Nel 2010, con Sex and the City 2, avevamo lasciato le quattro single più popolari di New York felicemente sistemate. Carrie, sposata con Mr Big, Charlotte con Harry e Miranda con Steve; entrambe, quest’ultime due, anche con figli a carico. Quanto a Samantha, lasciatasi alle spalle la sua relazione con Smith, da Los Angeles, ritorna nell’adorata grande mela, alla ricerca di sempre nuove esperienze sessuali. E forse, è proprio questo che, Samantha Jones intende per felicemente sistemata.
Ma, nel 2014, arriva in Italia, The Carrie Diaries, la serie che ci racconta di come tutto abbia avuto inizio. Prima, andata in onda su Mya, uno dei canali tematici di Mediaset Premium, e, su Fox Life, appartenente alla piattaforma di Sky. Poi, trasmesso nel 2015, e, attualmente, quasi alla conclusine della sua seconda stagione, su La 5 in chiaro.
Il serial, come ci suggerisce il titolo, ha per protagonista una giovane Carrie Bradshaw, interpretata da AnnaSophia Robb, della quale, molti di voi si ricorderanno nella parte di Violetta ne La Fabbrica di Cioccolato diretto da Tim Burton, oppure, figurante fra gli attori principali del film Un ponte per Terabithia. Dunque, questo nuovo prodotto televisivo, sull’onda del successo di Sex and the City, si va a collocare cronologicamente come prequel del suo predecessore.
Il telefilm, prodotto negli Stati Uniti da The CW, è un adattamento del romanzo Il diario di Carrie (2010), scritto da Candace Bushnell, la stessa autrice della rubrica Sex and the City, pubblicata dal 1994 sul periodico settimanale New York Observer, rubrica in seguito raccolta nel 1997 in un libro di cui portava lo stesso titolo e che ne ha ispirato la serie omonima.
Qui, il punto di partenza, non è più l’isola di Manhattan, ma lo stato del Connecticut, e per la precisione, la tranquilla cittadina di Castlebury, dove la signorina Bradshaw si trova al suo quarto anno di liceo. Sicuramente, dal punto di vista della struttura narrativa, la serie riprende gli stilemi adoperati in Sex and the City, attraverso la voce narrante della liceale Carrie, che, scandisce con i suoi pensieri, le varie storyline di ogni puntata. Però, credo che, le affinità con la sua controparte adulta si esauriscano qui. Se i fan della vecchia serie si aspettano di ritrovarvi la stessa ironia, si sbagliano di grosso. Le tematiche presentateci in ciascun episodio, vengono affrontate con mano adolescenziale; mano che, di frequente, sfocia in risvolti drammatici, abbandonando quasi del tutto quell’irriverenza che aveva reso indimenticabile la sua precorritrice. Certo, non sarà intrigate come le storie legate alla Carrie Bradshow matura, e non divertirà con la stessa intensità, tuttavia il suo fine è un altro. Ossia, quello di illustrarci come Carrie, sia diventata Carrie, attraverso un viaggio di formazione personale e professionale che, l’ha portata ad essere quella che tutti noi conosciamo oggi, sulla falsa riga dei toni da romanzo rosa. La ragazza, non è ancora un’affermata scrittrice di successo. È affascinata dalla moda, ma è ancora piuttosto acerba sull’argomento. Inoltre, una cosa fondamentale, il sesso non è al centro di tutto.
Il parterre di personaggi, inserito nel vivo degli anni Ottanta, è del tutto nuovo. Oltre a Carrie, c’è: Mouse, l’amica ultracompetitva di origine cinese; poi abbiamo Maggie, l’altra amica del cuore, perseguitata da una bassa autostima e, fidanzata con Walt, un ragazzo che non ha ancora ben chiaro quali siano i suoi gusti sessuali. In aggiunta ci sono: Dorrit, la sorella della nostra protagonista, in continuo conflitto con Carrie. Un genere di conflitto, trattato spessissimo in opere di stampo adolescenziale; Tom, il padre di Carrie e Dorrit. Un genitore moderno per quei tempi; Donna LaDonna, la barbie rivale di Carrie (per ogni teen drama che si rispetti ci dovrà pur essere l’antagonista liceale per eccellenza); Larissa, la mentore newyorkese di Carrie; e, Sebastian, il primo amore della nostra futura eroina metropolitana.
Il sesso e la sessualità, sono degli argomenti di cui si discute, ma con molta vergogna e paura, dato che, ci troviamo in un’epoca ove tutto ciò è per ora sempre un tabù. L’omosessualità è qualcosa di inaccettabile. Sono lontani i tempi di Sex and the City, in cui la problematica gay veniva esaminata in modo giocoso e spensierato, in quanto già sdoganata, almeno negli States. Probabilmente, potrebbe essere stata proprio l’assenza di quest’ultima componente e della leggerezza della serie nata nel 1998 che, ha portato ad un calo di ascolti tale da costringere i produttori a cancellare il serial solo dopo due stagioni.
Personalmente, pur non essendo una serie TV estremamente geniale e di qualità eccelsa, gli avrei dato un’altra possibilità. Nel corso della seconda stagione, ci era già stato mostrato come Carrie avesse fatto la conoscenza di Samantha; ed, si stava iniziando a capire perché Samantha è Samantha. Sarei stato curioso anche di scoprire le dinamiche del primo incontro di Carrie con Charlotte e Miranda. E penso che in ugual modo gli affezionati concordino con il sottoscritto. Poi, questo però è un gusto personale eh! L’ambientazione anni Ottanta la trovo sempre molto spassosa e consolatoria, non c’è niente da fare! Ma forse, come potrebbe esclamare Samantha Jones: «Guarda tesoro, che al giorno d’oggi, gira tutto intorno al sesso!».
Gabriele Manca