tema, gli intermezzi grafici, a cura dello storico Renzo Santinon, che conferiscono al libro un tocco retrò, riecheggiando i disegni a lapis che i commilitoni stessi avrebbero potuto riprodurre a mano. Tutti gli esseri viventi erano stati chiamati alle armi: i piccioni deputati alle comunicazioni tra le varie trincee; i cani per trainare pesi oppure per trasportare esplosivi come kamikaze nel campo nemico, così come i buoi, usati per gli stessi scopi; i cavalli, gli asini e i muli usati per trainare, prediletti gli ultimi per la capacità di carico di quasi 200 kg; i gatti per stanare i topi nelle trincee e individuare la presenza di gas nervini. Persino gli stessi topi, vero e proprio tormento per i soldati costretti in trincea – per il loro modo di agguantarsi sui cadaveri, sugli uomini feriti e sulle provviste – erano stati predisposti a stanare e disattivare le mine. “In guerra svolsero anche ruoli utili e importanti, come per esempio quelli dei topi salvavita, grazie ai quali i soldati scamparono al pericolo delle mine antiuomo. Questi topi di corporatura leggera e olfatto eccezionale, come individuavano la mina, iniziavano a grattare il metallo e a svuotare l’esplosivo.
In una ventina di minuti erano capaci di sminare un’intera zona e alla fine della missione erano poi ben ricompensati con formaggio e noccioline”. Tutte le creature viventi dettero il loro contributo alla guerra e pagarono un alto tributo di sangue e di sofferenza, pur non avendo scelto di parteciparvi con coscienza, ma sino all’ultimo svolgendo il loro compito con lealtà e dedizione, più di quanta gli uomini riservarono a loro.