“Colette”, diretto dal regista britannico Wash Westmoreland, ripercorre la vita della scrittrice più ribelle e talentuosa della letteratura francese, al secolo Sidonie-Gabrielle Colette.
Gabrielle Colette, interpretata da un’abilissima Keira Knightley, è un’umile ragazza di campagna nata a Saint-Sauveur nel 1873. A diciannove anni sposa Henry Gauthier-Villars (Domic West), un noto scrittore e critico francese meglio conosciuto con lo pseudonimo di Willy. Willy era un erudito, arrogante, melanconico conoscitore dei salotti parigini di fin de siècle. In un mondo borghese, corrotto, soffocante e senza Dio, qualcosa di valido era rimasto ancora: la volontà di dare espressione alla propria personalità. La carriera di Willy era esattamente una perversione di questa sua ambizione. Assumeva ghostwriter, che puntualmente non pagava, per lasciare una traccia di sé tramite racconti scritti da altri. Il denaro era il vero feticcio di monsieur Gauthier-Villars e il suo culto finì per fiaccarne le forze, degradarne il carattere e distruggere il matrimonio con Colette. Colette dal canto suo rispondeva all’infedeltà del marito esplorando la propria bisessualità con donne di alto rango e interpretando ruoli accattivanti nei music-hall notturni.
La grande svolta avviene però con il successo delle “Claudine”, una serie di quattro salaci romanzi scritti da Colette e pubblicati sotto il nome di Willy. Se inizialmente la fortuna di quei racconti sembra poter riunire la coppia, i continui eccessi del marito e il fallimento dell’opera teatrale di Colette e della sua amante Missy (Denise Gough), portano Willy a vendere disperatamente i diritti d’autore delle “Claudine”. Colette sentendosi defraudata della sua gloria, della sua fatica, della sua rivincita e ancor più finemente sentendosi derubata di quanto lei stessa progettava di tradire, abbandona definitivamente Willy per iniziare una seconda vita con Missy nel segno di una nuova identità di donna e di scrittrice.
Keira Knightley sembra catturare perfettamente la ribellione, la trasgressione e la complessità di un’eroina nata alla fine del XIX secolo ma contemporanea e catartica per molte donne del 2018. La stima dell’attrice per il suo personaggio emerge in un’intervista nella quale dichiara: “Fin dal momento in cui ho potuto scegliere che ruoli interpretare, ho sempre scelto donne dotate di forza, con un grande carattere. Le donne che avrei voluto essere, di cui avrei voluto conoscere di più. Probabilmente mi avrebbero offerto più soldi per interpretare la fidanzata o la moglie di, ma non ho mai voluto”.
La sceneggiatura è la forza più grande della pellicola. Scritta dal regista Westmoreland e dal suo deceduto compagno Richard Glatzer, a cui è dedicato l’intero film, essa è arguta e godibile. Dominic West è altrettanto eccellente nell’interpretazione del marito libertino e patetico di Colette. La scena più emotiva è quella in cui Willy prova a scrivere il seguito di “Claudine”, ma tolto il titolo e il proprio nome, il foglio viene accartocciato completamente bianco nel tentativo di nascondere la prova della sua frustrante e dolorosa impotenza.
Colette e Missy al contrario, nel loro gioco pigmalionico formano una coppia nuova, portando sulla decadente scena parigina uno dei rarissimi esempi di dandismo femminile. Straordinari sono i costumi di Andrea Flesch che consacrano Colette come una vera e propria icona del Femminismo sotto tutti i fronti.
Valentina Corasaniti