Una storia di recupero e conservazione di un importante patrimonio artistico del nostro ricchissimo territorio sta per avere un happy ending che, purtroppo, non è mai scontato nel Paese che può vantare la più ampia dotazione di reperti storico-culturali del mondo ma anche il più alto numero di opere non fruibili dal pubblico.
Il FAI Fondo Ambiente Italiano, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e il Comune di Orbetello, ha presentato il progetto PUNTIAMO I RIFLETTORI che prevede il restauro e la musealizzazione dei mosaici e degli affreschi rinvenuti nella Villa romana di Settefinestre, fra Capalbio e Orbetello in località Giardino, durante gli scavi effettuati alla fine degli anni ‘80 ad opera del Prof Andrea Carandini insieme all’Università di Siena, Pisa e agli inglesi del Settefinestre Committee e della Scuola Archeologica Britannica di Roma.
Questo progetto – che punta a rendere pienamente fruibili importanti reperti dell’epoca Repubblicana romana – è dovuto all’accordo congiunto del Gruppo FAI Maremma e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, proprietaria dei mosaici e degli affreschi conservati nei depositi del Comune di Orbetello che metterà a disposizione uno spazio pubblico espositivo nella Polveriera Guzman.
Gli scavi presso la Villa romana di Settefinestre, risalgono al periodo 1976-1981, nel contesto di un vasto progetto di ricognizione del territorio dell’Ager Cosanus. Da allora, tali mosaici, dopo un restauro, furono chiusi in casse e conservati in un magazzino del Comune di Orbetello. La villa che sorge nella frazione di Giardino, fra Capalbio e Orbetello, nella cosiddetta Valle d’Oro, risale all’età repubblicana ed era di proprietà di una famiglia senatoriale dei Volusii. Costruita nel I secolo a.C. con una doppia funzione, residenziale e agricola, la villa fu successivamente ampliata. Si trattava di una costruzione molto estesa, disposta su vari terrazzamenti che risalivano dal muro turrito fino alla cima della collina dove sorgeva il corpo centrale della villa, appoggiata su un sistema interno di gallerie, detto il criptoportico, che si aprivano sulla valle sottostante con degli archi, che richiamano delle finestre (da qui il nome il nome attribuito alla villa, detta di Settefinestre). In età traianea la villa subì una completa riconversione produttiva, che alterò l’impianto originario del complesso. La villa non sopravvisse all’età degli Antonini, quando il fondo finì probabilmente nel latifondo imperiale e gli edifici, non più oggetto di manutenzione, andarono incontro a un lento, progressivo declino.