Il protagonista di “Romanzo Caporale” di Annibale Gagliani, edito da I Quaderni del Bardo, non ha nome, come senza nome sono le migliaia di uomini, donne e bambini, che attraversano il Mediterraneo e sono pronte a subire le vessazioni di contrabbandieri di vite umane per raggiungere l’Europa. Ha la pelle d’ebano e gli occhi azzurri, ama la cultura e ha nel cuore la speranza di aiutare il suo popolo; ama la vita, ama l’essere umano di un amore libero da pregiudizi e differenze: «il protagonista ama in modo totale. È l’unico a non avere un nome perché il suo vissuto riflette e riproduce aneliti individuali e universali.
Un amore senza barriere e senza confini, quello che si respira dalla prima all’ultima pagina di Romanzo caporale. Amore per ogni popolo della terra e per i paladini della buona politica, strumento di mobilitazione etica, uguaglianza e giustizia». Quest’uomo, che proviene dalla terra rossa del Kenya, nasce alla vita, ma nel suo venire alla luce la morte gli strappa la madre. Il padre è incapace di affetto; viene cresciuto da un missionario italiano, don Donato Panna, che è per lui un vero padre, e sul suo cammino donne e uomini coraggiosi, simboli del bene, si avvicendano donandogli sprazzi di speranza. Il destino non è mai e per nessuno come ce lo immaginiamo e non lo è nemmeno per il protagonista di questo romanzo, che ben presto è costretto a scappare dal continente africano. Giunge in Italia, la terra promessa di tanti sognatori, ma anche questa terra si rivela una chimera, il peggiore degli incubi. Schiavo del caporalato, il protagonista è relegato ai margini della società, reietto tra i reietti, a cui si aggiunge, come un macigno di proporzioni enormi, discriminazione e pregiudizio. La fine del romanzo è drammatica, non potrà non esserlo fino a quando l’uomo occidentale non aprirà gli occhi sulle esigenze reali di chi è in difficoltà. Inesorabili le parole dell’autore, che non lesina la sua condanna verso istituzioni civili e politiche, attente esclusivamente a interessi di partito ed economici, mascherandosi dietro azioni e parole di facciata. L’Italia e l’italiano insieme all’Europa ne escono sconfitti e come scrive Raffaele Gorgoni nella postfazione «Se l’abiezione del neocolonialismo è del tutto dispiegata nella sua macabra efficacia, la non sorpresa è che l’Europa si sta, in questo scorcio di millennio, ricongiungendo alla sua identità più degradata. Tutto quello che si riteneva sepolto per sempre sotto le macerie della Seconda Guerra Mondiale è più vivo che mai».
Romanzo Caporale pone il lettore di fronte ad una scelta etica e morale: far parte implicitamente di quel meccanismo criminale con l’indifferenza e la negazione o essere una goccia nel mare della solidarietà. Infatti, scrive Fabrizio Peronaci nella prefazione al romanzo, che la trama di questo libro «accende una luce dove prevale il buio dell’egoismo e della diffidenza». Romanzo Caporale non vi lascerà indifferenti, se ancora alberga nell’uomo il senso di giustizia e di verità.